Assolto perché il fatto non sussiste. Così ha stabilito il gup del Tribunale di Lecce, Sergio Tosi, nei confronti dell’ex pubblico ministero di Trani, Antonio Savasta, imputato con l’accusa di concorso in tentata concussione.
La vicenda contestata risale al 2014 e riguarda la presunta pretesa di 350mila euro – secondo la Procura di Lecce – da parte di Savasta all’imprenditore Giuseppe Dimiccoli – che poi lo ha denunciato per questo – tramite il costruttore barlettano Raffaele Ziri e l’avvocato barese Dimitri Russo.
Il denaro – stando all’impostazione accusatoria non condivisa dal giudice, il quale ha invece accolto la tesi difensiva – doveva servire a chiudere una controversia relativa a una masseria ed evitare così procedimenti penali nei confronti dell’imprenditore.
Per Savasta e i coimputati Ziri e Russo la Procura aveva chiesto la condanna a quattro anni di reclusione. Ma il gup, al termine del processo con rito abbreviato, ha assolto tutti e tre. Contestualmente si è conclusa con il proscioglimento l’udienza preliminare nei confronti del terzo imputato, Russo, che non aveva scelto riti alterativi e per il quale la Procura aveva chiesto il rinvio a giudizio. “La vicenda giudiziale – ricorda il difensore di Savasta, Massimo Manfreda – prende le mosse da una denuncia dell’imprenditore Dimiccoli che è stata in un primo momento archiviata ma successivamente riaperta“. Per gli avvocati Roberto Eustachio Sisto e Italia Mendicini, difensori di Dimitri Russo, prosciolto dalla stessa accusa di tentata concussione, “era naturale che il gup lo prosciogliesse: la soluzione era già negli atti del processo e noi l’abbiamo solo offerta al giudicante”.
Savasta, nel luglio di due anni fa, è stato condannato in primo grado a dieci anni di reclusione nel processo sulla cosiddetta “giustizia svenduta”, a Trani. Secondo il dispositivo emesso dalla gup di Lecce, Cinzia Vergine, l’ex pm aveva pilotato sentenze e vicende giudiziarie e tributarie, tra il 2014 e il 2018, in favore di imprenditori coinvolti nelle indagini, in cambio di mazzette in denaro, gioielli e in alcuni casi diamanti, ma anche regali costosi e ristrutturazioni di appartamenti. Savasta era stato arrestato nel gennaio del 2019 insieme al collega Michele Nardi e all’ispettore di Polizia Vincenzo Di Chiaro con l’accusa di corruzione in atti giudiziari e concussione.