Mentre si registrano nuovi casi nel mondo del cosiddetto “vaiolo delle scimmie” (gli ultimi dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, alla data di sabato indicavano 92 casi confermati in paesi dove la malattia non è endemica e 28 sospetti), ed ora si registra un nuovo caso anche in Toscana, arriva il via libera dalla Food and Drug Administration alla formulazione endovenosa di un farmaco usato per combattere il vaiolo, che potrebbe risultare decisivo anche nella lotta al vaiolo delle scimmie. L’azienda che lo produce, la SIGA Technologies, con sede a New York City, ha dichiarato che la formulazione endovenosa del TPOXX – questo il nome del farmaco – è particolarmente importante per coloro che non si trovano nelle condizioni di deglutire la versione orale. “La formulazione orale del TPOXX (tecovirimat) è approvata negli Stati Uniti, Canada e Europa per la cura del vaiolo. L’approvazione europea include anche il trattamento del vaiolo delle scimmie”. La società, inoltre ha segnalato che il presidente Usa, Joe Biden, ha recentemente presentato una richiesta di budget per utilizzare il farmaco per curare il vaiolo delle scimmie, il che significa che potrebbe essere destinato a diventare uno dei trattamenti primari per il virus negli Stati Uniti.
Intanto la ricerca è all’opera per comprendere meglio la natura e le conseguenze della malattia. In una intervista rilasciata al “Daily Mail”, l’esperto di malattie infettive, dottor Amesh Adalja della Johns Hopkins University, ha spiegato che i pazienti con il vaiolo delle scimmie potrebbero trasmettere la malattia fino a quattro settimane dopo la comparsa dei sintomi. Questo perché possono essere necessarie diverse settimane per la scomparsa delle lesioni cutanee originate dal virus, cui è legata la contagiosità dei soggetti colpiti. Le persone che contraggono il virus inizialmente soffrono di febbre prima che appaiano eruzioni cutanee e lesioni cutanee sul viso e sul corpo. Il virus può quindi essere trasmesso per contatto con le aree colpite o tramite goccioline espulse con tosse e starnuti. Gli scienziati affermano che è possibile che il virus sia trasmesso anche sessualmente. Nello specifico, ad esempio, Fernando Simón, che dirige il centro di coordinamento del ministero della Salute spagnolo per gli allarmi sanitari e le emergenze, citato dalla rivista Science ha affermato che tutti e sette i casi confermati segnalati il 19 maggio in Spagna erano persone msm (uomini che hanno rapporti sessuali con altri uomini) o transgender che avevano partecipato a feste. “Finora, l’ipotesi più accettabile è che si trasmetta dopo il contatto con le lesioni”. Ma sottolinea che la trasmissione potrebbe essere avvenuta per un contatto che non ha coinvolto necessariamente atti sessuali, aggiungendo che alcuni gruppi sui social media hanno utilizzato queste informazioni per attaccare gay, bisessuali e transgender, senza evidentemente tenere conto – tra le altre cose – proprio dei limiti delle informazioni attuali.
Sempre sul fronte della ricerca, la testata New Scientist ha riportato la notizia della pubblicazione dei primi dati sul genoma del vaiolo delle scimmie che rivelerebbero uno stretto legame con un ceppo del 2018. La sequenza genetica dimostrerebbe che il virus ora in circolazione è del tipo di quello mite presente in Africa occidentale, collegato al ceppo di vaiolo delle scimmie scoperto nel Regno Unito, in Israele e a Singapore nel 2018 e nel 2019. I risultati provengono da un team di ricerca in Portogallo. Le ricerche rimangono ad ogni modo incomplete, data la vastità e la complessità del genoma del virus. Il team portoghese, dell’Instituto Nacional de Saúde ha sequenziato un campione del virus prelevato da un paziente maschio il 4 maggio. Anche i team di altri paesi stanno sequenziando i campioni virali, ma il team di Gomes è stato il primo a rendere pubblica una sequenza. Gustavo Palacios della Icahn School of Medicine al Mount Sinai, New York, sentito da New Scientist afferma che la bozza della sequenza dal Portogallo ha troppe lacune per trarre conclusioni definitive, ma che ha visto una sequenza più completa di un team in Belgio. “Per quanto posso vedere, sembra essere identico a quello nel Regno Unito nel 2018”, afferma Palacios. “Questo è un po’ strano.” Nel 2018, ci sono stati tre casi nel Regno Unito dopo che una persona di ritorno dalla Nigeria ha infettato altri due membri della sua famiglia. Man mano che vengono sequenziati più campioni, dovrebbe diventare chiaro se, come sospettato, una singola variante del vaiolo delle scimmie sia responsabile di tutti i casi dell’ultimo focolaio. Ma stabilire se c’è qualcosa di unico in questa variante non sarà facile. Soprattutto comprendere se il ceppo gode di particolari caratteristiche genetiche che ne accentuino la trasmissibilità umana.
Gianmarco Pondrano Altavilla