Sono gli indigeni A’i Cofán Alex Lucitante e Alexandra Narváez i nuovi vincitori per il Sud America del Premio Ambientale Goldman, conosciuto anche come il premio Nobel per l’ambiente. I nomi dei due ecuadoregni vincitori sono stati comunicati il 25 maggio dalla Goldman Environmental Foundation (insieme agli altri 5 premiati provenienti da USA, Nigeria, Paesi Bassi, Tailandia e Australia), che ha ricordato come questo premio miri ad onorare i risultati e la leadership degli attivisti della comunità ambientale in tutto il mondo, ispirandoci ad agire per proteggere il nostro pianeta.

La Fondazione, presentando il profilo dei due vincitori per il Sud America, ci racconta le motivazioni della decisioni di premiare i due leader A’i Cofán. Lucitante e Narváez hanno guidato un movimento indigeno per proteggere il territorio ancestrale del loro popolo dall’estrazione dell’oro. La loro leadership ha portato a una storica vittoria legale nell’ottobre 2018, quando i tribunali dell’Ecuador hanno annullato 52 concessioni illegali di estrazione dell’oro, date senza il consenso della loro comunità. Il successo legale della comunità ha permesso di proteggere ben 32mila ettari di foresta pluviale incontaminata, ricca di biodiversità e luogo di nascita delle sorgenti del fiume Aguarico: fiume sacro per il popolo indigeno A’i Cofán.

Nemonte Nenquimo, leader indigena ecuadoregna del popolo waorani, vincitrice lei stessa nel 2020 con il blasonato premio, è stata una delle prime a congratularsi con i due nuovi vincitori, affidando ai social il suo messaggio: “Sono molto entusiasta che i miei due cari amici e guerrieri indigeni, Alex Lucitante e Alexandra Narváez, abbiano vinto il Goldman Environmental Prize per il Sud America. Questo premio è una testimonianza dei loro anni di forte leadership, per essere stati irremovibili nella lotta contro i progetti minerari che minacciano il territorio A’i Cofán, la sua cultura, i fiumi e la fauna selvatica. Alex e Alexandra mantengono il loro legame con il territorio ancestrale, con le loro tradizioni sacre e hanno mostrato al mondo il vero potere e la forza della leadership indigena. Hanno dimostrato che noi popoli indigeni desideriamo un mondo in cui i nostri diritti siano rispettati e la nostra Madre Terra sia trattata con la dignità che merita. Sono rimasti saldi al fianco dei loro fratelli e sorelle A’i Cofán, contro anni di estrazione, colonialismo, razzismo e violenza nei confronti della loro gente. È importante sottolineare che hanno condotto questa lotta con cuore, umiltà, onore e ironia. Oggi e sempre, dobbiamo riconoscere la loro lotta. Alex e Alexandra, entrambi state combattendo per tutta la vita presente sulla Terra e sono orgogliosa di stare al vostro fianco”.

Un riconoscimento che ancora una volta permette alla comunità internazionale di focalizzarsi su quello che sta succedendo in Ecuador, in merito a politiche estrattive e di sfruttamento del territorio che minacciano sempre di più l’Amazzonia, i popoli indigeni che la abitano e l’ambiente in generale. Proprio Amnesty International, nel recente rapporto Ecuador: La Amazonía en peligro avvertiva che nel paese sudamericano leggi, politiche e progetti estrattivi (principalmente petroliferi e minerari) avanzano sempre più spesso senza aver ottenuto il consenso libero, preventivo e informato delle popolazioni indigene, colpendo i loro territori, ambiente, salute, acqua e cibo. In questo senso proprio Amnesty celebrava un’altra vittoria della comunità A’i Cofán di Sinangoe davanti alla Corte Costituzionale dell’Ecuador, il 27 gennaio scorso. Una sentenza che disponeva misure di riparazione globale per la comunità (sentenza non ancora eseguita dalle autorità competenti) dove inoltre si conferma che lo Stato ha violato i “diritti alla preventiva consultazione, alla natura, all’acqua, alla salubrità dell’ambiente, alla cultura e al territorio”, concedendo 20 concessioni minerarie senza il consenso delle comunità e prevedendone altre 32 secondo gli stessi criteri.

La tematica è quanto mai attuale nella regione, visto per esempio quanto accaduto in Perù poche settimane fa. Nel suddetto paese infatti, il Tribunale Costituzionale nel febbraio scorso ha attaccato frontalmente il diritto alla consultazione preventiva, stabilita dalla convenzione 169 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL). La sentenza Nº 03066-2019-PA/TC, del 28 febbraio 2022 della Sala 2 del Tribunale Costituzionale (TC) del Perù ha aperto uno scenario preoccupante per i popoli indigeni, stabilendo che il diritto alla consultazione preventiva non è previsto dalla Costituzione, non è un diritto fondamentale, non ha carattere costituzionale e non può essere tutelato mediante una tutela giurisdizionale. Questa sentenza apre ovviamente la porta a massive violazioni del diritto alla consultazione preventiva e informata, favorendo i capitali privati che vedono nelle risorse naturali dell’America Latina un “ghiotto bottino”.

Dagli attacchi di Jair Bolsonaro all’Amazzonia, passando per l’ecocidio dell’Arco Minerario dell’Orinoco in Venezuela, arrivando fino alle continue uccisioni (impunite) di difensori dell’ambiente e del territorio in Colombia, Honduras, Messico o alle rivendicazione dei popoli indigeni (Mapuche in testa) in Argentina… Un mosaico allarmamene e desolante che inoltre mostra come gli attacchi costanti all’ambiente facciano parte dell’agenda politica dei vari governi della regione, al di là del colore del partito o delle declamazioni a favor di popolo o di camera. Tra i vincitori di questo importante premio troviamo numerose altre figure di spicco latinoamericane, sempre più spesso donne. Tra queste ricordiamo ad esempio la compianta Berta Cáceres (Honduras), la già citata Nemonte Nenquimo (Ecuador), Leidy Pech (Messico), Liz Chicaje, Ruth Buendía, Máxima Acuña (tutte e tre peruviane) e Francia Márquez, leader afrocolombiana che domenica prossima potrebbe diventare la nuova vicepresidentessa della Colombia.

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