Da poco meno di un mese anche il Senato, dopo la Camera nel 2016, si è dotato di un regolamento per promuovere l’integrità dei senatori. Nessuno sapeva che il Consiglio di presidenza stesse lavorando a un codice di condotta e questo la dice lunga sulla mancanza di trasparenza di questo ramo del Parlamento.
Il risultato di questo lavoro nell’ombra è molto deludente. Il codice di condotta dei senatori non rispetta le indicazioni sulla trasparenza e sulle misure necessarie a limitare il conflitto d’interessi del Gruppo di Stati contro la corruzione (Greco) del Consiglio d’Europa. Già il codice di condotta della Camera era stato giudicato fortemente migliorabile dal Greco: non ci aspettavamo che il Senato evitasse di prendere in considerazione quelle prescrizioni facendo un passo indietro.
I codici a confronto: del conflitto d’interessi non c’è traccia da nessuna parte
Dopo 5 anni di attesa e nonostante le “fresche” raccomandazioni del Consiglio d’Europa in materia, nel codice di condotta del Senato non c’è traccia di misure per prevenire il conflitto d’interessi. E poco importa se l’art. 4 è stato intitolato “conflitto d’interessi”, perché non contiene regole sulle porte girevoli, né su quando un senatore dovrebbe astenersi dal votare su un tema che lo vede in conflitto di interessi, né prevede divieti a ricevere compensi da Stati stranieri e via dicendo. Per precisione, nemmeno la Camera dei Deputati ha regole chiare sul conflitto d’interessi, ma perlomeno ha qualche misura in più sulla trasparenza e sulla prevenzione della corruzione.
I deputati non possono accettare doni superiori ai 250 euro di valore, con l’eccezione dei rimborsi delle spese di viaggio e di alloggio, al contrario dei senatori il cui obbligo in materia di regali è solo quello di valutare se i doni ricevuti sono conformi alle “consuetudini di cortesia”. Cosa siano le consuetudini di cortesia considerate “conformi” non lo sa nemmeno Google. Siamo di fronte a un espediente fumoso per non darsi regole chiare e continuare a fare quello che si faceva prima.
Nessuna sanzione per chi sgarra
Alla Camera, ad occuparsi di sorvegliare sul rispetto del codice di condotta è un Comitato consultivo composto da quattro membri dell’Ufficio di presidenza e da sei deputati nominati dal Presidente della Camera, facendo attenzione alla rappresentatività e all’equilibrio politico. Se qualcuno non rispetta le regole del codice di condotta non sono previste sanzioni, ma il caso viene riportato in Assemblea ed è “assicurata la pubblicità sul sito internet della Camera”.
La mancanza di sanzioni per condotte moralmente discutibili ha fatto storcere il naso al Greco. Il Senato non ha, nemmeno in questo caso, preso in considerazione i pareri del Consiglio d’Europa e infatti non sono previste sanzioni se non quelle già presenti nel suo Regolamento: se si sgarra si può venire esclusi dai lavori parlamentari per un massimo di 10 giorni.
Solo la legge sul lobbying può migliorare la situazione
Un altro punto fondamentale tralasciato nel codice di condotta del Senato è il registro della trasparenza degli incontri fra senatori e lobbisti. Questo strumento, adottato invece da Montecitorio con la decisione 208/2017, obbliga un ente, un’azienda o un ex parlamentare che incontra un deputato alla Camera a iscriversi nel Registro. Inoltre le aziende devono indicare nella propria relazione annuale quale deputato hanno incontrato. Il Registro serve per dare trasparenza agli incontri tra i parlamentari e i portatori d’interessi: a maggio 2022 risultano iscritte alla Camera 278 persone giuridiche (aziende, associazioni di categoria e altri) e 53 persone fisiche agenti a titolo individuale o per conto di persone giuridiche. Un passo avanti che il Greco ha apprezzato ma che considera insufficiente. Il Gruppo di Stati contro la corruzione infatti sottolinea la necessità di avere una legge sul lobbying. Soltanto una legge può garantire il raggiungimento di standard minimi di trasparenza e obbligare tutti – Senato, ministeri, Regioni -a introdurre un Registro sulla trasparenza, Agende degli incontri tra i decisori pubblici e i portatori d’interessi, consultazioni pubbliche obbligatorie per gli iscritti al Registro e un organismo di controllo indipendente che può sanzionare in maniera efficace chi non rispetta le regole.
La proposta di legge al momento è in esame in Commissione Affari Costituzionali del Senato, dove si stanno valutando gli emendamenti. L’iter sembra allungarsi nonostante il tempo sia davvero poco: le elezioni politiche di primavera 2023 sono alle porte. Se il disegno di legge non verrà approvato entro quella data bisognerà ricominciare da capo tutto l’iter con il nuovo Parlamento.
Una legge sul lobbying non solo è fondamentale perché costringe i due rami del Parlamento ad adeguarsi alle richieste del Greco, ma è vitale per avere maggiore trasparenza sulle scelte in merito ai fondi del Piano Nazionale Ripresa e Resilienza.
Il Senato ha l’occasione di correggere alcuni punti critici del testo approvato alla Camera a gennaio 2022, come per esempio l’esclusione degli obblighi di trasparenza di Confindustria e dei sindacati oppure la questione sulle porte girevoli: secondo la bozza di legge 2495 il periodo di raffreddamento, cioè quel lasso di tempo in cui un decisore pubblico deve aspettare prima di accettare carichi rischiosi, vale soltanto per i membri del governo. Invece il Greco e le 40 associazioni della società civile unite nella coalizione #Lobbying4Change chiedono che il periodo di raffreddamento venga esteso anche ai parlamentari.
Invitiamo il Senato a non perdere quest’ennesima occasione per rendersi più etico e trasparente, così come richiesto da oltre 19mila cittadine e cittadini che hanno firmato la petizione per chiedere questa legge.