Per correre ai ripari la Regione ha varato misure d’urgenza, decidendo che si possano occupare di emergenze anche gli specializzandi al primo anno (tra le proteste delle minoranze). Inoltre le prestazioni aggiuntive dei medici ospedalieri già dipendenti potranno essere pagate fino a 100 euro lordi l'ora, rispetto agli 80 euro del tariffario attuale
VENEZIA – In Veneto, la ricerca di un medico per il pronto soccorso ospedaliero è diventata una specie di riffa. Per riempire i buchi ci si affida anche al WhatsApp, alla non modica cifra di 90-110 euro all’ora. E così i Pronto Soccorso stanno finendo nelle mani di cooperative private, che garantiscono ai medici introiti maggiori. Per correre ai ripari, la Regione ha varato misure d’urgenza, decidendo che si possano occupare di emergenze anche gli specializzandi al primo anno. Ma questo ha suscitato la levata di scudi delle minoranze. La dialettica assomiglia a quella usata per affrontare la questione del numero insufficiente dei medici di base, con un ping-pong di annunci e contestazioni.
Il consiglio regionale ha dato il via libera al pacchetto, che prevede contratti libero professionali o di collaborazione continuata per gli specializzandi già dal primo anno. Le prestazioni aggiuntive dei medici ospedalieri già dipendenti potranno essere pagate fino a 100 euro lordi l’ora, con un incremento rispetto agli 80 euro del tariffario attuale. L’assessore Manuela Lanzarin ha spiegato: “Sul fronte del Sistema di emergenza-urgenza è prevista la proroga fino al 31 gennaio 2024 di contratti a tempo determinato, di rapporti in convenzione o di altre forme di lavoro flessibile”. Massima elasticità nei confronti dei privati, quindi. Inoltre, “le attività documentate da un numero di ore equivalente ad almeno quattro anni di servizio del personale medico del servizio sanitario nazionale a tempo pieno, anche non continuative, potranno essere maturate fino al 30 giugno 2022 e nei quindici anni precedenti presso i servizi di emergenza-urgenza ospedalieri del servizio sanitario nazionale”. Un modo per arrivare alla stabilizzazione. L’apertura all’impiego degli specializzandi avverrà fino al 2024.
I dem accusano la giunta regionale di mandare i “dottorini” allo sbaraglio. “Avevamo proposto dei correttivi per evitare l’inserimento dei medici al primo anno di specializzazione all’interno dei reparti di emergenza-urgenza. Non è stato accolto”. Le consigliere regionali Anna Maria Bigon e Vanessa Camani hanno rincarato. “Ormai il fenomeno degli affidamenti alle cooperative dei Pronto Soccorso non è più a macchia di leopardo, ma è diventato una costante che di fatto ha sostituito il sistema pubblico con il privato. È uno scenario che solo in apparenza risolve il problema della carenza di medici, ma che in realtà produce perdite e nuove emergenze in termini di spesa pubblica, di qualità dei servizi e di sicurezza per gli utenti”. Non solo una questione economica. “I fatti hanno dimostrato che esiste un enorme margine di rischio in questo sistema di affidamento ai privati. Si va alla cieca riguardo i criteri di selezione e circa la reale formazione del personale, mentre è impossibile conoscere le condizioni lavorative di chi presta servizio per conto delle cooperative, da quali e quanti turni lavorativi queste figure siano reduci e da dove provengano, visto che spesso i medici risiedono a notevole distanza dal luogo dove vengono assegnati”.
Si tratta di appalti onerosi, dove la contrattazione privata provocherebbe – secondo i Dem – un rialzo dei costi per le aziende sanitarie. A Treviso qualche giorno fa erano attesi 15 nuovi camici bianchi da impiegare nei servizi di emergenza: ne sono arrivati solo 4, oltre a uno specializzando. L’ultimo concorso di Azienda Zero nella Marca è andato per tre quarti deserto. A Oderzo non sono stati coperti 135 turni di guardia da 12 ore ciascuno e così ci si è affidati all’esterno, per un totale di 5 mesi, al costo di 84 euro all’ora, più Iva, pari a circa 150mila euro. Nell’Ulss di Venezia, gli ultimi due concorsi banditi da Azienda Zero si sono conclusi con 30 medici in graduatoria per 125 posti in Pronto soccorso, mentre sono stati 139 i concorrenti classificati per 173 assunzioni in Anestesia e rianimazione. A Padova l’Ulss 6 Euganea ha revocato l’affidamento a una cooperativa inadempiente, con l’effetto che una nuova assegnazione ha fatto crescere il costo da 103 a 115 euro l’ora. La società emiliana non aveva fatto partire il servizio di copertura per Anestesia e rianimazione all’ospedale di Cittadella. È la stessa che aveva avuto la risoluzione del contratto con l’Ulss 3 Serenissima, che per 1.666 turni a Mirano, Dolo e Venezia aveva previsto una spesa di un milione e 800mila euro. Non va meglio all’Ulss 8 Berica che ha indetto un avviso di selezione pubblica per formare elenchi destinati al Pronto soccorso, raccogliendo entro fine aprile solo una domanda di partecipazione. Nell’Ulss 9 scaligera sono 28 le unità mediche carenti per i turni di emergenza negli ospedali di Legnago, Villafranca e San Bonifacio, ma le candidature risultate idonee sono state solo 4. Un anno di contratto di lavoro autonomo viene pagato 106mila euro per gli specialisti e circa 70mila euro per i semplici laureati.
Le prestazioni dei medici attraverso le coop (sono coinvolte in 18 pronto soccorso) sono più appetibili perché i liberi professionisti hanno più flessibilità per quanto riguarda i notturni, le festività e le guardie. Inoltre, non hanno ore di straordinario non pagate. La notizia più allarmante, in termini economici, viene dall’Ulss 2 di Treviso. “La decisione di affidare parte del servizio di guardia medica, mista ad attività di pronto soccorso, ad una cooperativa privata con un costo esorbitante di 1.000 euro a turno, è gravissima. Si tratta di una deriva inaccettabile, causata dall’ostinazione della Giunta regionale nel non voler adeguare le retribuzioni del personale sanitario” dichiara la consigliera regionale del Pd Anna Maria Bigon. “A poco serve, come fa il direttore generale Benazzi, ridimensionare il fatto dicendo che l’affidamento è limitato a qualche turno serale domenicale e nei giorni di ferie. In ballo c’è un metodo che rischia di diventare consuetudine generalizzata, che causa la diaspora del personale dipendente e lo scivolamento inesorabile verso soluzioni di stampo privatistico”.