Trecento euro al grammo. È il costo stimato dagli uffici di Luca de Meo, l’amministratore delegato del gruppo Renault, per l’adeguamento alle norme sulle emissioni di CO2 Euro 7. Intervenendo alla fiera di Parigi sull’ambiente “Change Now”, il manager italiano ha spiegato che l’aumento di prezzo delle auto della Losanga sarà intorno ai 1.000 euro a fronte di una riduzione di CO2 fra i 3 i 4 grammi. “Noi andremo incontro a costi aggiuntivi per circa un miliardo – ha dichiarato – ma dovremo scaricarli sul consumatore finale”.
Molti amministratori delegati delle case automobilistiche hanno ripetutamente criticato le politiche dell’Unione Europea anche sull’elettrificazione, incluso Carlos Tavares, il numero di Stellantis, il gruppo nato dalla fusione tra FCA e PSA. Oliver Zipse, capo di Bmw e in questo momento capo dell’ACEA, l’organizzazione che rappresenta i costruttori che operano in Europa, aveva anche recentemente messo in guardia circa la possibile nuova dipendenza del Vecchio Continente dalle materie prime necessarie per fabbricare le batterie dei veicoli elettrici, gli unici che potranno venire commercializzati dal 2035 in poi. Le criticità riguardano la provenienza dell’energia e l’infrastruttura di ricarica.
De Meo ha però puntato il dito contro le linee guida sulla riduzione delle emissioni dei motori convenzionali che stanno inducendo le case a rimodulare l’offerta abbandonando i segmenti più bassi del mercato, quelli più accessibili come lo sono l’A (le citycar che misurano fino a 3,7 metri di lunghezza) e il B (i modelli che superano di poco i 4 metri) che in Italia hanno i volumi maggiori. Alcune vetture sono già state eliminate dai listini perché gli aggiornamenti sui motori avrebbero comportato aggravi tali sui costi da renderle inaccessibili ai più e quindi insostenibile dal punto di vista economico nel rapporto tra vendite e margini. Con l’Euro 6 le emissioni devono scendere del 66%, mentre con l’Euro 7 del 66,7% con una differenza che de Meo ha quantificato fra i 3 e i 4 grammi di CO2.
Per sostenere la svolta elettrica, inevitabilmente accelerata dal dieselgate che nei fatti ha rappresentato il vero trampolino di lancio per Tesla, Unione Europea e governi hanno previsto incentivi specifici per ridurre il costo di acquisto delle auto a zero emissioni su strada. Malgrado le promesse sulle economie di scala legate soprattutto alle batterie che incidono per il circa il 40% sul costo finale, i prezzi dei veicoli elettrici non sono diminuiti. E non diminuiranno. Nelle previsioni dei top manager nel giro di qualche anno i listini saranno al massimo equiparabili a quelli delle auto con motori convenzionali che aumenteranno anche per effetto dei costi aggiuntivi legati all’adozione di altre funzioni per la sicurezza, per l’infotainment e per la guida semiautonoma.
A Parigi Luca de Meo ha fatto appello alla classe politica comunitaria, alla quale ha chiesto la disponibilità a confrontarsi con le complessità tecnologiche del comparto. “Rilevo spesso una mancanza di buon senso – ha osservato – e vedo dogmatismo e estremismo. Questo non ci avvicina affatto a soluzioni realistiche”. L’Unione Europea continua a non considerare un’opzione quella dei combustibili sintetici (eFuel) sui quali stanno investendo varie case e sembra non tenere in considerazione l’allarme della CLEPA. L’associazione continentale che rappresenta i fornitori dell’industria dell’auto ha ipotizzato la perdita di circa mezzo milione di posti di lavoro (bilanciata per meno della metà dalla creazione di nuovi: l’Italia sarebbe particolarmente penalizzata con 60.000 addetti a rischio) senza un approccio così radicale e diversificato che includa anche l’idrogeno verde e soluzioni ibride.