Ll prete, secondo l'ipotesi della procura, avrebbe anche fruito di una cospicua donazione di denaro effettuata da una anziana benestante che avrebbe trasferito la sua residenza nell'istituto. Indagate altre tre persone tra cui due consiglieri comunali
C’è anche un sacerdote tra gli indagati nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Gela per truffa e corruzione. Per don Giovanni Tandurella, parroco della Chiesa Madre di Piazza Armerina, il giudice per le indagini preliminari ha disposto gli arresti domiciliari. L’inchiesta è nata nel 2020 dopo il passaggio di gestione dell’Ipab (Istituzioni pubblica assistenza e beneficenza)”Antonietta Aldisio” di Gela e le denunce dei familiari, almeno una quindicina, degli ospiti della residenza per anziane. Don Tandurella, già presidente della struttura pubblica e ora parroco della cattedrale di Piazza Armerina, secondo l’accusa avrebbe utilizzato i soldi per acquistare un appartamento a Gela e per effettuare dei lavori edili nella chiesa Santa Maria di Betlemme, sempre a Gela, dove era parroco. Il prete, inoltre, avrebbe anche fruito di una cospicua donazione di denaro effettuata da una anziana benestante che avrebbe trasferito la sua residenza nell’Ipab. Il gip ha invece disposto l’interdizione per un anno dai ruoli societari dell’Ipab, Renato Mauro ed i consiglieri comunali di Fratelli d’Italia Sandra Bennici e Salvatore Scerra. Tutti e tre hanno obbligo di presentazione alla Polizia giudiziaria.
La struttura per anziani era stata già commissariata dalla Regione nel dicembre 2019. Il giudice ha disposto anche il sequestro di immobili e somme in denaro, 75mila euro, e di diversi conti correnti riconducibili al sacerdote gelese. Gli indagati sono accusati di corruzione per un atto contrario ai doveri di uffici, falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici, circonvenzione d’incapace, truffa, appropriazione indebita e riciclaggio. Secondo gli inquirenti il sacerdote avrebbe affidato la struttura pubblica alla società La Fenice di Mauro, eludendo le procedure previste in materia di appalti pubblici. In più avrebbe svenduto la struttura cedendola in locazione alla società La Fenice a un canone inferiore a quello di mercato, ottenendo in cambio denaro versato a un suo congiunto. I familiari delle ospiti dell’Ipab avevano segnalato, già nel gennaio del 2020, il grave peggioramento delle condizioni di vita delle ricoverate a fronte di un cospicuo aumento delle quote di partecipazione alle rette per garantire il soggiorno.
“Ho voluto attendere che ulteriori dettagli emergessero dalla conferenza stampa in Procura, prima di esprimermi sulla grave vicenda dell’Ipab Aldisio. Una vicenda che non fa bene all’immagine della città, ma che è importante perché lancia un messaggio ben preciso: lo Stato c’è e la legge fa il suo corso. Nessuno può pensare di agire illecitamente e non essere scoperto – dice il sindaco di Gela, Lucio Greco – Naturalmente, non è affatto il momento delle sentenze ma voglio, comunque, esprimere la mia vicinanza alla Procura e agli organi inquirenti per il lavoro certosino condotto in questi due anni, oltre che, ovviamente, alla magistratura. Quello che si sta scardinando sembra essere un sistema fraudolento e corrotto, ed è giusto che vengano fuori fatti e nomi. I carabinieri, questa mattina, sono arrivati anche a Palazzo di città ed è stata l’occasione per dare e garantire la massima collaborazione per il presente e il futuro dell’indagine. In tutto questo, credo che un doveroso ringraziamento vada anche alle vittime che non si sono lasciate intimidire, non si sono voltate dall’altra parte, non hanno subito passivamente, ma hanno denunciato con determinazione e coraggio. Quello che tutti dobbiamo imparare a fare, se vogliamo consegnare ai nostri figli e ai nostri nipoti una città libera da clientelismo e malaffare”.