Il cambiamento climatico potrebbe provocare nuove pandemie nei prossimi cinquant’anni. Lo ipotizza uno studio pubblicato su Nature. L’innalzamento delle temperature infatti potrebbe favorire il passaggio dei virus tra varie specie. Quindi i salti di specie (o spillover) potrebbero diventare più facili. Anche per Sars Cov 2, che ha innescato la pandemia di Covid 19, l’ipotesi che è arrivato agli esseri umani attraverso un ospite intermedio (un piccolo mammifero per esempio anche se allo stato non ancora identificato, ndr) infettato dai pipistrelli. In futuro però eventi come questi rischiano di essere molto più frequenti e preoccupanti.

Il legame tra crisi climatica e malattie è al centro di diverse ricerche da anni. Le zanzare che trasmettono la malaria, per esempio, avranno un raggio d’azione sempre più ampio con l’aumento delle temperature e delle zone calde nel pianeta. Prima però gli esperti non avevano mai ipotizzato che il surriscaldamento potesse avere effetti anche su agenti patogeni sconosciuti per il nostro sistema immunitario. Entro il 2070 molti mammiferi migreranno. Cambieranno il loro areale, cioè il loro ambiente di riferimento, e verranno in contatto con nuove specie. In questo modo “avranno più possibilità di condividere i virus”.

Lo studio su Nature ha analizzato 3.139 specie diverse. Nello scenario previsto dagli scienziati gli agenti patogeni potrebbero saltare da una all’altra in più di 4mila casi. I ricercatori non possono ipotizzare quali saranno le infezioni più diffuse, ma alcuni animali rischiano addirittura di contrarne più di una, per poi trasmetterla all’uomo. Questo fenomeno è causato dagli spostamenti delle specie, secondo Colin Carlson, biologo della Georgetown University e coautore della ricerca. Nelle nuove epidemie saranno coinvolti anche gli esseri umani: la maggior parte degli animali – dicono le previsioni – si rifugerà in “luoghi in cui abbiamo costruito città”. Quindi un virus presente in un raro roditore, con cui oggi abbiamo pochi contatti, potrebbe rapidamente passare ad animali che abitano le città e risalire la catena fino agli esseri umani.

Per avere un’idea più precisa della frequenza degli spillover, i ricercatori hanno costruito un database di agenti patogeni e dei mammiferi che li hanno contratti. Alcuni virus sono stati trovati in più esemplari, quindi hanno già compiuto un salto di specie. Hanno poi incrociato, grazie a una tecnica di apprendimento automatico, mediante intelligenza artificiale, con quale probabilità due gruppi animali rischiano di ospitare lo stesso virus. Più due specie entrano in contatto e abitano gli stessi luoghi, più le possibilità che i virus passino dall’una all’altra aumentano. Le famiglie strettamente imparentate poi – leoni, tigri o altri felini, per fare un esempio – hanno tratti biochimici in comune. Quindi i virus, già abituati a sfruttare una specie, prosperano facilmente in quelle simili. In alcuni casi sono anche capaci di eludere un sistema immunitario a cui si sono in precedenza adattati. “Riteniamo che gli spillover potrebbero avvenire più spesso a causa delle trasmissioni interspecifici che stiamo prevedendo” ha spiegato al New York Times, Gregory Albery, ecologista della malattia presso la Georgetown University e coautore del nuovo studio. Ora però c’è bisogno di raccogliere dati più dettagliati sul campo, per capire l’impatto del clima sui movimenti delle specie e saperne di più sui singoli virus.

I pipistrelli saranno osservati speciali. I gruppi nel sud est asiatico – portatori dei coronavirus che hanno causato la Sars nel 2002 o il Covid-19 – fino ad ora sono vissuti in aree limitate, senza entrare in contratto tra loro. Ma il surriscaldamento causerà migrazioni di massa e, di conseguenza, più contatti con le varie specie. Darà così modo ai virus di evolvere. Gli effetti della crisi climatica sulle malattie – affermano gli esperti – potrebbero però vedersi prima del 2070. La temperatura del pianeta infatti ha già superato gli 1,1 gradi Celsius rispetto all’era preindustriale. Secondo il modello elaborato dagli scienziati, il clima attuale è già favorevole alla trasmissione e agli spillover dei virus. “L’innalzamento delle temperature registrato fino ad adesso è stato sufficiente per mettere in moto il processo” afferma Carlson.

Lo studio su Nature

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