Forse la cosa più bella non è neppure il gol, ma la carezza tra interno e tacco al pallone che mette a tu per tu col portiere Raducioiu, che ovviamente sbaglia. Ma il gol arriva lo stesso, poi: apertura di sinistro per il cross di Rossi, colpo di testa a raccoglierlo nell’aria e partita chiusa, col Brescia che batte la Lazio agganciando Udinese e Fiorentina al quartultimo posto, a vedere la salvezza. Ma ancora più bello, rispetto al gol e al potenziale assist è che a maggio 1993 in Italia, con la numero 10 del Brescia giochi uno dei maggiori fuoriclasse del pianeta: Gheorghe “Gica” Hagi. E non un fenomeno in potenza, una promessa su cui un presidente lungimirante di una provinciale ha puntato annusandone il futuro, no, un fuoriclasse vero, affermato… preso dal Real Madrid.
Un colpo arrivato dopo quattro anni di innamoramento totale. D’altronde Hagi i presidenti li ha fatti innamorare sempre, creando pure qualche casino. Un sinistro che è una poesia, carattere ribelle ed estro da vendere: già da ragazzino si capisce che non è un giocatore normale. Lo capiscono i Ceausescu: sia Valentin che Nicu, col secondo che la spunta e dal Farul Costanza lo porta allo Sportul Studentesc. Ma la Steaua Bucarest è la Steaua, peraltro Hagi è pure un grande tifoso di quella squadra. L’accordo sarebbe di farcelo giocare una sola partita in prestito: la Supercoppa Europea del 1986 contro la Dinamo Kiev. Sì, quell’unica partita che finisce 1-0 con gol di Hagi. Come si fa a quel punto a dire ai tifosi in festa che quel numero 10 dal sinistro fatato tutto tacchi e dribbling non giocherà più per la Steaua? Non glielo si dice infatti, Gheorghe continua nella Stella vincendo tre campionati e tre coppe di Romania, segnando con medie da bomber puro, 89 gol in 121 partite.
Non piace solo ai Ceausescu, Gica, no: piace a tutti, per la verità, ma un presidente in particolare è letteralmente pazzo di lui. Si chiama Gino Corioni e sarebbe disposto praticamente a tutto pur di portare Hagi nella sua squadra, allora il Bologna. In alcuni casi è convinto di avercela fatta perché i “ma certo presidente, il giocatore è suo” dei dirigenti della Steaua si sprecano: in maniera vana. Il regime cade alla vigilia dei Mondiali del 1990, dove Hagi gioca divinamente e a quel punto per Corioni c’è, tra gli altri, un concorrente imbattibile, il Real Madrid. Chiaro che quel sinistro faccia stropicciare gli occhi anche ai tifosi delle merengues, tipo quando Gica decide di usarlo per un pallonetto millimetrico da cinquanta metri, ma pur giocando bene il feeling non è dei migliori: in quegli anni, nell’eterno dualismo pallonaro iberico, la bilancia pende verso est, dove peraltro c’è in panchina il mito assoluto di Hagi, Johan Crujff.
Dopo due stagioni il Real decide di privarsi del fuoriclasse rumeno, ed ecco che ritorna l’eterno innamorato Gino Corioni: non più da presidente del Bologna ma del Brescia, che intanto è tornato in serie A con Lucescu in panchina. Stavolta il colpo riesce: poco più di 5 miliardi e Corioni porta a casa l’oggetto dei suoi desideri, mettendogli accanto altri tre connazionali, Florin Raducioiu, Ioan Sabau e Dorinel Mateut. Gica comincia male: espulso contro il Napoli per un fallo dei suoi, di reazione. Ma poi mostra di che pasta è fatto tra siluri e tocchi di classe di sinistro e confezionando assist al bacio per Saurini e Raducioiu. Ma il Brescia retrocede: Hagi incredibilmente, nonostante numerose offerte decide di seguirlo in B, “perché non sono un codardo”, dirà. E quella che oggi sembra fantascienza con un campione di quella portata, soprannominato “Re” in patria, che non solo decide amabilmente di passare dal Real a una squadra di provincia ma anche di scendere in B, assume contorni ulteriormente incredibili a pensare che in quel campionato cadetto giocavano anche Gabriel Batistuta, Oliver Bierhoff, Enrico Chiesa, Pippo Inzaghi, Christian Vieri e Stefan Effenberg.
