Le elezioni australiane si sono concluse con la netta sconfitta della coalizione conservatrice al governo, guidata dal primo ministro liberale Scott Morrison. Gli elettori non hanno gradito l’approccio portato avanti da Morrison, nel corso del suo mandato triennale, nei confronti delle tante problematiche vissute dal paese: dalla questione climatica alla gestione del Covid-19. Il Partito Laburista ha conquistato la maggioranza dei voti e il suo leader Anthony Albanese sarà il primo premier di origini italiane a guidare il paese. Albanese, 59 anni, è stato cresciuto dalla madre ed ha conosciuto il padre italiano, che lo aveva abbandonato quando era ancora in fasce, appena otto anni fa. La futura ministra degli esteri Penny Wong ha dichiarato al quotidiano britannico Guardian, che il nuovo governo “lavorerà con molta energia ed affronterà nuovi temi: tra questi l’impegno a lottare contro il cambiamento climatico dopo un decennio perso”.
Albanese, intervistato dalla Bbc, ha affermato che “le imprese australiane sanno che intervenire sul cambiamento climatico può portare benefici al mondo del lavoro ed al sistema produttivo ed io voglio prendere parte a questo sforzo globale” ed ha aggiunto che l’Australia potrebbe trasformarsi in una superpotenza nell’ambito dell’energia rinnovabile. Se le elezioni daranno vita ad un parlamento bloccato è possibile che i Verdi e gli indipendenti, che propongono azioni radicali in materia, possano avere maggiore influenza sul nuovo governo.
Il primo ministro Scott Morrison è stato criticato da più parti, Casa Bianca inclusa, per la mancanza di iniziativa sul surriscaldamento globale e per un piano di emissioni zero che dipende da tecnologie prive di comprovata efficacia. L’Australia è tra i maggiori esportatori di combustibili fossili al mondo ed è l’ultima grande democrazia ad aver fissato l’obiettivo di emissioni zero entro il 2050. Albanese si è assunto l’impegno di prendere parte ai colloqui della Cop26 e di ridurre le emissioni del 43% entro il 2030 ma si è mostrato tiepido verso il carbone, che costituisce buona parte delle esportazioni dell’Australia. Il settore minerario verrà difficilmente sottoposto a limitazioni.
Gli analisti, come ricordato dal South China Morning Post, ritengono che, nonostante la coalizione Liberale ed il Partito Laburista abbiano assunto un atteggiamento duro nei confronti di Pechino, sia possibile che i progressisti adottino una diplomazia “meno provocatoria” e che l’Australia abbia bisogno di una linea politica mirante ad avere maggiori rapporti. Mark Dreyfus, esponente di spicco dei Laburisti, ha dichiarato che è necessario trovare un terreno comune con la Cina quando sono presenti interessi condivisi per dare vita ad un nuovo corso che non comprometta i valori e la sicurezza dell’Australia.
Le relazioni con la Cina sono peggiorate due anni fa, dopo una serie di controversie in merito allo scoppio della pandemia ed il governo della coalizione Liberal-Nazionale ha sfidato Pechino sfruttando l’intelligence e maggiori investimenti nella difesa. Un recente sondaggio realizzato dall’Australia-China Relations Institute ha dimostrato che l’opinione pubblica australiana riconosce che la situazione attuale non sia così a senso unico come Canberra o Pechino sembrano suggerire. Il 78% tra chi ha preso parte all’inchiesta ha risposto che, come riportato da The Conversation che “la responsabilità di migliorare le relazioni tra Australia e Cina è di entrambi i paesi”. Gli esponenti politici australiani sono fautori, da oltre un secolo, dell’applicazione della dottrina Monroe nell’ambito della propria sfera d’influenza mirante a tenere l’Australia e le isole adiacenti, come chiarito da The Diplomat, “fuori dalle mire delle potenze in competizione”. Le isole che si trovano nelle adiacenze dell’Australia sono, oggi, nazioni indipendenti e la Cina è una grande potenza che, in alcuni casi, può siglare accordi di sicurezza con loro, come dimostrato dalla vicenda riguardante le Isole Salomone.
L’immigrazione è stata la grande assente della campagna elettorale australiana, nonostante diversi esponenti del mondo degli affari abbiano chiesto che venga dato un nuovo impulso alle politiche migratorie per evitare la recessione post-pandemia. Entrambi i partiti politici hanno evitato l’argomento perché, come ricordato da Abdul Rizvi, ex vice-segretario presso il Dipartimento dell’Immigrazione, né il governo né l’opposizione potrebbero trarre alcun vantaggio politico dall’assunzione di un impegno volto ad aumentare l’immigrazione e perché nessun primo ministro l’ha fatto sin dagli anni Sessanta. “Se un primo ministro dicesse” ha chiosato Rizvi (le cui parole sono state riportate dal Sydney Morning Herald) “potenzierò il mio programma migratorio di 190mila unità all’anno verrebbe sconfitto al 100 per cento. E lo stesso accadrebbe all’opposizione”.
Ieri il presidente statunitense Joe Biden si è congratulato con Anthony Albanese. “Il presidente Biden ha riaffermato il fermo impegno degli Stati Uniti nei confronti dell’alleanza Usa-Australia e la sua intenzione di lavorare a stretto contatto con il nuovo governo per renderlo ancora più forte”, ha affermato la Casa Bianca in una nota. I due leader si incontreranno martedì al vertice dei Quad in programma a Tokyo. Felicitazioni sono giunte anche da Roma. “Congratulazioni e in bocca al lupo al nuovo primo ministro dell’Australia Anthony Albanese. Italia e Australia rafforzeranno ulteriormente la loro cooperazione per promuovere lo sviluppo sostenibile, il raggiungimento degli obiettivi climatici e la sicurezza globale”, ha dichiarato il primo ministro Mario Draghi sul profilo Twitter di Palazzo Chigi.