Spiega il sindacato Filcams: "Si tratta di 200, di cui la metà lavorano a chiamata. Le società d'appalto li impiegano con un contratto che non è quello di settore, ma costa meno"
Quattro euro all’ora, da quattro anni, con un contratto nazionale che non è quello del settore: “Applicato perché costava meno, a differenza di quello specifico per l’ambito culturale, che consentirebbe quasi il doppio della retribuzione “. Queste le condizioni di lavoro denunciate dagli addetti all’accoglienza dei Musei e delle biblioteche del comune di Milano, e spiegate da Roberta Griffini di Filcams Cgil, la Federazione Italiana Lavoratori Commercio, Alberghi, Mense e Servizi.
In questa condizione circa 200 lavoratori, sottopagati dalle società che operano in appalto: “Nel 2018 avevano a disposizione pochi fondi per i finanziare i bandi. Nel frattempo, però, è stato firmato il Protocollo per la qualità e la tutela del lavoro negli appalti dal Comune e da Cgil, Cisl e Uil, che prevede garanzie. E queste chiediamo”. Come si legge in una nota Filcams diffusa nei giorni scorsi, “un lavoratore full time ha uno stipendio netto di soli 750 euro al mese circa, nonostante lavori all’interno dei luoghi della cultura di Milano con la conseguente professionalità necessaria per poter svolgere determinate attività”. C’è poi un altro problema, sottolineato da Griffini: “La metà del personale ha un contratto a chiamata o a tempo determinato. Fra le nostre richieste c’è, perciò, anche la regolarizzazione di queste posizioni, con relativa assunzione”. Continua la nota: “Quello che i lavoratori e le lavoratrici ritengono fondamentale è che all’interno del bando ci sia la garanzia che, a seguito di un cambio d’appalto, nessuno venga lasciato a casa a prescindere dalla tipologia di contratto individuale e che venga applicato l’effettivo Ccnl di settore”.
Le proteste dei sindacati – fra cui un presidio previsto per il 31 maggio – arrivano dopo numerosi incontri fra i due fronti, che da tempo non portano a nulla di fatto: “L’unica certezza è la proroga di 6 mesi dell’appalto che, tradotto, per gli addetti significa altri 6 mesi di stipendi da fame e preoccupazioni sul proprio futuro”, spiegava sempre in una nota Filcams. Ecco perché il sindacato aveva “proclamato anche un pacchetto di 8 ore di sciopero” ed era stato deciso “di chiedere un incontro alle Istituzioni Comunali e l’audizione alle commissioni consiliari Lavoro e Cultura per esporre le ragioni della protesta e per chiedere una soluzione veloce e concreta”.