Nel nuovo album “Sensazione Ultra” l'artista parla di stretta attualità come il bullismo, il razzismo, l'ambientalismo, la ripartenza e c'è anche Matteo Salvini con la trasferta in Polonia, accolta tra le contestazioni con la maglietta pro-Putin “ma è Marracash che lo cita nella canzone”, specifica Ghali. Dodici brani ottimamente prodotti che restituiscono l'artista nel pieno della sua maturità artistica
La premessa è doverosa: “Sensazione Ultra” è il miglior album di Ghali. Produzione ottima, canzoni che rispecchiamo un po’ l’animo del Paese (si parla di bullismo, il razzismo, l’ambientalismo e ripartenza), musica che spazia dall’hip hop al pop ma con un linguaggio nuovo, al di là delle quattro lingue usate dall’artista stesso: italiano, arabo, inglese e francese. Ascoltare i dodici brani inediti di “Sensazione Ultra” è una goduria. “Come si dice in inglese ‘I embraced myself’, ho accolto me stesso. In questo disco ho avuto la possibilità di affilare lo stile, il mio gusto personale e anche il suono”, ha raccontato Ghali durante un incontro per parlare del disco. La mossa vincente è stata aprirsi il più possibile – nelle vesti di direttore creativo, assieme al fidato Dj Dev – ad altri produttori, come ad esempio Merk & Kremont, ma anche inserendo gli interventi di London On The Track e Ronny J, tra i massimi esponenti della cultura hip hop mondiale. Tra i dodici brani spiccano i feat. con Axell, Baby Gang, Digital Astro, Madame e Marracash.
Cosa è successo dopo la pubblicazione di “Dna” due anni fa?
Tante cose. Dopo la festa dell’uscita di ‘Dna’ è scattata la zona rossa in Italia. Non ho potuto promuovere il disco e, come sappiamo, i tour sono stati sospesi.
E cosa hai fatto?
Appena ho capito che la cosa stava peggiorando sono andato subito in studio a lavorare a nuove cose. Sono rimasto tanto tempo da solo e con mia mamma. Sono stato al fianco dei due ragazzi che stiamo seguendo con la mia etichetta, Digital Astro e Axel, che abbiamo poi coinvolto nel disco. Ho viaggiato, sono andato in Tunisia, ho iniziato a fare un po’ di ricerca di suoni diversi…
“Bayna” apre il disco ed è un brano che nasce in Tunisia. Perché sei tornato alle origini?
Qui canto la prima strofa in arabo e la traduzione del titolo è ‘vederci chiaro’. Ci tenevo ad aprire con questo brano anche perché ha una storia pazzesca alle spalle.
Puoi raccontarcela?
C’era un ragazzo giovanissimo (è del 1993, ndr) tunisino musicalmente davvero talentuoso e poverissimo. Gli ho fatto un’offerta economica che non si sarebbe mai immaginato, lo abbiamo invitato a lavorare al disco ma è scappato e nessuno sa dove sia ora. La canzone parla di questo. Nonostante questo ragazzo avesse davanti a lui una grande occasione per cambiare la propria vita, è fuggito. Questo episodio mi ha fatto pensare che la situazione in Tunisia sia molto grave.
Non sei più riuscito a contattarlo?
No. Chissà dove sarà… Forse starà consegnando pizze in qualche parte d’Europa.
Com’è la situazione delle nuove generazioni in Italia?
È attiva, sgomita per ritagliarsi uno spazio. Sono convinto che i giovani di oggi porteranno avanti una nuova Italia nonostante nei loro confronti ci sia molto ostruzionismo.
Incontri Marracash in “Free Solo” e viene citato Salvini “che va in Polonia, un’altra figura di m***a”…
No, un momento. Non sono io che lo cito ma Marra. È un pezzo attuale e credo rispecchi la società. Al solito Marracash è mega attuale e sempre preciso: fa una strofa e parla di quello che è successo il giorno prima. Ha questa capacità incredibile.
In “Walo” si parla anche di razzismo ed è ispirato a un fatto che ti accade spesso. Puoi spiegarcelo?
È ispirato alle cerimonie berbere e c’è il ritornello ‘Me derna walo’ che vuol dire ‘Non abbiamo fatto niente’. Ogni volta che viaggio mi fermano alla dogana, perdo gli scali e mi mettono in una stanza con altri musulmani e gente come me. Volevo parlare di quella sensazione e cioè del sentirsi colpevoli, pur non avendo fatto niente. In generale è una dichiarazione di innocenza da parte delle popolazioni che ogni giorno subiscono il peso delle scelte dei potenti.
È stato difficile farti spazio nonostante il razzismo?
Sì. Agli inizi della mia carriera ho lavorato con i Club Dogo, Guè e Fedez. Venivo apprezzato per come scrivevo e producevo. Poi accadeva che caricavo su YouTube dei pezzi miei e venivo inondato da commenti a sfondo razzista. Sono passati anni, mi sono preso le mie rivincite, ma certe sensazioni ti rimangono ancora addosso. Ci vuole tempo.
Come mai hai coinvolto Baby Gang – coinvolto in diversi casi giudiziari – nel brano “Drari”?
Penso che abbia prima di tutto molto talento e poi lui mi ricorda tanto me quando lo guardo.
In che senso?
Sono fan delle nuove generazioni, mi faccio ispirare da loro e li coinvolgo nei miei progetti. Quando guardo loro vedo me. Nel caso di Baby Gang penso agli anni in cui non mi si dava la possibilità e dovevo per forza crearmela.
A quale periodo della tua vita ti riferisci?
Era il momento in cui nessuno parlava di me. Anzi non se ne parlava né nel bene né nel male e venivo massacrato, come dicevo prima. Baby Gang vuole cambiare il proprio destino e come tante persone cerca di faticare il doppio. Poi, se fanno un errore, lo pagano di conseguenza.
Uno dei temi del disco è il bullismo e lo fai in “Pare” con Madame. Perché avete voluto affrontare questo tema?
Lo abbiamo voluto fare con una prospettiva diversa e non usuale: è un invito a non farsi schiacciare dai propri traumi, perché proprio chi bullizza è a sua volta prigioniero di altri traumi. Chi è vittima è più forte di chi nasconde la propria insicurezza con l’aggressività. C’è anche una piccola sorpresa nel brano…
Quale?
Nello special c’è il contributo di Massimo Pericolo. Ho usato la sua voce come uno strumento in una sorta di ghost featuring. Era super felice di fare il ‘ghost’.
Parteciperai al Festival di Sanremo 2023?
Non ho mai escluso di andare al Festival. Lo farei se avessi il pezzo giusto che spacca e mi piacerebbe fosse in parte in arabo. Quest’anno comunque non ne abbiamo parlato.