Dalla mancanza dell’obbligo di denuncia al Report nazionale sugli abusi. È toccato al neo presidente della Cei, il cardinale arcivescovo di Bologna Matteo Maria Zuppi, inaugurare una nuova importante stagione della Chiesa italiana nel contrasto della pedofilia del clero. Una svolta epocale se si pensa a come, in pochi anni, sia maturata nell’episcopato della Penisola quella che il porporato ha definito “la strada italiana”, diversa da quella attuata in Francia e in Germania, ma non per questo dettata dalla volontà di continuare a insabbiare i casi. La Cei targata Zuppi ha deciso di pubblicare, entro il 18 novembre 2022, un primo Report nazionale sulle attività di prevenzione e sui casi di abuso segnalati o denunciati alla rete dei Servizi diocesani e interdiocesani negli ultimi due anni e di avviare un’analisi sui dati di delitti presunti o accertati perpetrati da chierici in Italia nel periodo 2000-2021, custoditi dalla Congregazione per la dottrina della fede.

Proprio alla vigilia dell’assemblea generale della Cei, il Coordinamento contro gli abusi nella Chiesa cattolica – ItalyChurchToo aveva chiesto “un’indagine indipendente, condotta da professionisti credibili e super partes, che faccia luce sugli abusi compiuti dal clero in Italia, che veda uniti gli sforzi di diverse e altissime professionalità e che utilizzi contemporaneamente metodi qualitativi, quantitativi e documentali”. Esattamente dieci anni fa, nel 2012, quando Benedetto XVI era ancora Papa e il presidente della Cei era il cardinale Angelo Bagnasco, la Chiesa italiana approvò le Linee guida in materia di pedofilia. In quel testo, i presuli affermarono che “nell’ordinamento italiano il vescovo, non rivestendo la qualifica di pubblico ufficiale né di incaricato di pubblico servizio, non ha l’obbligo giuridico di denunciare all’autorità giudiziaria statuale le notizie che abbia ricevuto in merito ai fatti illeciti oggetto delle presenti Linee guida”. Documento che fu respinto dalla Congregazione per la dottrina della fede che chiese di modificarlo.

Due anni dopo, nel 2014, con Francesco divenuto Papa, la Cei si limitò a cambiare quel passaggio inserendo semplicemente un inciso: “Nell’ordinamento italiano il vescovo, non rivestendo la qualifica di pubblico ufficiale né di incaricato di pubblico servizio, non ha l’obbligo giuridico – salvo il dovere morale di contribuire al bene comune – di denunciare all’autorità giudiziaria statuale le notizie che abbia ricevuto in merito ai fatti illeciti oggetto delle presenti Linee guida”. La prima vera svolta arrivò dopo cinque anni, nel 2019, con il cardinale Gualtiero Bassetti come presidente della Cei, ma soprattutto dopo il summit mondiale sulla pedofilia convocato da Francesco in Vaticano. La Conferenza episcopale italiana introdusse finalmente “l’obbligo morale” di denuncia alle autorità civili dei casi di abuso sessuale su minori commessi da sacerdoti.

Durante l’assemblea generale della Cei, il cardinale Sean Patrick O’Malley, presidente della Pontificia Commissione per la tutela dei minori, ha inviato un videomessaggio ai vescovi italiani indicando sette punti da trasformare in azione per “dare inizio a un processo costruttivo di revisione, di riforma, e di riconciliazione” sulla pedofilia. “È una realtà – ha spiegato il porporato – che saremo giudicati sulla base della nostra risposta alla crisi di abuso nella Chiesa. Abbiamo bisogno di una conversione pastorale che includa i seguenti aspetti: offrire una cura pastorale efficace alle vittime; dare indicazioni chiare (e vigilare) sui corsi di formazione per il personale nella diocesi; fare uno screening adeguato e accurato; rimuovere i colpevoli; cooperare con le autorità civili; valutare attentamente i rischi esistenti per i preti colpevoli di abuso (per se stessi e per la comunità) una volta che sono stati ridotti allo stato laicale; dimostrare l’applicazione dei protocolli in atto, così che le persone sappiano che le politiche funzionano. Un audit e un rapporto di verifica dell’implementazione delle politiche sono molto utili. La buona notizia – ha concluso il cardinale – è che laddove vengono adottate politiche effettive e attuate con efficacia, il numero dei casi si riduce drasticamente”. Una strada condivisa anche da Zuppi.

Twitter: @FrancescoGrana

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