In una competizione media (a tratti veramente mediocre..) le valutazione del Palmares è sempre più complessa, vuoi perché da anni i pronostici vengono sconfessati (la giuria sovrana ha meccanismi e criteri di giudizio variabili e secretati..), vuoi perché appunto lo spiazzamento appartiene al gioco, e un concorso cinematografico resta sempre un gioco.
Nel concorso di Cannes 75 si è visto un film “fuori categoria”. Questo è Crimes of the Future di David Cronenberg che difficilmente vincerà premi tanto meno il principale, e un film perfetto per la Palma d’oro, ovvero Close di Lukas Dhont, giovane autore belga apprezzatissimo per il suo precedente lungometraggio, Girl (2018) peraltro allora già trionfatore nella sezione Un Certain Regard. In una competizione media (a tratti veramente mediocre..) le valutazione del Palmares è sempre più complessa, vuoi perché da anni i pronostici vengono sconfessati (la giuria sovrana ha meccanismi e criteri di giudizio variabili e secretati..), vuoi perché appunto lo spiazzamento appartiene al gioco, e un concorso cinematografico resta sempre un gioco. Del resto i film che resteranno nella memoria – e che eventualmente costituiranno tasselli di Storia del cinema – non hanno bisogno di oggetti dorati.
Ma tant’è: la corsa alla Palma (o al Leone, all’Orso..) d’Oro è comunque un’attrazione, ed eventualmente può aiutare i nuovi talenti, i semi-sconosciuti provenienti da territori meno cool, o al limite portare in trionfo autori conclamati che mai l’avevano ricevuta. Uno di questi è ad esempio il sudcoreano Park Chan-wook – talento assoluto che ricordiamo soprattutto per la trilogia della vendetta, fra cui spiccava Old Boy, Gran Prix sulla Croisette nel 2003 – il cui Decision to Leave andrà certamente “a premio”, il più corretto dei quali sarebbe la miglior regia, essendo essa tra le più sofisticate espresse quest’anno dal concorso, e non a caso il suo film risulta quello con la media di voti più alta (3,2) secondo la classifica della rivista di settore britannica Screen International. Park potrebbe anche assurgere alla Palma, se la giuria guidata da Vincent Lindon avesse il coraggio di premiare un’opera di non facile fruizione. Anche considerando che il grande attore francese pare non sia incline a doppiare (o triplicare) i già “palmati”, ovvero autori che il massimo riconoscimento hanno già ricevuto. In tal caso si tratterebbe dei fratelli Dardenne, di Hirokazu Kore-eda, Ruben Östlund e di Cristian Mungiu, eleggibili comunque per gli altri awards, alcuni dei quali auspicabilmente.
Film che, per qualità o altre svariate ragioni di opportunità, potrebbero entrare nel Palmares sono l’autobiografico Armageddon Time di James Gray, Leila’s Brothers dell’iraniano Saeed Roustaee, Holy Spider del danese-iraniano Ali Abbasi, Showing Up di Kelly Reichardt e – specie per il suo sontuoso protagonista Benoit Magimel che potrebbe ambire al premio come attore – Pacifiction del catalano Albert Serra. Note a margine di alta attenzione per il “nostro” Nostalgia di Mario Martone la cui interpretazione di Pierfrancesco Favino potrebbe meritarsi il Premio per l’interpretazione maschile, e per il poetico e ancor più nostalgico Les Amandiers di Valeria Bruni Tedeschi su cui pesa una colpevole incongruenza: la figlia di Vincent Lindon compare nel cast del film. Ma se vorranno premiarlo, come meriterebbe, troveranno certamente un modo.