La decisione di adottare la moneta digitale arriva dopo nove mesi dalla svolta salvadoregna. Le poche testate che hanno riportato la notizia si sono concentrate sulla scelta scriteriata del presidente, Faustin-Archange Touadéra, tralasciando però i legami tra lo stato africano e il presidente russo Vladimir Putin. Sono molti i documenti sulle missioni africane dei battaglioni russi Wagner: il gruppo paramilitare ha contribuito a soffocare il dissenso degli oppositori politici, in cambio del controllo delle materie prime di quella zona. Un'alleanza preziosa, tanto più ora che le sanzioni internazionali stanno colpendo l'economia russa
Ci sono due notizie. Entrambe risalgono al 27 aprile scorso e riguardano le relazioni socio-economiche tra l’Africa e il resto del mondo. Solo una, però, ha avuto un’eco mediatica, seppur contenuta. La prima – quella che per l’appunto ha solleticato la curiosità di alcune testate giornalistiche – ha a che fare con la scelta della Repubblica Centrafricana (RCA) di adottare i bitcoin – la moneta virtuale più famosa al mondo – come valuta ufficiale. La criptovaluta verrà affiancata al franco Cfa (Comunità Finanziaria Africana). L’operazione è stata salutata dal presidente, Faustin-Archange Touadéra, con l’entusiasmo di chi mira a risollevare le sorti di un’economia disastrata. La seconda notizia, legata alla prima ma ignorata, chiama in causa i legami tra lo stato africano e il presidente russo Vladimir Putin, certificati dai rapporti del consiglio dell’Unione europea sulle missioni africane dei battaglioni russi Wagner: il gruppo paramilitare ha aiutato negli ultimi anni Touadéra a soffocare il dissenso interno, in cambio del controllo delle materie prime di quella zona. Un’alleanza preziosa, tanto più ora che le sanzioni internazionali stanno colpendo l’economia russa.
Nous nous réjouissons d’être parmi les pionniers de la plus novatrice #tech au #monde,celle qui crée de la valeur ajoutée à toutes: #blockchain. Invisibles jusqu’à ce jour,nous allons devenir visibles & nous allons être reconnus & appréciés.
Pour l’avenir des générations futures! pic.twitter.com/qioJtQP1RZ— Faustin-Archange Touadéra (@FA_Touadera) April 28, 2022
Un futuro troppo lontano – La risonanza mediatica della proposta di legge votata all’unanimità dai deputati dell’Assemblea Nazionale va attribuita a due ragioni. Innanzitutto, l’eccezionalità del fatto in sé: seppur seconda classificata, la svolta africana affascina tanto quanto quella salvadoregna, che vide il più piccolo degli stati dell’America centrale accettare per primo i Bitcoin quale mezzo di pagamento legale. Ci sono poi i dati allarmanti che compongono il quadro socio-economico del paese. Di seguito, in ordine sparso, ne menzioniamo alcuni. La Repubblica Centrafricana è uno dei paesi più poveri al mondo: secondo Visual Capitalist, nel 2020 il suo Pil pro capite corrispondeva a 480 dollari. La speranza di vita, molto bassa, si attesta sui 51 anni, mentre il tasso di mortalità infantile, decisamente alto, è di 84,5 morti ogni 1000 feti nati vivi. Sul fronte della stabilità sociale, la situazione è a dir poco precaria: da circa 20 anni, questo territorio è teatro di una guerra civile, tanto che recentemente è stato istituito un tribunale speciale per perseguire crimini contro l’umanità commessi nel paese dal 2003. Se tutto ciò non bastasse, basti pensare che in una popolazione di quasi 5 milioni di abitanti, solo il 14% ha accesso all’elettricità, per una capacità di 30 megawattora. Inoltre, soltanto il 2,9% della popolazione utilizza i social media.
La guerra per procura – Viene perciò da chiedersi che senso abbia l’utilizzo dei bitcoin in una nazione il cui popolo – per metà analfabeta – necessiterebbe di un sostegno diverso. Il provvedimento – in apparenza insensato – assume invece un significato se osservato da un punto di vista geopolitico. Da anni ormai, nella RCA “potenze straniere portano avanti una guerra per procura, sfruttando gli attori regionali e locali per far avanzare le loro agende politiche, economiche e geostrategiche”. Ad affermarlo è l’osservatorio The Sentry che nel 2020 pubblicò il rapporto State of Prey. Proxies, Predators, and Profiteers in the Central African Republic. Nel 2017, conclusa la missione Sangaris – intervento francese (2013-2016), nato con l’obiettivo di lottare contro i ribelli e tutelare i civili – Touadéra dovette trovare un rimedio per le tensioni sociali e, a tal fine, si rivolse alla Russia, da tempo in attesa di sfruttare il vuoto di potere generato dal disimpegno franco-statunitense in quella zona. “Mosca – si legge sul rapporto – dispiegò rapidamente il Gruppo Wagner, un attore parastatale impegnato nella sicurezza e guidato da Evgenij Prigozhin, un oligarca di San Pietroburgo vicino al presidente russo Vladimir Putin“.
