Mentre in Usa divampa il dibattito politico sul possesso di armi da fuoco, il prestigioso Ospedale Pediatrico Ann & Robert H. Lurie Children di Chicago pubblica i risultati di un nuovo studio che associa il possesso delle armi a una maggiore propensione al suicidio, negli adolescenti.
Secondo i dati, gli adolescenti che hanno accesso alle armi da fuoco hanno probabilità circa 1,5 volte maggiore di suicidarsi o di essere intenzionati a farlo. Lo studio, pubblicato sulla rivista Academic Pediatrics, ha anche rilevato che un terzo degli adolescenti che si recavano al pronto soccorso presentava sintomi depressivi da moderati a gravi e oltre il 40% di questo gruppo aveva una pistola in casa. Questi dati sono stati raccolti prima della pandemia, dicono gli autori, che sottolineano come durante il covid-19 i reparti d’urgenza in tutto il paese hanno visto un peggioramento dei problemi di salute mentale nei giovani.
Attualmente, la legge statunitense impone che tutti i ragazzi di età superiore ai 12 anni debbano essere sottoposti a screening per il rischio di suicidio e, se questo rischio viene identificato, si raccomanda lo screening per l’accesso a mezzi letali. Tuttavia, lo screening per l’accesso alle armi da fuoco tende ad essere incoerente, dicono i ricercatori. Il suicidio è la seconda causa di morte tra gli adolescenti negli Stati Uniti e i tassi di mortalità per suicidio tra gli adolescenti sono quasi raddoppiati negli ultimi 10 anni. Le armi da fuoco hanno rappresentato il 44% dei decessi suicidi tra gli adolescenti di età compresa tra i 14 ei 18 anni tra il 2015 e il 2020, con una stima del 70% dei tentativi di suicidio legati alle armi da fuoco che coinvolgono armi ottenute all’interno della famiglia della vittima.
Per arrivare a questi risultati, i ricercatori hanno analizzato i dati di oltre 15.000 pazienti di età compresa tra 14 e 18 anni arrivati al pronto soccorso dell’ospedale pediatrico tra giugno 2013 e marzo 2020. Il quattordici percento del campione complessivo ha riferito di aver accesso a un’arma da fuoco in casa o la possibilità di accedervi nelle successive 24 ore.
I ricercatori chiedono a gran voce uno screening adeguato sia per il suicidio che per l’accesso alle armi da fuoco. “Può creare l’opportunità di offrire un’efficace consulenza sulla sicurezza delle armi da fuoco, come tenere tutte le armi chiuse, scaricate e separate dalle munizioni, nonché di monitorare il nesso tra possesso armi e salute mentale. Dobbiamo fare tutto il possibile per prevenire tragiche morti tra gli adolescenti”, concludono i ricercatori di Chicago.
Che sia necessario intervenire pare evidente a tutti, il difficile pare fare la cosa giusta. A tal proposito, dall’altro lato della costa, in California, un altro recente studio mette in discussione la validità dei ‘metodi restrittivi’ sull’uso di armi, dichiarando che la legge sull’ordine restrittivo della violenza armata (GVRO) della California non è stata in grado di ridurre la violenza con armi da fuoco nella contea di San Diego durante i suoi primi quattro anni di attuazione, dal 2016 al 2019. Però gli stessi autori ammettono che nonostante questi risultati suggeriscano che la legge GVRO non ha funzionato sulla popolazione nella contea di San Diego, studi futuri dovrebbero indagare se vi siano benefici a livello individuale per le persone direttamente interessate. Intanto, il dibattito rimane aperto negli USA e in tutto il mondo.
di Paola Perrotta
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