Naturalmente il Brescia, grazie ai 9 gol e agli innumerevoli assist di Hagi torna subito in A e vince anche la Coppa Anglo Italiana. Ma davanti a Gica Hagi c’è un altro mondiale, quello americano. Capitano della sua Romania a Pasadena fa stropicciare gli occhi a tutto il mondo: contro la Colombia, all’esordio nella manifestazione, segna con un sinistro da 40 metri e segna anche contro la Svizzera nella gara successiva che però la Romania perde, e male. Agli ottavi di finale c’è l’Argentina: in una gara orfana del sinistro di Maradona, appiedato per doping, brilla tantissimo quello di Hagi. L’azione con cui confeziona l’assist per il secondo gol di Dumitrescu è un saggio di diverse arti, dalla letteratura alla geometria. Il gol decisivo è storia: i rumeni impazziscono, tutti ai piedi di Hagi. Ai quarti contro la Svezia bombarda Ravelli dal primo all’ultimo minuto. Da un suo sinistro su punizione arriva il gol del pareggio di Raducioiu, che manda la gara ai supplementari. Poi Gica segna il suo rigore, ma Belodedici no e il cammino della Romania si ferma lì.
In Italia viene ritenuto ormai vecchio, perciò Hagi accetta quando arriva la chiamata del Barcellona allenata dal suo idolo Crujff: non andrà granché bene, il passato da ex madridista pesa e nonostante gol incredibili non sboccerà l’amore. Dopo due stagioni Hagi, ritenuto ormai finito, va al Galatasaray. Non solo delizierà il pubblico turco, ma vincerà quattro titoli di seguito e porterà la squadra a vincere l’Europa League, primo trofeo internazionale portato in Turchia e poi la Supercoppa Europea contro il Real Madrid, in una gara in cui lui, ormai 36enne, si beve puntualmente tra tacchi e dribbling Roberto Carlos. Chiude la carriera quell’anno ed inizia ad allenare: dopo Galatasaray e Steaua diventa proprietario del Vitoriul Costanza, poi decide una fusione ed oggi è tecnico della squadra con cui aveva iniziato a giocare a calcio, il Farul Costanza, di cui è anche proprietario assieme ad altri ex calciatori come Ciprian Marica e l’altro Gica, Popescu. Intelligente, carismatico, leader e con uno dei più bei sinistri mai visti, e pronto a passare dal Real al Brescia, persino a restare in B. Jorge Valdano disse di lui: “Non mi avrebbe meravigliato vederlo giocare su un cavallo bianco”. Eh sì, in effetti sembra una favola.
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Ti ricordi… Gica Hagi, il “re” della Romania che scelse di restare a Brescia in Serie B
Madeleine: una data, un ricordo, un personaggio - La rubrica del venerdì de ilfattoquotidiano.it: tra cronaca e racconto, i fatti più o meno indimenticabili delle domeniche sportive degli italiani
Forse la cosa più bella non è neppure il gol, ma la carezza tra interno e tacco al pallone che mette a tu per tu col portiere Raducioiu, che ovviamente sbaglia. Ma il gol arriva lo stesso, poi: apertura di sinistro per il cross di Rossi, colpo di testa a raccoglierlo nell’aria e partita chiusa, col Brescia che batte la Lazio agganciando Udinese e Fiorentina al quartultimo posto, a vedere la salvezza. Ma ancora più bello, rispetto al gol e al potenziale assist è che a maggio 1993 in Italia, con la numero 10 del Brescia giochi uno dei maggiori fuoriclasse del pianeta: Gheorghe “Gica” Hagi. E non un fenomeno in potenza, una promessa su cui un presidente lungimirante di una provinciale ha puntato annusandone il futuro, no, un fuoriclasse vero, affermato… preso dal Real Madrid.
