Il giovane condannato per l'omicidio ha parlato nel processo che lo vede parte offesa per il trattamento ricevuto dai carabinieri dopo il fermo: l'imputato è il maresciallo capo Fabio Manganaro. "Ci hanno fatto spogliare e fare flessioni nudi, ci hanno scattato foto con telefonini. Poi ci hanno fatto rivestire e ci hanno portato fuori, poco prima di farmi salire in macchina mi hanno messo una tovaglia in testa", ha raccontato
“Mi hanno tenuto con gli occhi bendati per 45 minuti, cercavo di capire cosa stesse succedendo, percepivo la presenza di molte persone attorno a me e qualcuno mi diceva: “Hai i minuti contati””. È il racconto di Christian Gabriel Natale Hjorth, uno dei due giovani americani condannati in Appello per l’omicidio del vicebrigadiere dei carabinieri Mario Cerciello Rega a luglio 2019, davanti al giudice monocratico di Roma – l’ex pm e assessore alla legalità Alfonso Sabella – nel processo che lo vede parte offesa per il trattamento ricevuto dai carabinieri dopo il fermo. L’imputato, per “misura di rigore non consentita dalla legge”, è il maresciallo capo Fabio Manganaro. Una foto di Hjorth bendato negli uffici del Nucleo investigativo di via In Selci era arrivata alla stampa nei giorni successivi ai fatti, innescando un’indagine interna, la segnalazione in Procura e la rimozione di Manganaro dall’incarico. A febbraio del 2020 era stato diffuso anche un video dell’interrogatorio, che secondo la difesa del giovane “documenta in maniera evidente non solo il trattamento umiliante e contrario alla dignità della persona al quale è stato sottoposto Gabriel Natale Hjorth”.
Hjorth – a cui è stata inflitta una pena di 22 anni di carcere – ha ricostruito le fasi del fermo, avvenuto nella camera d’albergo in cui alloggiava insieme all’altro condannato per l’omicidio, Finnegan Lee Elder (l’autore materiale dell’accoltellamento, che ha avuto 24 anni). “I carabinieri sono arrivati armi in pugno nella nostra stanza dell’albergo, ci hanno fatto spogliare e fare flessioni nudi, ci hanno scattato foto con telefonini. Poi ci hanno fatto rivestire e ci hanno portato fuori, poco prima di farmi salire in macchina mi hanno messo una tovaglia in testa. Avevo paura, non sapevo dove mi stessero portando, e se provavo ad alzare la testa mi davano gomitate”, ha raccontato. E ancora: “Quando siamo arrivati in caserma mi hanno portato in una stanza, mi hanno tolto la tovaglia dalla testa e mi hanno buttato faccia a terra, mi hanno ammanettato e preso a ginocchiate. Poi mi hanno messo su una sedia e da dietro qualcuno mi ha bendato. In quella situazione sentivo che mi dicevano “Hai i minuti contati, la pagherai””.