Calcio

Salernitana salva, nessuna favola: è una brutta storia di calcio, che stavolta ha avuto un lieto fine miracoloso

FATTO FOOTBALL CLUB - La commovente rimonta dei granata non deve far dimenticare lo scandalo che ha vissuto il nostro calcio fino a dicembre, con una squadra che non doveva neanche iscriversi a fare brutta figura in giro per l'Italia, la sorta di "esproprio" a Lotito e il mercato faraonico (ma da non prendere come esempio) del nuovo patron Iervolino. Certo le emozioni dell'Arechi ripagano la vergogna, ma anche questa deve servire da monito per i dirigenti del pallone

Dicono che la Salernitana che si salva all’ultima giornata sia una favola sportiva. Non è vero, nel campionato dei granata non c’è nulla di edificante: la Salernitana della doppia proprietà che probabilmente nemmeno avrebbe dovuto iscriversi, dei primi sei mesi di figuracce sul campo, dell’esclusione sfiorata a dicembre, della cessione societaria rocambolesca, del mercato spendaccione a gennaio, è una brutta storia di calcio tipicamente italiana. Che però stavolta ha avuto il lieto fine. Nessuno vuole sminuire la rimonta dei campani e l’esultanza commovente di mister Nicola, che ha compiuto l’ennesimo miracolo della sua carriera. Alla fine del girone d’andata la Salernitana aveva raggranellato la miseria di 8 punti in classifica, era spacciata e virtualmente già retrocessa: pensare che ora questa squadra si sia salvata all’ultima giornata spedendo in Serie B due piazze come Cagliari e Genoa, è semplicemente stupefacente. Però nemmeno si può dimenticare tutto ciò che c’è stato prima di queste magiche settimane.

La Salernitana, che adesso verrà ricordata come una delle più clamorose imprese recenti del calcio italiano, è stata anche una delle più grandi vergogne del calcio italiano. Ricordiamoci da dove nasce questa cavalcata, che in condizioni normali non avrebbe dovuto esserci. Lo scorso giugno la Salernitana si è iscritta nonostante appartenesse ancora a Claudio Lotito e le regole vietassero la multiproprietà. Per sei mesi abbiamo avuto in Serie A una squadra “sub iudice”, con la spada di Damocle di una possibile esclusione a stagione in corso, palesemente non attrezzata per affrontare la categoria (come avrebbe potuto farlo del resto un “trust” senza testa). E che infatti sul campo incassava sistematicamente sconfitte e goleade. Solo in Italia possono succedere certe cose.

A dicembre il pasticcio societario si è risolto in extremis con la cessione al nuovo patron Danilo Iervolino. Quello è stata un grande successo del presidente della Figc, Gabriele Gravina, il maggiore (l’unico?) della sua criticata gestione, perché è riuscito al contempo a vincere il braccio di ferro col “nemico” Lotito, far rispettare le regole e garantire la regolarità del torneo. Anche in quell’esito positivo, però ci sono parecchie oscurità: la cessione per una decina di milioni di una società che ne valeva almeno il doppio (figuriamoci ora, dopo aver mantenuto la categoria) è stata una specie di esproprio. Lungi dall’accusare Iervolino (che ha solo sfruttato una circostanza favorevole, anzi ha dato un futuro alla città), o difendere Lotito (che sapeva benissimo ciò a cui andava incontro), è evidente la stortura di quanto accaduto. Nemmeno quello che è successo dopo a gennaio, col mercato faraonico condotto da Sabatini, 11 giocatori pescati e strapagati in giro per il mondo, va troppo elogiato: col senno di poi ha funzionato, ma possiamo davvero considerarlo un modo virtuoso di fare calcio in provincia?

La fotografia perfetta della stagione in fondo è proprio la salvezza conquistata perdendo in casa 0-4 la partita decisiva, mentre il Cagliari non riesce a battere il Venezia ultimo in classifica: in un campionato normale sarebbero retrocesse entrambe, da tempo. D’accordo i meriti dei granata, ma la rimonta è stata possibile solo grazie al suicidio di quelle davanti. Si tratta della salvezza alla quota più bassa di sempre da quando esiste la Serie A a tre punti, e questo dovrebbe far riflettere i padroni del nostro calcio su quanto sia anacronistica la formula a 20 squadre, e sia necessario ridurre il numero di partecipanti per aumentare la competitività. Questo è ciò che dice la logica. Poi per fortuna il calcio è anche emozioni. Quello che è successo a Salerno, quello che è scattato a un certo punto nel gruppo, non si può spiegare: quando questa brutta storia sembrava destinata a scivolare nel dimenticatoio senza troppa infamia, con una retrocessione annunciata, Nicola e i suoi ragazzi hanno avuto il coraggio di crederci, e trovato la forza per inventarsi un lieto fine che nessuno pensava possibile. Questo finale supera tutte le contraddizioni, le fa sbiadire nel rosso granata che ha riempito l’Arechi. Non sarà una favola, ma questa salvezza è decisamente un miracolo. Adesso la Salernitana avrà anche un’altra occasione per scriversi una storia di calcio migliore.

Twitter: @lVendemiale