È la coppa di Josè Mourinho, che vince sempre, non importa dove, cosa e come. Che riporta la Roma a un titolo europeo che mancava praticamente da sempre, all’Italia da oltre un decennio: dalla Champions dell’Inter 2010 alla Conference League della Roma 2022. Da Mou a Mou. Ma è soprattutto la coppa della Roma, per Roma. Una città intera in festa, a casa, nelle strade, allo stadio Olimpico gremito senza nessuno in campo, a Tirana in Albania. Così tanto valgono l’1-0 contro il Feyenoord e quel gol di Zaniolo, capitalizzato con 90 minuti bruttissimi, di calcio all’italiana, difesa e contropiede, poi solo catenaccio. Un piccolo pezzo di storia del calcio romano e romanista. In fondo, anche italiano visto che di questi tempi non c’è troppo da fare gli schizzinosi e un trofeo internazionale è pur sempre un trofeo.

Se ci si interrogava sul valore della Conference League, manifestazione riuscitissima ma pur sempre limitata, la finale dà tutte le risposte di cui avevamo bisogno. Partita scorbutica, proprio inguardabile nel primo tempo, quando la Roma costruisce il suo trionfo, poi vibrante ma ricca di errori e imprecisioni nella ripresa, quando la difende con le unghie e con i denti. Scarsi valori tecnici, emozioni vere. In fondo, è quello che conta nel calcio.

La posta in palio è alta, soprattutto per le due squadre. Non solo la Roma, la cui epica di questa coppa l’abbiamo tastata con mano nelle ultime settimane. Anche per il Feyenoord, terza squadra d’Olanda, un palmares comunque più ricco dei giallorossi che però proprio nessuno s’immaginava di vedere in una finale europea, senza grandi individualità, a parte il difensore argentino Senesi (che qualcuno nella disperata penuria di talenti aveva pensato anche di convocare nella nazionale azzurra), il turco Kokcu, l’ala colombiana Sinisterra. Abbastanza poco per impensierire la Roma. Ma al netto dell’assedio conclusivo, i poveri olandesi sono finiti dritti nella bocca della volpe Mourinho, troppo esperto, troppo furbo per non vincere una finale così.

Le squadre all’inizio si studiano, con prudenti tentativi di cercare il pertugio giusto, stando attente a non scoprirsi. La prima svolta è in negativo: Mkhitaryan, che non giocava da un mese, evidentemente non era pronto. Dopo solo un quarto d’ora alza bandiera bianca, lo sostituisce Oliveira. La parola svolta in realtà è un eufemismo, prima e dopo non succede niente. Mezz’ora di calcio desolante, d’accordo che è una finale e non di Champions, ma così è davvero troppo poco. Ci vuole un episodio, arriva. Non il colpo del campione, ma lo svarione del difensore: su un cross innocuo dalla trequarti, Trauner sbaglia il tempo e buca l’intervento. Zaniolo invece è bravissimo: stoppa di petto e in equilibrio precario beffa il portiere olandese. È 1-0, è tutto ciò che chiedeva Mourinho.

Quasi infastidito, richiama i suoi in panchina dall’esultanza. Fa bene, lui sa come si vincono le finali. Ma sta bluffando: il vantaggio mette la gara sul piano tattico a lui preferito. Il Feyenoord, già inferiore, già sfavorito, non sembra avere la più pallida di idea di come ribaltare la partita. Gli olandesi possono solo metterci un po’ di intensità, ma la fanno bene. E in effetti, subito ad inizio ripresa, costruiscono due occasioni clamorose per pareggiare, le migliori che avranno fino alla fine: due legni, il primo in mischia su angolo, il secondo con un mancino terrificante da fuori di Malacia deviato sul palo da Rui Patricio.

È una partita completamente diversa ora, veloce, rapida, emozionante. Sul ribaltamento di fronte Abraham è troppo ingenuo, troppo onesto a non cadere su una trattenuta evidente da ultimo uomo: quando si è allungato la palla, è tardi per reclamare un fallo che ci sarebbe stato. Nel momento peggiore, Mourinho non ha certo paura delle sue idee. Inizia a coprirsi, già a mezzora dalla fine: toglie Zaniolo per Veretout, che quasi non trova il raddoppio subito. Anche senza gol, la mossa sortisce il suo effetto. La Roma non ha più energie, idee. Solo difesa, anzi proprio catenaccio nel finale. Ma dall’altra parte la qualità scarseggia e il Feyenoord non va oltre un assedio generoso, sconclusionato, soprattutto sterile. Di fatto, i giallorossi non rischiano più nulla fino al 90esimo. Fino al fischio finale che significa trionfo. Un successo europeo dopo oltre 60 anni. Un titolo, uno qualsiasi, che mancava dal lontano 2008 e che a Roma, dove il calcio è amore e passione, verrà festeggiato come una Champions. Inutile ricordargli che si tratta solo della piccola Conference League: stanotte non vi ascolterebbero comunque.

Twitter: @lVendemiale

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