Un colpo arrivato dopo quattro anni di innamoramento totale. D’altronde Hagi i presidenti li ha fatti innamorare sempre, creando pure qualche casino. Un sinistro che è una poesia, carattere ribelle ed estro da vendere: già da ragazzino si capisce che non è un giocatore normale. Lo capiscono i Ceausescu: sia Valentin che Nicu, col secondo che la spunta e dal Farul Costanza lo porta allo Sportul Studentesc. Ma la Steaua Bucarest è la Steaua, peraltro Hagi è pure un grande tifoso di quella squadra. L’accordo sarebbe di farcelo giocare una sola partita in prestito: la Supercoppa Europea del 1986 contro la Dinamo Kiev. Sì, quell’unica partita che finisce 1-0 con gol di Hagi. Come si fa a quel punto a dire ai tifosi in festa che quel numero 10 dal sinistro fatato tutto tacchi e dribbling non giocherà più per la Steaua? Non glielo si dice infatti, Gheorghe continua nella Stella vincendo tre campionati e tre coppe di Romania, segnando con medie da bomber puro, 89 gol in 121 partite.
Non piace solo ai Ceausescu, Gica, no: piace a tutti, per la verità, ma un presidente in particolare è letteralmente pazzo di lui. Si chiama Gino Corioni e sarebbe disposto praticamente a tutto pur di portare Hagi nella sua squadra, allora il Bologna. In alcuni casi è convinto di avercela fatta perché i “ma certo presidente, il giocatore è suo” dei dirigenti della Steaua si sprecano: in maniera vana. Il regime cade alla vigilia dei Mondiali del 1990, dove Hagi gioca divinamente e a quel punto per Corioni c’è, tra gli altri, un concorrente imbattibile, il Real Madrid. Chiaro che quel sinistro faccia stropicciare gli occhi anche ai tifosi delle merengues, tipo quando Gica decide di usarlo per un pallonetto millimetrico da cinquanta metri, ma pur giocando bene il feeling non è dei migliori: in quegli anni, nell’eterno dualismo pallonaro iberico, la bilancia pende verso est, dove peraltro c’è in panchina il mito assoluto di Hagi, Johan Crujff.
Dopo due stagioni il Real decide di privarsi del fuoriclasse rumeno, ed ecco che ritorna l’eterno innamorato Gino Corioni: non più da presidente del Bologna ma del Brescia, che intanto è tornato in serie A con Lucescu in panchina. Stavolta il colpo riesce: poco più di 5 miliardi e Corioni porta a casa l’oggetto dei suoi desideri, mettendogli accanto altri tre connazionali, Florin Raducioiu, Ioan Sabau e Dorinel Mateut. Gica comincia male: espulso contro il Napoli per un fallo dei suoi, di reazione. Ma poi mostra di che pasta è fatto tra siluri e tocchi di classe di sinistro e confezionando assist al bacio per Saurini e Raducioiu. Ma il Brescia retrocede: Hagi incredibilmente, nonostante numerose offerte decide di seguirlo in B, “perché non sono un codardo”, dirà. E quella che oggi sembra fantascienza con un campione di quella portata, soprannominato “Re” in patria, che non solo decide amabilmente di passare dal Real a una squadra di provincia ma anche di scendere in B, assume contorni ulteriormente incredibili a pensare che in quel campionato cadetto giocavano anche Gabriel Batistuta, Oliver Bierhoff, Enrico Chiesa, Pippo Inzaghi, Christian Vieri e Stefan Effenberg.
Naturalmente il Brescia, grazie ai 9 gol e agli innumerevoli assist di Hagi torna subito in A e vince anche la Coppa Anglo Italiana. Ma davanti a Gica Hagi c’è un altro mondiale, quello americano. Capitano della sua Romania a Pasadena fa stropicciare gli occhi a tutto il mondo: contro la Colombia, all’esordio nella manifestazione, segna con un sinistro da 40 metri e segna anche contro la Svizzera nella gara successiva che però la Romania perde, e male. Agli ottavi di finale c’è l’Argentina: in una gara orfana del sinistro di Maradona, appiedato per doping, brilla tantissimo quello di Hagi. L’azione con cui confeziona l’assist per il secondo gol di Dumitrescu è un saggio di diverse arti, dalla letteratura alla geometria. Il gol decisivo è storia: i rumeni impazziscono, tutti ai piedi di Hagi. Ai quarti contro la Svezia bombarda Ravelli dal primo all’ultimo minuto. Da un suo sinistro su punizione arriva il gol del pareggio di Raducioiu, che manda la gara ai supplementari. Poi Gica segna il suo rigore, ma Belodedici no e il cammino della Romania si ferma lì.
