Media & Regime

Donatella Di Cesare sa difendersi da sola, ma voglio dire la mia sulle parole di Aldo Grasso

Donatella Di Cesare sa difendersi da sola e non ha bisogno delle mie parole. È evidente da ciò che scrive da anni, non solo nei libri, ed emerge con chiarezza in “Aria di squadrismo ‘democratico’ contro chi dissente” (il Fatto, 16 maggio), dove risponde, coi toni e l’intelligenza che le sono propri, all’attacco di Aldo Grasso dalle pagine del Corriere. Non ci sarebbe bisogno d’aggiungere altro, dunque, se dal testo di Grasso non emergessero rozzezza, malafede, volgarità, che Di Cesare non ha voluto evidenziare. Invece occorre farlo. Perché adesso anche basta con questo signore che dalla cattedra del Corriere spara contro tutti, difendendo, sempre, il sistema di potere in cui s’è accomodato.

1) Rozzo e personalistico. Non saprei definire diversamente un testo che, invece d’argomentare, denigra: è una “docente di filosofia teoretica all’Università ‘La Sapienza’ di Roma (mica pizza e fichi)”.

2) La malafede. Grasso si crea un comodo bersaglio per colpire meglio: Di Cesare parla d’annessione di Svezia e Finlandia, “non conosce la storia e nemmeno la lingua italiana… non sa distinguere ‘annessione’ da ‘adesione’.” Dove la malafede (evidente) sta nel nascondere l’uso provocatorio del termine e l’aspetto polisemantico del linguaggio. E così, la filosofa che ha studiato a Tubinga e Heidelberg; che dialogava in tedesco con Gadamer; che ha frequentato Derrida; che ha denunciato con forza l’antisemitismo (vedi Heidegger e gli ebrei. I “quaderni neri”); la filosofa che legge Sartre in francese e Aristotele in greco è diventata un’ignorante che non sa distinguere “annessione” da “adesione”, a cui si può consigliare (senza vergognarsi) di tornare sui libri. Un attacco a mio avviso indecente, e anche irrispettoso dei lettori del Corriere, tra i quali qualcuno potrebbe prendere per vere le sue parole.

3) La volgarità. L’ho vista nel tentativo non riuscito di fare l’ironico (ha parlato d’annessione per via “dell’inconscio suggestionato dalla teoretica putiniana”) e nella lezioncina (al volgo) da quinta elementare: “L’Austria nel 1938 è stata annessa (Anschluss) alla Germania. La verità è che Grasso dovrebbe guardare meno televisione e leggere qualche libro in più. Magari Sulla vocazione politica della filosofia di Donatella Di Cesare, dove troverà che la filosofia, attenta alla Polis, si preoccupa da sempre di leggere la complessità e di trovare le cause di ciò che accade. Certo ci sono stati tempi in cui i filosofi hanno dovuto scappare per non essere uccisi. Aristotele fuggì da Atene per non fare la fine di Socrate. È che la filosofia argomenta e disturba. E disturba perché argomenta. Dunque, gli intellettuali non allineati col pensiero dominante (da Massimo Cacciari a Donatella Di Cesare a Massimo Fini) vanno “uccisi”; per fortuna con pallottole di carta, oggi, da giornali che davvero operano “uno squadrismo ‘democratico’ contro chi dissente”.

Ha ragione Di Cesare, “Attenzione a non diventare in nome della democrazia censori ideologici, inquisitori dogmatici.” Il Fatto Quotidiano, anche da questo punto di vista, resta una palestra di libertà e pluralismo. Stupisce che una persona colta e sensibile come Furio Colombo, di cui ho stima, sottovaluti quest’aspetto. Insopportabile scrivere a fianco di Orsini? E scrivere a fianco di uno in malafede come Grasso, allora? Pluralismo è coesistenza di pensieri diversi anche (e forse soprattutto) sullo stesso giornale. È comprensibile che la guerra crei conflitti d’interpretazione, è sempre stato così, l’importante è ancorarsi al principio di fondo: la libertà d’opinione. “La libertà è un bene comune – scrive Unamuno -, e se di essa non godono tutti, non saranno liberi neppure coloro che si reputano tali”.

Post-scriptum. Colombo, intervistato da Flores D’Arcais su Micromega, dichiara che il suo articolo di domenica 8 maggio “non è stato pubblicato”. Travaglio replica sul Fatto: “Per amicizia… ho finora evitato di rispondere… Ma quella che sia lui il censurato… è troppo grossa per lasciarla correre. L’unica censura in tutta questa storia è quella che Colombo pretendeva da me, quando mi ha ripetutamente chiesto di cacciare dal Fatto il professor Orsini, ‘reo’ di non pensarla come lui.” È doloroso che persone come Cacciari, Fini, De Cesare, Orsini vengano attaccati perché hanno “pensieri diversi”; è doloroso che il pluralismo delle idee provochi lacerazioni di antiche amicizie. Effetti della guerra. Speriamo finisca presto e si torni tutti alla razionalità, a quella capacità di discernere così ben esaltata da Erasmo quando vedeva “le ragioni di coloro che hanno torto, e la parte di torto presente un coloro che hanno ragione.” Io vorrei leggere ancora Colombo sul Fatto, i suoi testi sono godibili anche quando con alcuni contenuti non si concorda in pieno.