“Non so se essere più felice per tutti i libri che sto vendendo o più triste per il fatto che non verranno mai letti“. Maurizio Sbordoni, autore unico e direttore altrettanto unico della Stocazzo Editore è lapidario nel tirare le somme di questo Salone del Libro 2022. Superato quell’attimo di smarrimento iniziale, il dilemma paradossale si è impresso nella nostra mente e ci ha attanagliato per tutta la nostra permanenza al Lingotto: quella signora lì, quella che sta riempiendo di libri il carrellino della spesa, li leggerà davvero tutti? E questa ragazza che ci è appena passata sul piede con il suo trolley tronfio di volumi? Ancora, tutti i bimbi qui festanti con genitori e nonni? E tutte le migliaia di persone che hanno affollato i padiglioni? Ci piacerebbe tanto saperlo. Certo è che questa edizione 2022 passerà alla storia per i suoi numeri record, sia in termini di espositori ed eventi in programma, che – sopratutto – di presenze. I dati ufficiali parlano di oltre 168mila presenze, un nuovo primato che surclassa quello della recente edizione dell’ottobre 2021. Sabato la giornata con più accessi in assoluto: già dalle 8 del mattino c’erano code chilometriche ai varchi di accesso del Salone, serpentoni umani come non si vedevano dai tempi pre-Covid che si snodavano dall’uscita della metro riempiendo non solo tutto il piazzale del Padiglione Lingotto ma anche via Nizza e gli ingressi secondari. Migliaia di persone armate di biglietto e santa pazienza pronte ad affrontare non solo le attese ma in primis il caldo torrido (a Torino il termometro ha superato abbondantemente i 32 gradi) in nome dei libri. Una marea umana sorniona e chiassosa, questo è il popolo dei lettori accorso per la movida letteraria.
Mappe dei padiglioni esaurite, programmi cartacei degli eventi idem, ore di attesa per conquistare un posto nelle sale delle presentazioni, file pure per rifocillarsi nei tanti bar presenti: neanche gli addetti ai lavori si aspettavano un simile “sold out”. Le case editrici si dicono “felicemente sorprese” dell’affluenza copiosa, gli scrittori non sentono più la mano a furia di firmacopie e grondano sudore sotto le loro impeccabili giacche. L’aria condizionata c’è ma non si sente, la temperatura interna è pressoché identica a quella esterna. Una storica ufficio stampa di una importante casa editrice romana segna 30 saloni del libro sul proprio carnet ma un successo così dice di non averlo mai visto. Tra gli stand c’è grande fermento, un sincero interesse verso un mondo, quello dei libri, sempre più bistrattato nell’epoca dei social. È commovente veder ripagato l’impegno dei medio piccoli editori che hanno curato maniacalmente i loro stand facendo un accurato lavoro di ricerca e selezione di titoli attuali e d’archivio da esporre. E poi offrono esperienze: allo stand de Il Saggiatore l’autrice del libro “Astrologia quotidiana”, Francesca Coppola, fa consulti gratuiti, un barman offre cocktail ispirati a quelli più amati dagli scrittori e raccontati in “Bere come un vero scrittore”; per non dire dei disegnatori di manga e di fumetti, autentica orda grafomane, che si prestano a richieste di personalizzazione quasi intime come Virginia Salucci che per il suo Young Dr. Beagle (Poliniani editore) si diletta in un disegno che pare a china per un quarto d’ora. Battono cassa, elargiscono sorrisi, scambiano opinioni con i lettori e biglietti da visita con i giornalisti. Per essere qui, i piccoli, al Salone, hanno investito tra i 10 e i 15mila euro e molti di loro stimano un ritorno sui 17 o anche 20 mila. Ne vale decisamente la pena, lo sanno bene anche i “big”, che arrivano a sborsare anche 70mila euro per aggiudicarsi gli stand più grandi, nei punti di passaggio più caldi. Gli spazi delle grandi compagnie editoriali sono vere e proprie librerie, al pari di quelle nelle stazioni o in centro città: puntano tutto sui titoli più in voga del momento, organizzano un palinsesto fittissimo di incontri con gli autori di grido e fanno “bingo”. Tre ore di coda per sperare di ascoltare Alberto Angela, altrettante per Roberto Saviano, tutto esaurito per Luciana Littizzetto, Daria Bignardi, Francesca Michielin o Giorgia Soleri. Per non dire della folla curiosa e caliente che ha accolto June Plà, autrice di Club Godo (L’Ippocampo), dopo quasi due anni dalla pubblicazione del suo libro cult sul sesso.
Insomma, non si può che gioire per il successo del SalTo e, se si guarda poi ai segnali che arrivano dai dati sulle vendite nei primi quattro mesi del 2022, c’è davvero da guardare con fierezza al mercato editoriale italiano. Inevitabile, però, una riflessione sul risvolto della medaglia: questo è stato il primo Salone con Covid “endemico”, senza GreenPass né mascherina obbligatoria, o meglio, l’obbligo di Ffp2 era limitato alle sale dove si tenevano incontri e presentazioni. Pochi, pochissimi, i prudenti che l’hanno tenuta per tutto il tempo nei padiglioni. Neanche a dirlo, impossibile qualsivoglia distanziamento. Qualche attenzione in più, in primis nel contingentamento delle presenze, sarebbe stata doverosa visti i 20-30mila contagi giornalieri ancora registrati dai bollettini ufficiali.