In Italia viene ritenuto ormai vecchio, perciò Hagi accetta quando arriva la chiamata del Barcellona allenata dal suo idolo Crujff: non andrà granché bene, il passato da ex madridista pesa e nonostante gol incredibili non sboccerà l’amore. Dopo due stagioni Hagi, ritenuto ormai finito, va al Galatasaray. Non solo delizierà il pubblico turco, ma vincerà quattro titoli di seguito e porterà la squadra a vincere l’Europa League, primo trofeo internazionale portato in Turchia e poi la Supercoppa Europea contro il Real Madrid, in una gara in cui lui, ormai 36enne, si beve puntualmente tra tacchi e dribbling Roberto Carlos. Chiude la carriera quell’anno ed inizia ad allenare: dopo Galatasaray e Steaua diventa proprietario del Vitoriul Costanza, poi decide una fusione ed oggi è tecnico della squadra con cui aveva iniziato a giocare a calcio, il Farul Costanza, di cui è anche proprietario assieme ad altri ex calciatori come Ciprian Marica e l’altro Gica, Popescu. Intelligente, carismatico, leader e con uno dei più bei sinistri mai visti, e pronto a passare dal Real al Brescia, persino a restare in B. Jorge Valdano disse di lui: “Non mi avrebbe meravigliato vederlo giocare su un cavallo bianco”. Eh sì, in effetti sembra una favola.
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Roma, 12 mar. (Adnkronos) - Aspettare, ponderare. Giorgia Meloni non avrebbe ancora deciso se partecipare o meno alla video-call dei 'volenterosi', convocata per sabato dal Regno Unito. Il primo ministro britannico Keir Starmer ha chiamato di nuovo a raccolta i leader di quei Paesi pronti a fornire il loro supporto per assicurare la pace in Ucraina, dopo un possibile accordo di tregua con la Russia. Ma la partecipazione dell'Italia all'incontro da remoto, si apprende da fonti di governo, non è ancora confermata e la presidente del Consiglio starebbe riflettendo sul da farsi.
Il problema di fondo, viene spiegato, è essenzialmente uno: il governo italiano è fortemente contrario all'invio di truppe al fronte in Ucraina; dunque, se la riunione di Londra rientra nell'ambito di un invio di uomini, "noi non partecipiamo", il refrain che arriva da Palazzo Chigi. Diverso è invece il discorso per quanto riguarda la riunione dei Capi di Stato maggiore europei svoltasi martedì a Parigi con il presidente francese Emmanuel Macron: "In quel caso non eravamo parte del gruppo dei cosiddetti 'volenterosi', siamo andati lì come osservatori". Le diplomazie restano comunque in contatto.
Meloni è al lavoro sul discorso che dovrà pronunciare alle Camere la prossima settimana prima del Consiglio europeo del 20-21 marzo: un passaggio impegnativo, sul quale i partiti della maggioranza sono chiamati a compattarsi dopo aver votato in maniera difforme a Strasburgo. Gli europarlamentari di Fratelli d'Italia hanno dato il loro sì alla risoluzione sul Libro bianco sulla difesa, che sollecita i 27 Paesi dell'Ue ad agire con urgenza per garantire la sicurezza del Continente, accogliendo le conclusioni del Consiglio europeo sul riarmo.
Tuttavia, la delegazione di Fdi si è astenuta sulla risoluzione riguardante l'Ucraina dopo aver richiesto, senza successo, un rinvio del voto. Secondo Nicola Procaccini, co-presidente del gruppo Ecr, il testo non avrebbe tenuto conto dell'accordo raggiunto a Gedda tra Stati Uniti e Ucraina per un possibile cessate il fuoco, rischiando così di "scatenare l'odio verso Donald Trump e gli Usa, anziché aiutare l'Ucraina".
Il nostro "non è stato un doppio voto", dice all'Adnkronos un membro dell'esecutivo in quota Fratelli d'Italia: "La posizione è chiara: se approvi un testo troppo anti-Usa, come fai poi a farti mediatore con gli Usa?". Sulla stessa risoluzione per l'Ucraina, la Lega ha votato contro mentre Forza Italia si è espressa a favore.
