“Io credo che si debba tenere la dinamica dei salari vicino all’aumento dei prezzi così da non deprimere la domanda globale”. Lo dice il Commissario Ue al Lavoro, Nicolas Schmit, in un’intervista al quotidiano La Stampa. “Ci attendevamo la ripresa dell’inflazione, ma non che sarebbe stata così massiccia e oltre il breve termine – afferma il Commissario – lo scenario è cambiato”. “Per ragioni economiche e politiche non è il momento di chiudere le porte e dire niente negoziati per il rinnovo dei contratti. La relazione fra salari e inflazione deve essere realistica”: “Vicino all’inflazione. Può essere sopra o sotto. Ma vicino”.

Quanto alle politiche di welfare, spiega che “la Commissione sta preparando per questo autunno una proposta di raccomandazione per il reddito minimo, con alcuni standard e alcune regole” ma il problema è che “il reddito minimo non risolve da solo il problema dell’occupazione. Aiuta chi ha perso il lavoro o non riesce a lavorare” ma “non li riporta automaticamente in attività. Occorre un forte aiuto e sistema per ricondurti sul mercato”: “È questione di formazione e reskilling”. Per rispondere alla crisi, sono necessarie soluzioni combinate: “Aumento dei salari con qualche aiuto dal punto dei visti del sostegno sociale e anche qualche aggiustamento fiscale. La giusta soluzione sarà una sorta di cocktail fra tutto questo”, conclude. Un invito simile a quello del commissario Schmit è arrivato la scorsa settimana dalla capo economista del Fondo monetario internazionale Gita Gopinath. Parlando dal forum di Davos l’economista ha insistito sul fatto che i salari non dovrebbero essere ridotti in valore reale per il timore di una spirale salari-prezzi. Gopinath ha affermato che potrebbe invece configurarsi una condizione in cui i salari salgono e i prezzi no mentre i profitti aziendali potrebbero ridursi.

Le parole del commissario europeo cozzano con quanto il capo degli industriali italiani professa da mesi: “Nessun aumento”. Curioso perché fino a quando l’inflazione se ne stava placida al di sotto del 2%, Carlo Bonomi sottolineava come gli unici incrementi salariali avrebbero dovuto essere quelli legati all’inflazione. Ora il presidente di Confindustria definisce gli imprenditori “eroi civili” perché “resistono all’inflazione”. Aumentano i prezzi meno dei colleghi europei (almeno secondo lui) e non adeguano i salari. L’inflazione italiana è al 6%, al di sotto della media Ue ma superiore, ad esempio, al 5,4% francese. Al momento non risultano dati di particolare compressione dei profitti aziendali. Anzi, a livello europeo sono sui valori più alti da oltre 10 anni. E così, mentre i profitti delle imprese salgono di questo passo, secondo varie previsione economiche, a fine 2022 le buste paga italiane avranno perso il 5% del loro valore reale. Cosa significa questo? Meno consumi e quindi meno spinta all’economia. Poco fa è stato diffusa la stima preliminare sull’inflazione di maggio in Spagna, salita all’8,7% dall’8,3% di aprile. Il dato è comunque ampiamente sotto il picco del 9,8% di marzo. L’andamento di maggio è dovuto principalmente all’aumento dei prezzi dei carburanti e dei prodotti alimentari e delle bevande analcoliche rispetto allo stesso mese di un anno fa.

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