“Non un trattato ma un assaggio” scrivono gli autori in prefazione. Appunto assaggio gustoso, stuzzicante, che appaga i palati soprattutto quelli un filo più esigenti
Se un libro (qualsiasi) si apre con il testo di Le Désertur di Boris Vian, va letto subito tutto d’un fiato e, nel caso, di “Lettere da sopra la pioggia – intrecci tra musica e letteratura nella canzone italiana” (Pacini editore), va anche canticchiato e ripetuto mentalmente per almeno il resto della giornata. Certo, ce ne siamo accorti: testo (e musica di Marcel Mouloudji) di Le Désertur (“Monsieur le Président/Je vous fais une lettre/Que vous lirez peut‑être/Si vous avez le temps”) sono francesi, ma gli autori Fabrizio Bartelloni e Marco Masoni imbevuti di humus da benedetta canzone d’autore che fu ci tengono a rendere anche un po’ “nostro” l’anelito anarco-pacifista di Vian (“E dica pure ai suoi / se vengono a cercarmi / che possono spararmi / io armi non ne ho”) per attualizzare ed introdurre un saggio che parla proprio di una delle più grandi fughe in avanti di libertà creativa e compositiva del mondo della musica: il cantautorato italiano post anni Cinquanta. E ancora meglio: “Alcuni dei momenti più significativi e originali dell’articolata dialettica tra musica italiana e letteratura”. Già, proprio quell’incastro magico, nascosto ed eterno tra il verso musicale e letterario. Ma andiamo al sodo.
Per Buzzati invece il ragionamento fila così: “Come suo costume, tuttavia, il cantautore siciliano, con la complicità del coautore Manlio Sgalambro s’appropria di un titolo, e di un’opera, altrui per farli propri e, come era già successo con il Re del Mondo di René Guénon, reinterpreta e ridefinisce la valenza simbolica del non‑luogo immaginato dall’autore del romanzo, eleggendolo a scenografia delle sue riflessioni sulla difficile arte dell’esistenza, e sui modi, o appunto gli stratagemmi, per praticarla e per sopravviverle”. Attenzione, però, la fusione simbiotica letteratura musica, i suoi controluce, i suoi sensi impossibili e inversi, non si fermano agli anni settanta/ottanta, ai classici Guccini, Vecchioni, De Gregori, ma finiscono anche tra i versi di Caparezza ed Elio e le storie tese (per sapere l’incrocio degli EELST con la letteratura si compra il libro, ovviamente no spoiler), di Paolo Conte e Vinicio Capossela. “Non un trattato ma un assaggio” scrivono gli autori in prefazione. Appunto assaggio gustoso, stuzzicante, che appaga i palati soprattutto quelli un filo più esigenti. Comunque, una chicca da cogliere al volo.