Anche da Palazzo Chigi sottolineano come il testo della risoluzione sull'Ucraina fosse troppo sbilanciato 'contro' gli Stati Uniti: Fratelli d'Italia a Strasburgo - il ragionamento che trapela dai piani alti del governo - ha sempre votato a favore della libertà e della sicurezza dell'Ucraina, ma questa volta il testo della risoluzione "era molto più 'accusatorio' verso l'amministrazione Usa" rispetto ad altre volte. Fratelli d'Italia non avrebbe mai votato contro quella risoluzione: "Ma non potevamo nemmeno votare a favore tout court", spiegano.
Sull'astensione, come confermato poi da Procaccini, ha inciso la notizia arrivata dall'Arabia Saudita ieri sera sulla proposta di un cessate il fuoco di 30 giorni in Ucraina e la ripresa dell'assistenza americana a Kiev: "Non ci stiamo smarcando da nulla, quello di Fratelli d'Italia non era un voto contro l'Ucraina", il concetto che viene ribadito. Il voto a macchia di leopardo del centrodestra, ad ogni modo, non impensierisce Palazzo Chigi: in questo momento - si sottolinea - c'è un problema internazionale ben più ampio e la maggioranza di governo ha dimostrato che nei momenti importanti "è sempre uscita unita e compatta".
Almeno per ora, non sembrerebbe all'orizzonte un vertice con Meloni e gli altri leader della maggioranza, Antonio Tajani e Matteo Salvini (anche se i tre ogni settimana si incontrano per fare il punto della situazione su tutti i dossier). Sempre da palazzo Chigi viene evidenziata la "piena sintonia" tra Meloni e il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti, che rispondendo alla Camera all'interrogazione del Movimento 5 Stelle sul piano di riarmo approvato oggi dall'Unione europea ha ribadito che i finanziamenti per la difesa non andranno a discapito di sanità e servizi pubblici, rimarcando il suo no a spese per il riarmo che rialzino in modo oneroso il debito pubblico con rischi anche per la stabilità della zona euro. (di Antonio Atte)
Roma, 13 mar. (Adnkronos) - Il governo è "determinato" a contrastare l'evasione fiscale e allo stesso tempo alleggerire la pressione sui contribuenti onesti. Per il taglio delle tasse al ceto medio bisognerà aspettare gli esiti a fine marzo della verifica della commissione tecnica sullo stock dei debiti fiscali da 1.275 miliardi di euro. Il nuovo corso del governo per le verifiche ex ante, intanto, sta portando i primi frutti con un calo del 19% dei contenziosi nei primi due mesi dell'anno. Nel suo intervento alla cerimonia di inaugurazione dell'anno giudiziario tributario 2025 alla Camera il viceministro al Mef Maurizio Leo si è soffermato su punti fermi e benefici attesi dalla riforma fiscale.
"Il tema dell'evasione fiscale è sotto gli occhi di tutti, abbiamo un tax gap che oscilla tra 80 e 100 miliardi e dobbiamo assolutamente contrastarlo, come pure la pressione fiscale su cui il governo si è mosso con determinazione, riducendo aliquote da 4 a 3 e rendendo strutturale questa misura cui si aggiunge il taglio del cuneo", ha sottolineato Leo. Accanto a questi due pilastri della lotta all'evasione e della riduzione della pressione fiscale, anche quello della semplificazione e della certezza del diritto, pilastro fondamentale quest'ultimo per "contrastare fenomeni illeciti, ma al tempo stesso attrarre capitali da estero", ha aggiunto.
Il tutto rafforzando 'l'arsenale' ex ante per indirizzare su un percorso di collaborazione i rapporti tra Stato e contribuente. In questa cornice il concordato preventivo biennale e della cooperative compliance stanno portando i primi frutti: nei primi due mesi del 2025 rispetto ai primi due mesi del 2024 c'è stata "una contrazione del contenzioso tributario" con un calo "del 19% dei nuovi giudizio incardinati", ha detto Leo, rilevando che "in alcune corti del Sud il calo si attesta addirittura al 50%".
Si attende per fine mese l'esito della requisitoria tecnica sullo stock dei crediti non riscossi dall'amministrazione fiscale. La Commissione tecnica, istituita presso il Mef sul riordino della riscossione e l'analisi del magazzino in carico all'Agenzia delle entrate-Riscossione "sta facendo la ricognizione e all'esito di questo faremo le opportune valutazioni, penso che entro fine mese avremo dei riscontri", ha detto Leo.
