“Grazie di cuore ma fate attenzione”. E’ il ritornello che ripetono come un mantra i volontari ucraini che quotidianamente interagiscono con le associazioni umanitarie provenienti da tutta Europa. E’ un consiglio a guardarsi le spalle e a non avventurarsi nei territori più pericolosi, naturalmente, ma è anche un invito ad avvalersi, nel Paese in guerra da oltre tre mesi, di personale affidabile. “Ne vediamo ogni giorno di tutti i colori” racconta uno dei responsabili di una struttura che gestisce gli aiuti alla stazione di Leopoli. E’ qui da tre mesi, questo volontario arrivato dall’est e che preferisce per ovvie ragioni mantenere l’anonimato. “L’ultima è capitata pochi giorni fa: un gruppetto presentatosi qui nel centro ferroviario con tanto di sito internet creato ad hoc ma che in realtà era un fake; una banda di truffatori, provenienti dall’Europa, che cercava di lucrare sulle disgrazie dell’Ucraina”.

Non è la prima volta che capita e non sarà neanche l’ultima: nell’onda empatica che si è creata dal 24 febbraio e che ha coinvolto la stragrande maggioranza del continente ci sono anche i delinquenti che traggono vantaggio e approfittano della buonafede altrui. “Abbiamo segnalato diversi casi alle autorità di polizia di Leopoli e alcune volte i furbetti sono stati colti in flagranza – spiega il volontario – ma ce ne sono molti altri che la fanno franca. Questa città è ormai diventata un porto di mare dove giunge di tutto e fra le tante persone di buon cuore che aiutano l’Ucraina ci sono anche coloro che se ne approfittano. Arrivano da diversi Paesi e purtroppo alcuni sono anche nostri connazionali”.

La fiducia reciproca, da queste parti, è un concetto che fatica ad attecchire. Fra gli stessi volontari del posto, che appartengono a gruppi ed associazioni differenti, si guardano spesso di traverso. “Se non riuscite a seguire di persona la spedizione – ci spiegano – fatevi mandare foto e video della consegna. La maggior parte delle volte il carico arriva a destinazione e finisce in buone mani ma abbiamo diverse segnalazioni di aiuti umanitari rivenduti al mercato nero”. Non è una novità, d’altronde: capita in tutte le guerre e quella ucraina non fa eccezione. E’ successo anche ad alcune onlus italiane di essere contattate in patria da sedicenti organizzazioni che millantavano la consegna di camion umanitari a Mariupol, quando nella città martire del sud-est, un mese fa, non ci entrava nemmeno la Croce Rossa.

“Il nostro è un monito che lanciamo a tutte quelle ong, a quelle associazioni e ai tanti singoli cittadini che si sono mobilitati in favore dell’Ucraina e che hanno fatto arrivare migliaia di tonnellate di aiuti in questi mesi: continuate a starci vicino, continuate a sostenere e a supportare il nostro popolo come avete fatto finora, ma fate attenzione agli intermediari. La maggior parte di loro è composta da persone serie ma quei pochi truffatori che circolano da queste parti rischiano seriamente di distruggere la reputazione di un intero settore”.

C’è poi un’altra tendenza che si riscontra nelle ultime settimane ed è la richiesta di aiuti mirati non solo alla popolazione civile ma anche ai militari: medicine, stampelle, sedie a rotelle, protesi, barelle ma non solo. “Servono kit di pronto soccorso per i nostri soldati che sono in prima linea ma anche attrezzatura tecnologica che in Europa si può reperire con facilità”, spiega ancora il volontario di Leopoli. Richiesta più che comprensibile ma la solidarietà italiana e degli altri Paesi del continente è più facile da indirizzare verso donne, bambini ed anziani.

E in un Paese che si interroga sul proprio futuro e in cui la compattezza post-invasione non ha del tutto eliminato le diatribe interne e la diffidenza reciproca fra un “ovest” che si sente più autentico e un “est” meno tradizionalista, l’ultima polemica coinvolge l’eliminazione dei dazi doganali per chi acquista automobili dall’estero. Un’agevolazione impensabile prima della guerra, che consente un risparmio notevole e che sta spingendo migliaia di persone, dalle regioni occidentali, in Polonia per comprare la macchina nuova. Nulla di male: anche durante un conflitto la gente deve continuare a vivere ma le file chilometriche ai confini infastidiscono non poco chi ogni settimana si reca a occidente per raccogliere aiuti umanitari. “Noi andiamo avanti e indietro gratuitamente per sostenere il nostro popolo mentre altri hanno tempo per acquistarsi l’automobile. Questione di priorità…”, affermano con disincanto due autisti volontari impantanati nella frontiera di Medyka.

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