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Ucraina, Mariupol sempre più russa ma la guerra continua a non avere un vincitore

La resa dei soldati del battaglione d’Azov non cambia molto l’andamento della guerra in Ucraina. Alla fine Mariupol era già sotto il controllo russo da tempo. Putin si sta concentrando sempre più nel Donbass anche perché quando prova a rimarcare il suo controllo fuori da quella regione nel giro di poco tempo viene messo in ombra dagli ucraini che riconquistano città o territori.

I negoziati sono in fase di stallo e la guerra potrebbe prolungarsi per vari motivi. L’Ucraina sta lottando per il suo diritto all’autodeterminazione mentre la Russia che ha presentato la sua invasione come una “operazione militare speciale” vuole a tutti i costi portare a casa un risultato importante che non si limiti al solo controllo del Donbass.

Putin sulla questione Nato ha abbassato negli ultimi giorni un po’ i toni soprattutto sulla richiesta di adesione di Finlandia e Svezia. Del resto al momento nessuno dei due attori Russia o Ucraina appare in grado di dare una sterzata vincente. I paesi occidentali hanno fornito armi, intelligence (vedi per l’uccisione dei generali russi), addestramento militare e sostegno finanziario all’Ucraina con l’obiettivo di respingere l’invasore ma al contempo continuano a prolungare la guerra.

Gli Stati Uniti hanno rilanciato il Lend-Lease Act, che faciliterà l’esportazione di equipaggiamento militare in Ucraina e non solo. Il presidente Biden ha infatti firmato l’Ukraine Democracy Defense Lend-Lease Act of 2022, un decreto ispirato alla “Legge Affitti e Prestiti” firmata da Roosevelt nel 1941. La legge esenta l’amministrazione Usa da alcuni limiti relativi al prestito o affitto di armamenti che, teoricamente, dovrebbero essere restituiti agli Usa alla fine del conflitto. Per esempio elimina un limite di 5 anni previsto per i prestiti di armamenti e consente al Dipartimento del Tesoro di ricevere più pagamenti dai paesi usufruttuari.

Washington ha appena autorizzato un nuovo pacchetto da 150 milioni: contiene 25mila proiettili da 155 mm per l’artiglieria, radar per individuare i cannoni e sistemi da guerra elettronica. Anche il Regno Unito e altri paesi europei hanno fornito armi e altre forme di aiuti militari.

Tuttavia, la leadership ucraina è frustrata dal fatto che la Nato non stia facendo di più per sostenere lo sforzo bellico, ad esempio imponendo una no-fly zone. I protocolli di Minsk del 2014 hanno temporaneamente interrotto i combattimenti, ma gli scontri sono continuati per anni. Allo stesso modo, un accordo per porre fine alla guerra in corso potrebbe semplicemente segnare una pausa temporanea prima dell’inizio di una nuova fase.

La guerra in Ucraina ha provocato tra le diverse conseguenze una accelerazione nel riarmo degli europei, soprattutto il piano da 100 miliardi di euro del cancelliere tedesco Scholz e la decisione italiana di aumentare la spesa militare fino a raggiungere il 2% del Pil. Anche Stati che già superano la soglia richiesta dalla Nato hanno scelto di armarsi maggiormente, come dimostrano la legge sulla “difesa della patria” promossa dal premier polacco Duda, che intende raddoppiare e ammodernare l’apparato militare.

Il più “soddisfatto” di tutti resta Biden che ad inizio maggio ha compiuto una visita alla fabbrica dei missili anticarro Javelin destinati all’Ucraina, lo stabilimento Lockheed-Martin a Troy, in Alabama, lasciando percepire quanto la guerra ucraina sia benefica per l’economia americana, l’occupazione e i profitti del complesso militar-industriale, per non parlare del post-conflict. La domanda per i missili Javelin rimane alta. Secondo i funzionari degli Stati Uniti e della Nato, le forze ucraine hanno utilizzato i missili con effetti devastanti contro i carri armati e l’artiglieria russa. Secondo la Casa Bianca, gli Stati Uniti hanno trasferito oltre 5.000 missili Javelin in Ucraina da azioni statunitensi e quasi altri 500 da alleati e partner. Lockheed produce congiuntamente le armi con Raytheon Technologies.

Proiettandoci nel tempo a Putin non resta che sperare in una seria crisi energetica europea e a livello militare nel supporto delle truppe bielorusse dell’amico presidente Aleksandr Lukashenko al momento posizionate al confine con l’Ucraina, a Volyn e nella regione di Leopoli.