La verifica sui carichi renderà più chiaro il quadro su quanti possono essere abbandonati, quanti gestiti in modo differente e quanti possono, eventualmente, essere oggetto di una rottamazione. Considerando che la montagna dello stock ammonta a 1.275 miliardi e che circa tre quarti sono debito sotto i mille euro si aprirebbero ampie chances di recupero. Ma la prudenza è d'obbligo, visto che molte appartengono a soggetti defunti o falliti.
Dalle risorse eventualmente disponibili si capirà se possibile procedere al taglio Irpef per i redditi fino a 50-60mila euro. "Vediamo le risorse e come si può fare", ha risposto Leo interpellato sulla questione. Al momento il governo può contare sugli 1,6 miliardi del gettito del concordato preventivo biennale che si è chiuso a dicembre scorso a cui andrebbero aggiunti gli incassi del ravvedimento speciale che scade il 31 marzo prossimo.
Roma, 13 mar. (Adnkronos) - Il governo è "determinato" a contrastare l'evasione fiscale e allo stesso tempo alleggerire la pressione sui contribuenti onesti. Per il taglio delle tasse al ceto medio bisognerà aspettare gli esiti a fine marzo della verifica della commissione tecnica sullo stock dei debiti fiscali da 1.275 miliardi di euro. Il nuovo corso del governo per le verifiche ex ante, intanto, sta portando i primi frutti con un calo del 19% dei contenziosi nei primi due mesi dell'anno. Nel suo intervento alla cerimonia di inaugurazione dell'anno giudiziario tributario 2025 alla Camera il viceministro al Mef Maurizio Leo si è soffermato su punti fermi e benefici attesi dalla riforma fiscale.
"Il tema dell'evasione fiscale è sotto gli occhi di tutti, abbiamo un tax gap che oscilla tra 80 e 100 miliardi e dobbiamo assolutamente contrastarlo, come pure la pressione fiscale su cui il governo si è mosso con determinazione, riducendo aliquote da 4 a 3 e rendendo strutturale questa misura cui si aggiunge il taglio del cuneo", ha sottolineato Leo. Accanto a questi due pilastri della lotta all'evasione e della riduzione della pressione fiscale, anche quello della semplificazione e della certezza del diritto, pilastro fondamentale quest'ultimo per "contrastare fenomeni illeciti, ma al tempo stesso attrarre capitali da estero", ha aggiunto.
Il tutto rafforzando 'l'arsenale' ex ante per indirizzare su un percorso di collaborazione i rapporti tra Stato e contribuente. In questa cornice il concordato preventivo biennale e della cooperative compliance stanno portando i primi frutti: nei primi due mesi del 2025 rispetto ai primi due mesi del 2024 c'è stata "una contrazione del contenzioso tributario" con un calo "del 19% dei nuovi giudizio incardinati", ha detto Leo, rilevando che "in alcune corti del Sud il calo si attesta addirittura al 50%".
Si attende per fine mese l'esito della requisitoria tecnica sullo stock dei crediti non riscossi dall'amministrazione fiscale. La Commissione tecnica, istituita presso il Mef sul riordino della riscossione e l'analisi del magazzino in carico all'Agenzia delle entrate-Riscossione "sta facendo la ricognizione e all'esito di questo faremo le opportune valutazioni, penso che entro fine mese avremo dei riscontri", ha detto Leo.
La verifica sui carichi renderà più chiaro il quadro su quanti possono essere abbandonati, quanti gestiti in modo differente e quanti possono, eventualmente, essere oggetto di una rottamazione. Considerando che la montagna dello stock ammonta a 1.275 miliardi e che circa tre quarti sono debito sotto i mille euro si aprirebbero ampie chances di recupero. Ma la prudenza è d'obbligo, visto che molte appartengono a soggetti defunti o falliti.
Dalle risorse eventualmente disponibili si capirà se possibile procedere al taglio Irpef per i redditi fino a 50-60mila euro. "Vediamo le risorse e come si può fare", ha risposto Leo interpellato sulla questione. Al momento il governo può contare sugli 1,6 miliardi del gettito del concordato preventivo biennale che si è chiuso a dicembre scorso a cui andrebbero aggiunti gli incassi del ravvedimento speciale che scade il 31 marzo prossimo.
