Cronaca

Amatrice, i terremotati rifiutano le nuove case: chi per paura, chi per opportunismo. Il sindaco: “Sfratterò i ‘furbetti'”

Dopo quasi sei anni dal sisma, a fronte di 82 appartamenti riconsegnati, solo sette famiglie hanno lasciato i M.a.p. (Moduli abitativi provvisori), prefabbricati di legno. Come riportato da Repubblica, molte delle persone che vivono in questi complessi residenziali non hanno intenzione di abbandonarli. Alcuni hanno paura di tornare in appartamenti di cemento, altri preferiscono usufruire degli aiuti statali, senza pagare bollette, tasse, mutui

Il 24 agosto 2016 un terremoto di magnitudo 6.0 radeva al suolo la città di Amatrice, lasciando sepolte sotto le macerie 237 vittime. Dopo quasi sei anni, a fronte di 82 appartamenti riconsegnati, solo sette famiglie hanno lasciato i M.a.p. (Moduli abitativi provvisori), prefabbricati di legno. Come riportato da Repubblica, molte delle persone che vivono in questi complessi residenziali non hanno intenzione di abbandonarli. Chi per paura di tornare a vivere in una casa di cemento armato, nonostante sia costruita secondo i criteri antisismici. Chi perché restio all’idea di doversi allontanare da una realtà in cui ha intessuto una fitta rete di rapporti sociali e che di provvisorio non ha più nulla. E, infine, chi per poter continuare a usufruire degli aiuti statali, senza pagare bollette, tasse, mutui.

L’avvertimento – D’altra parte, tra i rinunciatari, ci sono anche i “furbetti“, gli stessi che hanno fatto capolino nel Belice e a L’Aquila, e che, per esempio, non si fanno scrupoli a vendere la casa a loro assegnata per continuare ad abitare nei compound. Una presenza che ha mandato su tutte le furie il sindaco di Amatrice, Giorgio Cortellesi: “Adesso che finalmente siamo riusciti a far partire i cantieri (357 quelli aperti), rischiamo di costruire case che non abbiamo a chi dare. Quelle stesse persone che si sono lamentate della ricostruzione ferma per 5 anni adesso nicchiano”, spiega Cortellesi. “Ho vissuto anche io quella notte – prosegue – comprendo bene che non c’è psicologo che possa spazzar via il trauma di chi è rimasto intrappolato sotto le macerie e ha visto morire familiari e amici”. Tuttavia, a detta del primo cittadino, per superare una fase critica è necessario impegnarsi: “La condizione di terremotato permanente, l’assistenzialismo non ci aiutano. Chi può rientrare nella propria casa ricostruita con tutti i più moderni criteri antisismici deve farlo”. A conclusione del suo avvertimento, il sindaco si rivolge direttamente a chi potrebbe già da domani entrare nei nuovi appartamenti, ponendo un aut aut: “Verrò incontro a chi mi dimostrerà che sta arredando la casa o che ha seri impedimenti per non trasferirsi, ma renderò la vita difficile a chi proverà a fare il furbo. E l’ultima cosa che vorrei fare ma se sarò costretto firmerò gli sfratti“.

Le due fazioni – Prima del sisma, Amatrice aveva 2700 abitanti. Oggi ne sono rimasti 970. Se da una parte le parole di Cortellesi incontrano il favore di alcuni di loro – quelli già rientrati nelle nuove abitazioni – altri portano avanti la loro battaglia. “Io la casa non ce l’ho ma anche se ce l’avessi i miei bambini a vivere in un palazzo non ce li porterei mai”, sottolinea una donna. “I miei vicini – aggiunge un altro – hanno speso negli anni più di 15mila euro per ingrandire e abbellire la casetta, hanno fatto una veranda di legno e altre opere. E vuole che ora se ne vadano in una casa da arredare?”. Posizioni decise e irremovibili, con cui l’amministrazione dovrà fare i conti, contando – forse – sul supporto di un gruppo sparuto di abitanti. “Sono tornata da quattro giorni e non vedevo l’ora, finalmente casa mia”, racconta una signora di 70 anni. “Anche se nelle casette ho lasciato mia figlia – continua – e vivo qui da sola in un palazzo in cui al momento siamo solo in due”. “Io non ho più una sola amica viva ad Amatrice, ma dobbiamo andare avanti. Sono tutte scuse quelle accampate da chi non vuole venir via dalla casette. L’altro giorno una giovane mamma con un bambino di quattro mesi mi ha detto: io non ci vengo, il bambino si traumatizzerebbe. A quattro mesi?”.