Il leader di Italia Viva rilancia la sua battaglia contro la misura di sostegno ai poveri e annuncia l'inizio della "raccolta ufficiale" il prossimo 15 giugno. Norma alla mano, però, visto che a marzo 2023 scade la legislatura il primo periodo utile per una consultazione sarà tra aprile e giungo 2025. Conte lo attacca: "Un giorno sarà ai banchetti per togliere aiuti alle fasce di popolazione in difficoltà economica e un altro in Arabia Saudita per continuare le sue conferenze"
Ci risiamo: un anno fa, a inizio luglio, Matteo Renzi dal palco di Confindustria annunciava “un referendum abrogativo sul reddito di cittadinanza”. Due mesi di martellante campagna sul tema, poi improvvisamente il silenzio. Fino ad oggi: “Vogliamo abolire il reddito di cittadinanza e come previsto dalla legge dal 15 giugno partirà la raccolta ufficiale di firme“, annuncia Renzi. Chissà se il quesito sarà sempre quello che il leader di Italia Viva al Tg4 ormai nove mesi fa, oppure se verrà aggiornato. Intanto però c’è una certezza: la legge, nello specifico l’articolo 31 della 352 del 1970, prevede che non possa essere depositata richiesta di referendum “nell’anno anteriore alla scadenza di una delle due Camere e nei sei mesi successivi alla data di convocazione dei comizi elettorali per l’elezione di una delle Camere medesime”. Visto che la legislatura scadrà a marzo 2023, nel 2022 e nel 2023 non potrà essere depositato nulla. Le richieste potranno ricominciare a partire da gennaio 2024 e di conseguenza l’eventuale referendum potrà essere indetto solo tra metà aprile e metà giugno 2025. Quindi, per cosa vuole raccogliere le firme Renzi, se la prima finestra utile per una consultazione elettorale sarà tra tre anni?
Vogliamo abolire il reddito di cittadinanza e come previsto dalla legge dal 15 giugno partirà la raccolta ufficiale di firme. Ma vogliamo soprattutto cambiare il mondo del lavoro per i più giovani. Ne parliamo stasera al Talent Garden di Roma e su @radioleopoldait pic.twitter.com/I0xdLBHyly
— Matteo Renzi (@matteorenzi) May 24, 2022
L’ex premier è ripartito a demonizzare il reddito di cittadinanza, come un anno fa. “Al peggio non c’è mai limite. Non solo non si interessano delle persone in difficoltà, ora le umiliano anche”, commenta su Facebook il leader del M5s, Giuseppe Conte. Che sottolinea la convergenza tra Matteo Renzi e Giorgia Meloni: la senatrice di Fratelli d’Italia Daniela Santanchè a “Non è l’arena” (La7) nei giorni scorsi ha insultato un percettore del reddito di cittadinanza. “Lo umilia pubblicamente accusandolo di non essere un esempio dignitoso per i suoi figli e intimandolo di andare a lavorare perché è ‘robusto’ e ‘paffuto'”, scrive Conte. Che poi aggiunge: “Sono dei Robin Hood al contrario. Tanto che alcune settimane fa il partito di Meloni ha lanciato una brillante proposta: togliere reddito e pensioni di cittadinanza agli italiani che non riescono a sopravvivere per investire sulle armi, con occhio molto attento alle lobby di settore”. La stessa accusa viene rivolta a Renzi: “Ha appena annunciato di voler raccogliere le firme per togliere a centinaia di migliaia di famiglie, di giovani precari, anziani e disabili un reddito che gli permette di arrivare a fine mese”. Poi Conte attacca: “Il programma è già pronto: un giorno sarà ai banchetti per togliere aiuti alle fasce di popolazione in difficoltà economica e un altro in Arabia Saudita per continuare le sue conferenze lautamente retribuite che magnificano il rinascimento democratico, giusto per arrotondare lo stipendio da senatore”. Quindi il leader M5s conclude: “Meloni e Renzi si intendono benissimo, soprattutto su un punto: forti con i deboli e molto sensibili, invece, verso gli interessi di chi già conta, e tanto”.
La narrazione smentita dai dati
Anche a livello mediatico, con l’arrivo dell’estate, è ripartita la campagna contro la misura di sostegno ai poveri. Da Flavio Briatore ad Al Bano, fino al ministro leghista Massimo Garavaglia, a dimostrazione di una convergenza sul tema anche tra Italia Viva e Lega, con Matteo Salvini che la scorsa estate fu tra i pochi a rilanciare la campagna di Renzi. E poi la solita narrazione della mancanza di lavoratori per colpa del reddito di cittadinanza, sempre smentita dai dati. L’ultimo lamento è arrivato dal Veneto, dove però nei primi due mesi di quest’anno solo 28.600 famiglie hanno ricevuto il sussidio. Un impatto sensibile sull’offerta di lavoro va escluso, anche perché il beneficio medio in Veneto quest’anno è stato di 502 euro al mese. Una cifra che non rende certo poco appetibile uno stipendio, se congruo.
“Vogliamo cambiare il mondo del lavoro per i più giovani”, scrive Renzi nel suo post sui social in cui annuncia la raccolta firme per abolire il Rdc. “Ne parliamo stasera al Talent Garden di Roma e su Radio Leopolda”, aggiunge il leader di Italia viva. L’iniziativa si chiama “Né choosy né bamboccioni, ma protagonisti del proprio futuro” e il comunicato che presenta la serata spiega: “Un momento di confronto per fare il punto e lanciare proposte su una delle vere emergenze del Paese: sono 3 milioni i giovani inattivi in Italia, ragazzi e ragazze tra i 15 e i 34 anni che non stanno né studiando né lavorando. Un record negativo assoluto a livello europeo”. Un anno fa, la campagna di Renzi martellava proprio su questo punto: secondo l’ex premier, il reddito di cittadinanza “uno strumento che abitua la nuova generazione a vivere di sussidi”. È la famosa “teoria” dei ragazzi che preferiscono prendere il reddito e stare a casa sul divano. Un’altra tesi che finora non ha mai trovato riscontro nei dati Istat: lo scorso anno i contratti stagionali attivati hanno raggiunto il livello record di 920mila, ovvero oltre 260mila in più rispetto al 2018, quando il reddito di cittadinanza non esisteva. Senza dimenticare che il ragionamento fatto per il Veneto vale anche a livello nazionale: nei primi due mesi del 2022 sono 1.413.241 le famiglie percettrici e l’importo medio erogato a livello nazionale è stato di 564,76 euro. Sotto la soglia di uno stipendio che possa essere considerato appetibile.
Il culmine della sua campagna contro il Rdc Renzi lo aveva raggiunto il 2 settembre scorso, quando al Tg4 aveva annunciato il testo del quesito referendario. Da quel momento più nulla: nessun comitato promotore, nessuna macchina organizzativa. Una settimana dopo, a L’Aria che tira su La7 aveva già cambiato versione e diceva di aver raggiunto il suo obiettivo: “Aver permesso di aprire la discussione sul reddito di cittadinanza ha portato al fatto che Draghi lo cambierà“. Falso. Il presidente del Consiglio Mario Draghi era già stato chiaro: “Il concetto alla base del reddito di cittadinanza io lo condivido in pieno”. E il comitato per la valutazione del reddito di cittadinanza era già attivo da marzo 2021, per introdurre correttivi e miglioramenti. A maggio 2022, con le Comunali alle porte e le elezioni politiche all’orizzonte, Renzi infatti rilancia la raccolta firme per un referendum che, se mai ci sarà, si terrà solamente tra tre anni.