Tra pensionamenti e licenziamenti sono previsti 40mila medici in meno nel Servizio sanitario nazionale (Ssn) entro il 2024. Questa la stima del maggiore dei sindacati dei medici dirigenti, l’Anaao Assomed, che ha analizzato i principali fattori che determinano la carenza di medici specialisti, riconducibili ad almeno tre fenomeni: pensionamento, licenziamento e nuove attività previste.

Nel triennio 2019-2021 – evidenzia l’Anaao – sono andati in pensione circa 4mila medici specialisti ogni anno per un totale di 12mila camici bianchi. Nel triennio 2022-2024 andranno in pensione circa 10mila medici specialisti. Quindi in 6 anni il Ssn perderà 22mila medici specialisti ospedalieri per pensionamenti. A impoverire le corsie si aggiunge il fenomeno della fuga dagli ospedali. Dal recente studio Anaao, risulta che dal 2019 al 2021 hanno abbandonato l’ospedale circa 9mila camici bianchi per dimissioni volontarie. Se il trend dei licenziamenti fosse confermato anche nel triennio successivo, si licenzierebbero ulteriori 9mila medici dal 2022-2024. Tra pensionamenti e licenziamenti si arriverebbe a una perdita complessiva di 40mila medici specialisti entro il 2024.

Il terzo motivo sono le nuove attività che richiedono una implementazione delle dotazioni organiche con medici specialisti. La pandemia ha reso indispensabile il potenziamento delle terapie intensive e sub-intensive non solo dal punto di vista del numero dei posti letto da incrementare ma anche del personale che deve essere specificamente formato a questa attività. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) prevede diversi interventi, tra i quali la realizzazione degli ospedali di Comunità con circa 11mila posti letto entro il 2026.

Secondo l’Anaao Assomed, gli specializzandi sono l’ancora di salvezza per il Ssn. Coloro, però, che hanno ottenuto il contratto di formazione specialistica nel 2020 e nel 2021 (le borse sono state rispettivamente 14mila e 18mila), potranno essere utilizzati negli ospedali solo tra 4-5 anni. Nell’immediato è dunque necessario stabilizzare tutto il precariato formato durante la pandemia (9.409 unità) e inoltre contrattualizzare, per quanto necessario e possibile, quella platea di 15mila specializzandi degli ultimi anni di specializzazione che già da subito potrebbero essere impiegati per dare aiuto nelle attività ospedaliere.

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