“Bisogna abolire i dress code che obbligano ad un’omologazione: un ragazzo deve sentirsi libero di mettere uno smalto, per esempio. E canottiera e pantaloncini con questo caldo significano sopravvivenza, non è questione di decoro”: sono le parole che Tommaso Biancuzzi, studente 23enne di Lettere antiche, ha detto a Repubblica di oggi. La discussione sull’opportunità dei regolamenti del vestiario nelle scuole e nelle università si è riaccesa in questi giorni, dopo che un insegnante di Genova – in una discussione sui social – ha scelto la strada dell’insulto (la parola che inizia con la z) nei confronti di un’alunna del liceo classico Albertelli di Roma: “Avrà quello che si merita non appena troverà un superiore nella vita lavorativa” è il contributo che ha consegnato al suo uditorio. Il commento è stato scritto sotto un post di Facebook di una professoressa di liceo che lamentava del fatto che aveva fatto notare ad un’alunna che si era vestita in modo “non adeguato in base al regolamento” e aveva ricevuto la risposta secca della studentessa: “E chi lo dice? Come si permette? Vogliamo andare a continuare dal preside?”. Dopodiché, l’alunna si sarebbe presentata in vicepresidenza assieme a mezza classe per “denunciare l’accaduto”.
Per Biancuzzi, che parla a nome dei liceali in quanto coordinatore nazionale della Rete degli studenti medi, “non ha senso parlare di dress code nel 2022. Specialmente se è un modo per stigmatizzare ed escludere, come successo nel 2019 a un 13enne di Scampia: la preside non lo fece entrare in classe a causa della testa parzialmente rasata e delle treccine blu elettrico”. E aggiunge che “un docente deve valutare lo studente per quel che ha appreso e non per cosa indossa”: un ragazzo, continua Biancuzzi, deve sentirsi libero di mettersi lo smalto – ma diversi episodi testimoniano la contrarietà dei dirigenti scolastici – e allo stesso modo una ragazza deve sentirsi libera di tingersi i capelli d’arancione o di indossare una gonna o una canottiera. “Sdoganiamo questo tabù del corpo delle donne: le braccia scoperte sono sopravvivenza, col caldo torrido di questo periodo”. La maggior parte degli insegnanti poi, per Biancuzzi “non è così bacchettona” come viene descritta: “Potrebbe giovare anche a loro la revisione di questi codici, visto che nella maggioranza delle scuole pubbliche italiane non ci sono impianti di condizionamento e – a causa del riscaldamento globale – fa nettamente più caldo di 20-30 anni fa”. Rivedere i codici, non cancellarli del tutto, anche se “a nessuno verrebbe mai in mente di andare a scuola in costume e infradito, e potrebbe bastare affidarsi al buon senso”.