In totale nell’indagine anticamorra della Dda di Napoli erano state emesse 35 misure cautelari (17 in carcere, 17 domiciliari e un obbligo di presentazione) nei confronti di altrettanti indagati, tra cui imprenditori, "colletti bianchi" del clan e dirigenti all’epoca dei fatti di Rete Ferroviaria Italiana
Il Tribunale del Riesame di Napoli ha scarcerato e disposto gli arresti domiciliari per il 68enne Nicola Schiavone, arrestato il 3 maggio scorso nell’ambito dell’indagine della Direzione distrettuale antimafia su un giro di appalti di Rete ferroviaria italiana finiti a imprese ritenute vicine al clan dei Casalesi. Schiavone è considerato dagli inquirenti una figura di spicco dell’inchiesta, in quanto ritenuto amico e prestanome di lungo corso del capoclan dei Casalesi Francesco “Sandokan” Schiavone: per l’accusa, l’imprenditore è riuscito a entrare in contatto con i vertici di Rfi avvalendosi della sua figura di consulente delle ditte. Nella lunga udienza di lunedì, i pm Antonello Ardituro e Graziella Arlomede avevano depositato altri atti a sostegno dell’ipotesi di riciclaggio del denaro del clan, in particolare “pizzini” scambiati tra gli indagati, assegni e anche annotazioni delle forze dell’ordine. Nicola Schiavone, accostato anche ad ambienti massonici, ha respinto tutti gli addebiti e si è detto vittima delle sue origini per essere nato a Casal di Principe, il paese del Casertano “patria” degli Schiavone.
Con Nicola Schiavone erano stati arrestati anche il fratello Vincenzo (anche quest’ultimo scarcerato) e il presunto boss Dante Apicella, tutti ritenuti elementi di primo piano dei Casalesi almeno dagli anni ’80, già coinvolti nel maxiprocesso ai Casalesi “Spartacus” (Apicella e Vincenzo Schiavone furono condannati mentre Nicola è stato assolto). In totale nell’indagine anticamorra erano state emesse 35 misure cautelari (17 in carcere, 17 domiciliari e un obbligo di presentazione) nei confronti di altrettanti indagati, tra cui imprenditori ritenuti in affari con la fazione Schiavone della camorra casalese, “colletti bianchi” del clan e dirigenti all’epoca dei fatti di Rete Ferroviaria Italiana.
Nei giorni scorsi il Riesame ha però già annullato alcune ordinanze scarcerando almeno sette persone, tra cui i quattro fratelli Diana (difesi da Giuseppe Stellato), accusati di essere vicini ad Apicella. Per l’accusa gli ex dirigenti Rfi avrebbero ricevuto in cambio degli appalti assegnati alle imprese del clan costosi regali, come preziosi gemelli d’oro Cartier da 600 euro, “stipendi” di mille euro mensili, soggiorni da oltre 9mila euro in costiera sorrentina con tanto di prestazioni accessorie, e anche promozioni di carriera. Ieri, ai magistrati, ha replicato classificando come “delle gentilezze” quello che invece veniva definito dagli inquirenti il prezzo della corruzione. Tra gli appalti aggiudicati a ditte riconducibili alla fazione Schiavone figura, secondo la Dda, anche quello riguardante le centraline di sicurezza.