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Strage in Texas, la polizia “sotto indagine” per i ritardi nell’intervento. Gli insegnanti a Trump: “No alle armi a scuola”

Due mesi era stato organizzato un addestramento per gli agenti contro un ipotetico sparatore e tra le istruzioni c'era l'indicazione di affrontare l’assalitore, mettendo a rischio la propria vita e "mostrando rari atti di coraggio per salvare innocenti". Ciò che non hanno fatto gli agenti intervenuti nella scuola elementare

I 100 colpi sparati da Salvador Ramos, il 18enne autore della strage nella Robb Elementary School di Uvalde, ha acceso i riflettori sui tentennamenti e il ritardo con cui la polizia texana ha affrontato l’emergenza, una delle stragi più sanguinose della storia statunitense: 21 morti tra cui 19 bambini. L’inadeguata risposta degli agenti al killer al momento sotto indagine potrebbe finire al centro di azioni disciplinari, cause e anche accuse penali. Secondo alcuni esperti la sparatoria è stata talmente mal gestita su più livelli che un “agnello sacrificale” sarà trovato per inviare un segnale forte e chiaro. Le accuse penali sono raramente portate avanti contro le forze dell’ordine nella sparatorie nelle scuole, anche se non mancano eccezioni. È il caso della strage di Parkland, Florida, dove una ex guardia è stata accusata di essersi nascosta durante la sparatoria che ha causato 17 morti. Potenziali sanzioni amministrative – come la sospensione, le dimissioni forzate o il licenziamento – sono una delle strade percorribili. Per quanto riguarda le responsabilità civili, la legge prevede l’”immunità qualificata” per gli agenti di polizia dalle cause a meno che le loro azioni non siano state in chiara violazione delle norme. Questa è un’opzione che i genitori delle vittime potrebbero perseguire e che sarà probabilmente al centro di dure battaglie legali.

Due mesi fa il distretto scolastico di Uvalde aveva organizzato un addestramento per gli agenti contro un ipotetico sparatore, usando materiale con istruzioni secondo cui la priorità per chi interviene è fermare le uccisioni affrontando l’assalitore, mettendo a rischio la propria vita e “mostrando rari atti di coraggio per salvare innocenti”. Ciò che non hanno fatto gli agenti nella scuola elementare di Uvalde, accusano i genitori delle vittime e i media Usa dopo che anche il capo della polizia del Texas ha definito un errore non aver sfondato la porta dell’aula dove si era barricato il killer. Anche Greg Abbott, il governatore repubblicano sostenitore della vendita di armi e per questo travolto dalle polemiche, ha detto in una conferenza di essere stato “fuorviato” quando ha ricevuto le prime informazioni su quanto accaduto nella scuola elementare teatro della strage e di essere “assolutamente furioso”. Il governatore ha chiesto che gli investigatori facciano piena luce sull’operato della polizia, dopo che sono emersi ritardi e decisioni “sbagliate” nell’intervento per fermare il killer.

Sul fronte delle indagini è emerso che il killer è uscito da un armadio e ha iniziato a sparare contro gli agenti fedarli del Border Patrol prima di essere ucciso dai loro colpi. Gli agenti federali del Bortac, divisione speciale della polizia dell’immigrazione americana, come riporta il Washington Post citando alcune fonti, sono entrati nella classe dove era barricato il killer e lo hanno visto uscire da un armadietto e iniziare a sparare. Salvador Ramos non ha però avuto scampo, ed è stato ucciso. A quel punto gli agenti si sono dedicati ai bambini, molti dei quali erano abbracciati per consolarsi, molti altri morti.

Intanto la maggioranza degli insegnanti americani è contraria all’idea di essere armati in classe. L’idea di armare maestri e professori, ventilata a più riprese dei repubblicani, non è ritenuta una risposta adeguata alle sparatorie in quanto è solo una distrazione rispetto ai problemi reali di sicurezza. E ieri sul tema è tornato anche l’ex presidente Donald Trump che ha parlato a Houston è stata ospitata l’assemblea della National Rifle Association la potentissima lobby delle armi. “Ci sono insegnanti armati e guardie nelle scuole dai tempi di Columbine ma questo non ha fatto la differenza”, afferma sul Guardian Elizabeth Boyd Graham, insegnante di liceo a Houston. “Se più armi fossero la risposta adatta e ci rendessero più sicuri a scuola, allora questo sarebbe il paese più sicuro al mondo. Ma non lo è e gli stati con le leggi più deboli sulle armi sono quelli che registrano la violenza maggiore“, aggiunge. Un sondaggio del 2019 condotto su 2.900 insegnanti negli Stati Uniti dalla California State University ha rivelato che il 95,3% dei professori ritiene che non dovrebbero essere armati in classe.