di Giorgio Boratto
Trent’anni fa con la strage di Capaci ci fu la svolta alla lotta contro la mafia, trent’anni prima nel 1962 iniziava un’altra pagina di lotta alla mafia che però ebbe bisogno di molto tempo per arrivare ad avere dei risultati concreti. Nel 1962 si costituiva la Commissione parlamentare antimafia.
A Corleone, la capitale della mafia, il potere mafioso passava a Luciano Leggio (Liggio, a causa di un errore di trascrizione di un primo verbale d’arresto) che fece assassinare qualche anno prima Michele Navarra; suoi luogotenenti erano Salvatore Riina e Bernardo Provenzano. Con la nascita della prima guerra di mafia si affermava il potere di Salvatore Riina. La magistratura intanto nel 1965 (due anni dopo la strage di Ciaculli, dove persero la vita 7 rappresentanti delle forze dell’ordine) sottovalutava la mafia ritenendola con le parole del procuratore della Cassazione, Tito Parlatore, non materia di tribunali ma di conferenze. Era chiaro che molte sentenze di assoluzione di Luciano Leggio, Bernardo Provenzano e Salvatore Riina erano viziate da un atteggiamento ‘benevolo’ dei giudici.
Altro motivo di radicamento della mafia fu la sottovalutazione pubblica con l’omertà e le connivenze con la politica e le istituzioni; in quegli anni la mafia passò dalla speculazione edilizia al traffico di stupefacenti; passò da fenomeno criminale di controllo rurale al crimine delle città e al nuovo ruolo imprenditoriale. Alla nuova dinamica estorsore-protettore. Nel dopoguerra, anche grazie alla liberazione di Lucky Luciano, da parte degli statunitensi la mafia progredì e nacque l’asse con New York per il traffico di droga.
Fu solo grazie ad un cambiamento della classe di giudici che si riuscì a cambiare strategia e fare una vera lotta alla mafia. Tutto iniziava con le indagini di Rocco Chinnici e Vincenzo Pajno. Un anno di svolta fu il 1979 quando la mafia si rese protagonista di una feroce escalation terroristica a danno di magistrati, poliziotti, politici onesti e politici collusi, rompendo con il proprio passato di prudente mimetismo all’ombra di poteri sociali e istituzionali. Con l’ascesa del carattere militare dovuto a Riina, la mafia perse il suo ruolo notabile affaristico. Iniziavano a essere uccisi magistrati: Pietro Scaglione, Cesare Terranova, Gaetano Costa, lo stesso Rocco Chinnici, Antonino Saetta, Giangiacomo Ciaccio Montalto, Rosario Livatino… per arrivare a Falcone e Borsellino insieme alle loro scorte. Una scia di sangue che vide morire anche molti servitori dello Stato come Boris Giuliano, Russo, Basile, Piersanti Mattarella, Montana, Cassarà, Pio La Torre, Carlo Alberto Dalla Chiesa, ecc.
La Sicilia che ha partorito la mafia e mostri come Riina e Provenzano ha partorito anche chi ha combattuto ciò; ha dato alla luce Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e ad una strategia vincente che porterà ad infliggere colpi mortali alla mafia. E’ quella stessa sicilianità che permetterà a Giovanni Falcone di stabilire uno speciale rapporto con il ‘pentito’ Tommaso Buscetta. La battaglia continua e nel ricordo di Falcone e Borsellino si potrà finalmente trovare, anche con l’aiuto delle nuove generazioni, una soluzione al problema mafioso.