Palermo, 13 mar. (Adnkronos) - All'alba di oggi i Carabinieri del Comando Provinciale di Messina e i Finanzieri dei Comandi Provinciali di Catania e Messina hanno effettuato una vasta operazione nelle Province di Messina e Catania, con l’esecuzione di misure cautelari emesse dai Gip dei Tribunali del capoluogo peloritano e di quello etneo, su richiesta delle rispettive Procure, nei confronti 39 persone, a vario titolo indagate, per associazione a delinquere di stampo mafioso, associazione finalizzata al narcotraffico, numerosi episodi di spaccio di stupefacenti, estorsione, rapina, accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti - tutti reati aggravati ai sensi dell’art. 416-bis.1 del codice penale "poiché commessi con metodo mafioso o con il fine di agevolare il clan Cappello-Cintorino' e trasferimento fraudolento di valori.
Le due ordinanze sono il risultato dello stretto coordinamento investigativo attuato tra gli Uffici Giudiziari di Catania e di Messina, sotto la supervisione della Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, al fine di monitorare più efficacemente le persistenti attività, anche di sfruttamento economico del territorio, proprie dei citati clan per effetto delle cointeressenze nei territori “di confine” delle due province.
I particolari dell’operazione saranno forniti nel corso di una conferenza stampa che sarà tenuta alle ore 10:30, presso il Palazzo di Giustizia di Messina (via Tommaso Cannizzaro).
Palermo, 12 mar. (Adnkronos) - "Affronterò il processo con la massima serenità e con la consapevolezza di poter dimostrare la correttezza del mio operato, avendo sempre agito nel pieno rispetto del regolamento previsto dall’Assemblea Regionale Siciliana. Non ho mai, nella mia vita, sottratto un solo centesimo in modo indebito e confido che nel corso del giudizio emergerà la verità, restituendo chiarezza e trasparenza alla mia posizione. Resto fiducioso nella giustizia e determinato a far valere le mie ragioni con il rispetto e la serietà che ho sempre riservato alle istituzioni". Così Gianfranco Miccichè, rinviato a giudizio per l'uso dell'auto blu, commenta il processo che partirà a luglio. "Sono però amareggiato da quanto la stampa riporta sul fatto che, secondo il pm avrei arraffato quanto più possibile- dice - Nella mia vita non ho mai arraffato alcun che e su questo pretendo rispetto da parte di tutti".
Palermo, 12 mar. (Adnkronos) - L'ex Presidente dell'Assemblea regionale siciliana Gianfranco Miccichè è stato rinviato a giudizio con l'accuaa di peculato e concorso in truffa aggravata il. La prima udienza del processo si terrà il 7 luglio davanti alla terza sezione del tribunale di Palermo. Secondo l'accusa il politico, ex viceministro dell'Economia, avrebbe usato l'auto blu in dotazione, in quanto ex Presidente dell'Ars, per fini personali. In particolare avrebbe usato, non per fini istituzionali, l’Audi della Regione, per una trentina di volte, tra marzo e novembre del 2023, anche per fare visite mediche, e persino per andare dal veterinario con il gatto. Avrebbe fatto salire sull'auto anche componenti della sua segreteria e familiari.
Il suo ex autista, Maurizio Messina, che ha scelto il rito abbreviato, è stato invece condannato dal giudice per l’udienza preliminare Marco Gaeta a un anno e mezzo di carcere per truffa, più sei mesi con l'accusa di avere sottratto la somma che gli era stata sequestrata durante le indagini.
Milano, 12 mar. (Adnkronos) - La Corte di Assise di Appello di Milano ha assolto, ribaltando la sentenza a sette anni inflitta in primo grado, Salvatore Pace per il concorso nell'omicidio di Umberto Mormile, l'educatore del carcere di Opera ammazzato l'11 aprile 1990. Il delitto fu rivendicato dalla Falange Armata, organizzazione terroristica sulla quale gravitavano mafiosi, 'ndranghetista e componenti dei servizi segreti deviati. Mormile, 34 anni, venne assassinato a Carpiano, nel Milanese, mentre andava al lavoro, quando due individui in sella a una moto esplosero contro di lui sei colpi di pistola. Secondo l'accusa, Pace, 69 anni, diventato collaboratore di giustizia, si sarebbe messo a disposizione dei mandanti dell'omicidio. "Attendo di leggere le motivazioni" è il commento dell'avvocato Fabio Rapici, legale di alcuni dei familiari della vittima.