I paesi del G7 (Stati Uniti, Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia, Regno Unito) “sono ancora più rafforzati nella loro volontà di accelerare la transizione all’energia pulita, verso un futuro a zero emissioni nel 2050” alla luce della guerra in Ucraina, con l’aumento dei prezzi dell’energia e i danni per famiglie ed imprese. È quanto si legge nel comunicato finale del vertice che si è svolto ieri e oggi a Berlino. I governi coinvolti ribadiscono che “una transizione accelerata verso l’energia pulita è la chiave per migliorare sicurezza, stabilità e affidabilità delle forniture energetiche, riducendo i rischi climatici e di sicurezza nelle forniture associati alla dipendenza alle fonti fossili”. Inoltre, l’installazione di fonti rinnovabili porterebbe “crescita economica” e la creazione di “almeno 2,6 milioni di posti di lavoro nel G7 nella prossima decade”. Nel frattempo però i 7 governi hanno anche rivolto un invito ai paesi produttori dell’Opec ad aumentare la quantità di petrolio immessa sul mercato per cercare di contenere l’aumento dei prezzi dovuto alla guerra in Ucraina. Ennesimo appello nei confronti di Arabia Saudita e altri 10 stati che sinora hanno prestato poca attenzione agli inviti occidentali.

I sette paesi affermano di riconoscere lo scenario dell’Agenzia internazionale dell’Energia (Iea) “zero emissioni nette”, in cui si suggerisce che le economie del G7 investano almeno 1.300 miliardi di dollari nelle energie rinnovabili, compreso triplicare l’investimento in energie pulite e reti elettriche fra il 2021 e il 2030″. L’Aie ha anche affermato che per sperare di raggiungere l’obiettivo di contenimento entro gli 1,5% dell’aumento della temperatura globale è indispensabile interrompere immediatamente qualsiasi ulteriore investimento in combustibili fossili, vale a dire petrolio, gas e carbone. I ministri del G7 (e per la prima volta il Giappone) si sono quindi impegnati a porre fine ai finanziamenti pubblici a centrali elettriche a combustibili fossili all’estero entro la fine del 2022 con possibili eccezioni “in circostanze limitate” e “in linea con il limite di 1,5 gradi e con gli obiettivi dell’accordo di Parigi”. I Grandi riconoscono che “a seguito dell’attacco russo all’Ucraina, il sostegno finanziario per società e cittadini colpiti da prezzi dei combustibili fossili in forte aumento è ora sull’agenda politica di molti paesi“.

Il G7, si legge ancora nel comunicato, si impegna a decarbonizzare la maggior parte della produzione elettrica entro il 2035, e la maggior parte dei trasporti su strada entro il 2030. E’ quanto si legge nel comunicato finale del G7 Energia. Per il settore marittimo e l’aviazione civile, l’obiettivo è decarbonizzazione al 2050 e si punta ad “aumentare significativamente” i trasporti “a basse o zero emissioni di carbonio”, come “trasporti pubblici, ferrovie, mobilità condivisa, biciclette, camminare” e “accelerare l’adozione di veicoli elettrici, finanziando le infrastrutture di ricarica”. Il G7 si impegna poi “costruzione di edifici a zero emissioni al 2030 o prima”.

I ministri si sono anche impegnati a raddoppiare entro il 2025 i finanziamenti per aiutare i paesi in via di sviluppo a sganciarsi dai combustibili più inquinanti, in primo luogo il carbone che rimane il prodotto più utilizzato a livello globale per far funzionare le centrali elettriche. L’Italia è impegnata ad uscire completamente dal carbone, che ora copre un modesto 5% della produzione elettrica, entro tre anni. “Stiamo lavorando insieme ad altri verso l’attuazione dell’invito del Patto per il Clima di Glasgow a raddoppiare almeno la previsione di finanza climatica per l’adattamento ai paesi in via di sviluppo dai livelli del 2019 al 2025”, è scritto nel documento finale. I G7 chiedono anche alle istituzioni finanziarie internazionali e alle aziende private di aumentare il loro impegno per la mitigazione e l’adattamento al cambiamento climatico.

Oggi a Berlino è stato anche lanciato l’Hydrogen Action Pact (G7-HAP) per la cooperazione nello sviluppo, nella regolamentazione e nella promozione dell’idrogeno. Scopo del Patto, è scritto nel documento, è “accelerare lo sviluppo di idrogeno a basse e zero emissioni, accelerare la formazione di quadri regolatori e standard comuni che facilitino la produzione, confermare un forte impegno finanziario, trovare e chiudere i gap nelle catene produttive, scambiare le best practices, sostenere il ruolo dell’idrogeno a basse o zero emissioni per la decarbonizzazione”. I sette si sono infine impegnati sull’obiettivo di conservare o proteggere almeno il 30% del territorio globale e almeno il 30% degli oceani globali al 2030″. Lo si legge nel Comunicato finale del G7 Ambiente ed Energia, che si è tenuto ieri e oggi a Berlino. Tra gli argomenti discussi anche la creazione di un “Club del Clima” fra i 7 Grandi, ma aperto anche ad altri paesi, per promuovere la lotta alla crisi climatica.

“Il surriscaldamento terrestre non può essere evitato. Ma bisogna fare tutto il possibile per contrastarlo”, ha detto il ministro tedesco dell’Energia e del Clima, Robert Habeck, nella conferenza stampa finale. Habeck ha riferito che gli scienziati dell’istituto della Leopoldina hanno spiegato che il limite di 1,5 gradi che ci si è dati, alla luce delle emissioni di Co2, non può essere più essere rispettato “Questo non va interpretato con la risposta, allora non dobbiamo più impegnarci, ma al contrario, bisogna fare tutto il possibile”, ha aggiunto. “È stata una discussione estremamente densa e ne esce un comunicato buono, totalmente condiviso, che rappresenta un passo avanti rispetto al G20 dell’anno scorso, rispetto all’ultimo G7 e alla Cop 26. Ricordiamoci sempre che sono eventi internazionali, dove non possono esserci stravolgimenti da una puntata alla successiva, ma direi che è uscito un lavoro di concertazione molto buono e possiamo essere molto soddisfatti” ha detto il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani.

“La decarbonizzazione del settore elettrico al 2035 “è un nuovo grande impegno per l’Italia. Ciò equivale a ridurre drasticamente il ruolo del gas attraverso un aumento esponenziale delle rinnovabili, delle reti elettriche, dei sistemi di accumulo e di quelli di gestione intelligente della domanda”. Lo rileva il co-fondatore e direttore esecutivo politiche internazionali del centro studi italiano per il clima Ecco, Luca Bergamaschi commentando i risultati del vertice.

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