Do ut des – È così che dal 2018, il gruppo paramilitare – fondato nel 2014 in appoggio ai separatisti filorussi in Ucraina orientale – promuove la politica estera del Cremlino nella RCA. Per addestrare le squadre, nel paese è stato inviato Valery Zakharov, ex agente dei servizi segreti russi e ufficiale di polizia di San Pietroburgo, assurto a consulente per la sicurezza di Touadéra. Ai battaglioni è stato affidato il lavoro sporco: soffocare – con assassinii, arresti arbitrari e torture – qualsiasi forma di dissenso da parte dei gruppi armati avversi. Un lavoro che ha dato benefici a entrambi gli attori in gioco. Da una parte, “il Gruppo Wagner ha lavorato per la rielezione di Touadéra”, spiega il documento. Dall’altra, il governo centrafricano “ha concesso licenze di esplorazione e sfruttamento al gruppo Wagner, che possiede Lobaye Invest, una società mineraria attiva in RCA dal 2018″. La compagnia, riconducibile a Prigozhin, ha finanziato l’addestramento delle reclute centrafricane da parte di 250 mercenari russi, in cambio di concessioni esplorative in giacimenti di diamanti e oro, dimostrate dalla Cnn.
Intermezzo – Il 25 marzo scorso – a un mese dall’inizio della guerra in Ucraina e dopo l’estromissione di alcune banche russe dal circuito Swift – il presidente della commissione energia della Duma, Pavel Zavalny, ha annunciato che la Russia avrebbe accettato dai paesi “amici” anche pagamenti in criptovalute. Una mossa estemporanea, una boutade per i non addetti. Tuttavia, qualche settimana prima gli Stati Uniti avevano chiesto alle piattaforme di scambi di criptovalute di stare attente ed evitare che individui e aziende russe usassero le valute digitali per aggirare le sanzioni. Un timore giustificato da una percentuale inconsueta: in quei giorni i bitcoin avevano guadagnato circa il 13% superando i 43.690 dollari. La possibilità di prendersi gioco delle bacchettate europee ricorrendo alla criptoattività fu confermata anche da Massimo Doria, capo servizio strumenti di pagamento della Banca d’Italia: “Dopo l’espulsione della Russia dal meccanismo dei pagamenti Swift si è registrato un balzo delle transazioni in bitcoin e non c’è dubbio che si possano aggirare le sanzioni in questo modo”.
La RCA e le criptovalute – Nel gennaio 2021, la presidente della Corte Costituzionale della RCA, Danielle Darlan, ha convalidato la rielezione di Touadéra, rigettando di fatto le richieste di annullamento del voto presentate da 13 candidati alla presidenza. La decisione ha gettato benzina sul fuoco, intensificando le proteste da parte della Coalizione dei patrioti per il cambiamento (Cpc) – movimento politico e armato fondato da François Bozizé, tra i candidati esclusi – per rovesciare il regime del presidente Touadéra. Grazie al supporto dei battaglioni Wagner – il cui intervento è risultato determinante – buona parte dei territori della nazione è stata liberata dalla presenza dei ribelli. L’aiuto, come ovvio che sia, nascondeva un tornaconto: secondo il sito Nigrizia “ad oggi la Russia reclama dal governo centrafricano 127 miliardi di franchi CFA (quasi 200 milioni di euro)” per il supporto militare. Tra le materie prime che potrebbero estinguere il debito – e sulle quali Mosca ha già messo le mani – ci sono i diamanti, l’uranio, l’oro e il legname. Le risorse naturali esportate dalla RCA sono denominate e fatturate in dollari, “il che significa che quando vuole pagare un altro paese, lo fa in dollari”, spiega Grégory Vanel, professore di economia alla Grenoble School of Management. “Tuttavia, a causa delle sanzioni internazionali adottate contro la Russia e della sua esclusione dal sistema interbancario Swift – prosegue Vanel – ciò non è più possibile se vuole commerciare con la Russia”. In tal senso, le caratteristiche dei Bitcoin tornerebbero utili: non tracciabilità e completo anonimato, indipendenza assoluta di tutto il sistema monetario e nessun organo centrale che ne determini il valore.
La recente crisi – La discutibile decisione dello stato africano, probabilmente pilotata dal Cremlino, è avvenuta in un momento cruciale e nessuno poteva prevedere – o forse sì? – che la valuta digitale avrebbe incontrato più di un problema. Secondo El Pais, la scorsa settimana, la contrazione del prezzo della criptovaluta più popolare al mondo è stata del 50% rispetto ai suoi massimi storici. Un crac provocato dalla stretta monetaria avviata dalla Federal Reserve che sta progressivamente aumentando i tassi di interesse e drenando liquidità dai mercati per cercare di contrastare l’inflazione. Venerdì, 13 maggio, mentre il mondo intero assisteva al crollo degli stablecoin, “Terra” e “Luna”, il regolatore delle banche dell’Africa centrale ha inviato un promemoria ai paesi di quella zona sul divieto di ricorrere alle criptovalute. La Commissione bancaria dell’Africa centrale (COBAC), che regola il settore nella Comunità economica e monetaria dell’Africa centrale (CEMAC), composta da sei Paesi, ha dichiarato che l’interdizione è volta a garantire la stabilità finanziaria. A patire il tracollo delle monete virtuali sono anche i titoli del governo di El Salvador, scambiati ora al 40% del loro valore iniziale, tanto che gli investitori iniziano a dubitare che il paese possa rispettare i pagamenti futuri prospettando il rischio di un default del paese centramericano.