Leao, Maignan, Theo Hernandez, Tonali: le stelle di questo Milan, gli eroi del 19° scudetto. Ma anche Kalulu, Krunic, Messias, Saelemaekers, e persino Gabbia, Tatarusanu e BalloTourè. Vincere il campionato con questa squadra è quasi un miracolo. Qualcuno lo ha addirittura paragonato all’incredibile titolo del Leicester in Premier League del 2016, confronto che non regge perché oggettivamente il divario con le rivali non era così ampio, e perché il Milan è sempre il Milan, di una sua vittoria non ci si può mai stupire fino in fondo. Ma certo di questa strana Serie A era probabilmente la squadra meno forte fra quelle accreditate per il titolo. Alla fine, possiamo dire che ha vinto la più “scarsa”. Ma non è un insulto nei confronti dei rossoneri, anzi: proprio per questo lo scudetto non è mai stato così meritato. Quando è iniziata la stagione, del resto, non era questo l’obiettivo del Milan. Consolidare il piazzamento in Champions, continuare a crescere, essere competitivi ai massimi livelli, quello sì, ma vincere poteva essere al massimo un sogno, non certo un obbligo. Se guardiamo alle rose, non c’è dubbio che il Milan fosse quella meno attrezzata per lo scudetto. Non solo dell’Inter, che nonostante la perdita di Lukaku, Hakimi e Eriksen resta la formazione con più campioni, soluzioni, alternative. E ovviamente della Juventus, che tutti in estate davano per favorita fino all’addio di Cristiano Ronaldo, e che a gennaio ha aggiunto il centravanti più forte del campionato. Ma forse anche del Napoli, e c’è chi sostiene che persino Roma (con i suoi quasi 100 milioni spesi in estate) e Atalanta non fossero lontane dai rossoneri.

Oggi, col senno di poi, è molto facile entusiasmarsi per le parate di Maignan e le serpentine di Leao, ma la verità è che il Milan ha iniziato l’anno senza praticamente giocatori di vero valore internazionale, a parte Theo Hernandez. Lo stanno diventando adesso Leao e Tonali, due prospetti di campione, Maignan è stato un’autentica rivelazione e l’uomo che più ha fatto la differenza per lo scudetto (specie in confronto ai disastri di Handanovic e Radu all’Inter), Tomori una piacevole conferma. Quanti di loro però giocherebbero da titolari in un top club europeo? Il Milan, poi, ha fatto tutto il campionato senza un grande attaccante, con Ibrahimovic ormai ospite fisso dell’infermeria, e la sua riserva, Giroud, che a 35 anni suonati è riuscito a segnare alcuni gol pesantissimi, decisivi per il titolo (Inter, Napoli) ma certo non a garantire la continuità che serve a certi livelli. Alla fine, il miglior marcatore è stato Leao, appena sopra la doppia cifra. Vincere uno scudetto con questi numeri, questo sì, è quasi un miracolo.

Insomma, sicuramente non ha vinto la squadra più forte, e si potrebbe provocatoriamente aggiungere che ha vinto proprio la più scarsa. Ma questo non significa sminuire i meriti dei rossoneri, anzi, semmai vuol dire rimarcarli. Se nell’esito finale ha avuto chiaramente un ruolo decisivo il ridimensionamento estivo dell’Inter, e poi il doppio harakiri nerazzurro (prima nel derby a febbraio che avrebbe chiuso i giochi con mesi d’anticipo, poi nella famosa trasferta di Bologna), i rossoneri ci hanno messo tanto del loro. Il Milan è stata la squadra più costante, quella che ci ha creduto di più. Soprattutto, è stata quella che ha performato meglio. Non solo con i suoi giocatori più forti, che hanno fatto una stagione strepitosa, ma anche con tanti comprimari: l’esempio più lampante è forse Kalulu, che da gennaio si è trasformato da rincalzo della primavera in leader assoluto della difesa, ma davvero tutti hanno dato il loro contributo. Pochissime le note stonate, forse solo Brahim Diaz che ha fatto rimpiangere Calhanoglu (ma comunque la squadra ha giocato meglio senza il turco). Lo stesso Pioli ha superato i pregiudizi che lo consideravano un tecnico bravo ma non vincente, creando questo meccanismo perfetto, che ha tirato fuori il meglio da una rosa modesta. Sempre, tutti, oltre i propri limiti: dove non arriva la tecnica, ci pensava la tattica, e quando non bastava più nemmeno questa il cuore, e un pizzico di fortuna nei momenti decisivi. È stato questo il vero segreto del successo, ed è anche la ragione per cui il Milan ha meritato lo scudetto più di chiunque altro. È un po’ come a scuola: chi è davvero il più bravo, il genio che prende la sufficienza col minimo sforzo, o lo studente meno capace che però si applica tanto da prendere buoni voti? In fondo, anche questo vuol dire essere i migliori.

Twitter: @lVendemiale

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