Dall’inizio dell’invasione russa, 30 Paesi e l’Unione europea hanno inviato armi e altri equipaggiamenti militari all’Ucraina. L’Italia è uno dei maggiori fornitori, ma è tra i pochissimi Stati che non ha fatto sapere nulla su cosa è stato mandato a Kiev. Anche il terzo decreto, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 13 maggio, come i precedenti contiene un allegato con la dicitura: “Se ne omette la pubblicazione in quanto documento classificato“. Dovrebbe contenere l’elenco elaborato dallo Stato Maggiore della Difesa dei “mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari” da cedere all’esercito ucraino, ma è stato secretato. Nemmeno il presidente del Consiglio, Mario Draghi, o il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, hanno fornito al Parlamento e all’opinione pubblica alcun tipo di informazione. Non esattamente quello che è accaduto negli altri Paesi occidentali: gli Stati Uniti, anche con comunicati della Casa Bianca, hanno reso pubbliche le loro forniture. Lo stesso Regno Unito e Spagna. In Germania il governo non ha fornito informazioni ufficiali sull’invio di armi leggere, mentre ha dichiarato apertamente la volontà di inviare circa 50 carri armati Gepard, a costo di scatenare un forte dibattito interno. Tra i grandi Paesi, solo la Francia ha scelto la via della completa segretezza. Il presidente Emmanuel Macron, però, ha confermato apertamente l’invio dei missili anticarro Milan e degli obici semoventi Caesar.
In Italia, invece, tutto tace. Eppure, spiega a ilfattoquotidiano.it Francesco Vignarca, coordinatore di Rete per la pace e il disarmo, “la lista di armi secretata è un problema e non ha nessuna giustificazione da un punto di vista militare”. La Russia, infatti, “con i suoi canali informativi e sul campo può sapere quali armi arrivano dall’Italia. Lo dimostra il fatto che quasi tutti gli altri Paesi non secretano le liste con i loro aiuti militari”. Vignarca ha un’altra spiegazione: “Mi pare che la segretezza serva a rendere opaco il dibattito interno. Meno se ne sa, meglio è”. Anche i sondaggi più recenti dimostrano che la maggioranza degli italiani è contraria all’invio di armi in Ucraina. Tuttavia, è impossibile sapere cosa l’Italia manda a Kiev. Il coordinatore di Rete per la pace e il disarmo sottolinea: “Parte dell’opinione pubblica potrebbe criticare duramente l’invio di armi se si scoprisse che sono di una tipologia che favorisce l’escalation. Al contrario, potrebbero arrivare critiche anche da chi è a favore, se si scoprisse che l’Italia invia più che altro sistemi vecchi o residuali“. Vignarca solleva poi anche un’altra questione: “Il grande problema non riguarda solo l’attuale guerra, ma anche quello succede dopo. Tutti gli scenari recenti di conflitto hanno dimostrato come poi le armi inviate finiscano nel mercato nero o alle milizie: a maggior ragione senza sapere oggi cosa si è mandato è complicato riuscire a tracciarle successivamente”. Un tema sollevato nei giorni scorsi anche dal Washington Post: “Una marea di armi che fa temere per il contrabbando”, ha avvertito il quotidiano statunitense.
IL SEGRETO SULLE ARMI ITALIANE – Quelle che arrivano da Roma nemmeno si sa quali siano. Il primo marzo il Parlamento ha dato il via libera a larga maggioranza alle risoluzioni che hanno autorizzato il governo all’invio di armi a un paese in guerra come l’Ucraina, come previsto dalla legge n.185 del 1990. Il decreto con la lista secretata dei primi mezzi ed equipaggiamenti militari inviati a Kiev è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale il 2 marzo. Ne ha fatto seguito un secondo, pubblicato il 27 aprile, pochi giorni dopo il vertice organizzato dagli Usa nella base di Ramstein in Germania. Il 28 aprile il ministro Guerini si è presentato in audizione al Copasir per riferire sull’invio di armi. E il presidente del Comitato parlamentare, il senatore Adolfo Urso, ha difeso la scelto di non rendere pubblica la lista con gli aiuti “per non mettere a rischio il nostro Paese e per non informare colui che sa aggredendo il popolo ucraino su quello che gli stiamo fornendo”. Anche per il terzo decreto – firmato dal ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, insieme ai ministri di Economia ed Esteri, Daniele Franco e Luigi DI Maio – è arrivato il via libera senza informare l’intero Parlamento e l’opinione pubblica su quali armi si vogliono mandare al fronte, nonostante si parli anche di cannoni, obici e blindati. Una scelta non in linea con quanto accade in quasi tutti gli altri Paesi occidentali. Eppure, secondo i dati elaborati dal Kiel Institute for the World Economy, nei tre mesi che vanno dal 24 gennaio al 23 aprile il nostro Paese è stato l’ottavo per miliardi di euro di aiuti militari inviati all’Ucraina, subito davanti a Germania e Francia.
IL CONFRONTO CON GLI ALTRI PAESI – Il primo fornitore di armi sono ovviamente gli Stati Uniti. Su cosa Washington ha finora inviato a Kiev, in attesa del mega-pacchetto da 40 miliardi (per ora solo rinviato), si sa molto. Dopo poche settimane di guerra, lo scorso 16 marzo, la stessa Casa Bianca ha pubblicato un comunicato in cui elencava gli armamenti ceduti, prima e dopo l’inizio del conflitto. Lo scorso 21 aprile, invece, è stato il Pentagono a comunicare il via libera ad un altro pacchetto da 800 milioni di dollari, che includeva: 72 obici da 155 mm e 144.000 colpi di artiglieria; 72 veicoli tattici per il traino di obici da 155 mm; oltre 121 sistemi aerei senza pilota tattici Phoenix Ghost; attrezzature da campo e pezzi di ricambio. Il Forum on The Arms Trade, un network di esperti della società civile, da inizio anno tiene traccia di tutti i trasferimenti di armi verso l’Ucraina in base alle dichiarazioni ufficiali e non. Detto degli Usa, è noto ad esempio che il Regno Unito ha inviato finora più di 200mila pezzi, tra i quali 4.800 missili anticarro Nlaw e Javelin (in misura minore). E ancora: Stinger, Switchblade, Starstreak e 5 elicotteri Mi-17. Lo scorso 25 aprile, in una dichiarazione al Parlamento, il segretario alla Difesa Ben Wallace ha comunicato anche l’invio dei veicoli corazzati Stormer. L’elenco del Forum on The Arms Trade riporta anche informazioni dettagliate sulla Spagna: 1.370 lanciagranate anticarro, 700mila proiettili per fucili e mitragliatrici, 20 tonnellate di forniture mediche e dispositivi di protezione individuale. Dal Belgio al Canada, dalla Repubblica Ceca alla Polonia, su molti altri Paesi esistono informazioni più o meno dettagliate. Tra i principali Paesi Ue, fanno in parte eccezione Germania e Francia, oltre all’Italia. Il caso di Berlino però è molto diverso da quello italiano. Innanzitutto, dopo l’inizio della guerra è stato annunciato l’intenzione di mandare a Kiev mille armi anticarro, 500 missili Stinger e 2.700 missili Strela. Il governo di Olaf Scholz non ha poi fornito informazioni sull’invio di armi leggere. Sulle armi pesanti, invece, c’è stata trasparenza: prima il no del cancelliere, poi l’annuncio della decisione di mettere a disposizione circa 50 carri armati Gepard. Infine, il dibattito ancora in corso sul possibili invio dei Panzerhaubitzen 2000, dei Marder o dei Leopard 1. Quello che in Italia finora non c’è stato.