Volkswagen è indagata in Brasile per violazioni dei diritti umani commesse tra il 1974 ed il 1986 da un intermediario che le ha procurato lavoratori per un disboscamento. Lo riporta Stefanie Dodt della NDR riferendo ricerche della sua emittente con la emittente SWR e il quotidiano Süddeutsche Zeitung. La Companhia Vale do Rio Cristalino nel Pará, al limite del bacino amazzonico, doveva rappresentare l’ingresso della casa tedesca anche nella produzione di carni dietro invito della dittatura militare che le garantiva sgravi fiscali. La casa di Wolfsburg si era affidata per la direzione della fazenda al cittadino svizzero Friedrich Brügger che aveva devoluto l’intermediazione di lavoratori in affitto per il disboscamento di 70.000 ettari, metà dell’appezzamento. I braccianti erano attratti dai villaggi remoti con false promesse e una volta sul posto gli venivano addebitati costi di trasporto e pensione: una volta bloccati e costretti al lavoro nella fattoria per ripagarli il sistema era perpetuato imputando loro sempre nuovi oneri per il vitto.
Il fascicolo di indagini di oltre 2.000 pagine, riassunto in un rapporto conclusivo di 84, indica che gli i braccianti erano trattenuti con guardie armate che sparavano, picchiavano ed incatenavano chi tentava la fuga. In molti casi a malati e feriti sarebbero state negate le cure, e anche chi era molto indebolito era costretto a lavorare e umiliato sotto la minaccia delle armi. Le testimonianze -riporta l’inchiesta – descrivono episodi raccapriccianti: lavoratori avrebbero dovuto introdurre la canna delle armi dei guardiani in bocca; la moglie di un dipendente che aveva cercato di fuggire per punirlo sarebbe stata violentata. Anche i minorenni erano trattenuti a forza mentre una madre ha dichiarato che il figlio è morto per le ferite dovute alle percosse. Il Procuratore Rafael Garcia, impegnato nelle indagini, ha dichiarato ai media tedeschi “era una forma di schiavitù moderna”: le condizioni erano disumane tanto che i lavoratori in affitto che prendevano la malaria e non la superavano venivano sepolti nella fattoria senza che le famiglie ne fossero informate. Semplicemente sparivano. “La Volkswagen non solo ha accettato questa forma di schiavitù, ma la ha addirittura promossa, era semplicemente forza lavoro economica”, le parole del procuratore Garcia riportate sui giornali tedeschi.
Friedrich Brügger ha dichiarato che le responsabilità erano solo degli intermediari incaricati del disboscamento, specificando che le cose devono essere viste nel contesto del lavoro nella foresta amazzonica: non ci sarebbe stata violenza sistematica e schiavitù, ma tutt’al più casi singoli nell’alveo di quanto “usuale” all’epoca. Il sistema debitorio esisteva, ha ammesso alla stampa tedesca, ma era giustificato dagli alti consumi dei lavoratori. Volkswagen Brasile ha ricevuto informazione di garanzia il 19 maggio ed è stata invitata ad un’udienza innanzi al tribunale del lavoro di Brasilia il 14 giugno. Il costruttore ha indicato a SWR, NDR e SZ di prendere sul serio le accuse, Brügger non la rappresenta e le sue affermazioni sono in contrasto con i valori aziendali. La casa tedesca, tuttavia, deve affrontare polemiche sulla scarsa attenzione ai diritti umani anche altrove: nonostante le prove sulle persecuzioni degli Uiguri rinchiusi in carceri di rieducazione nello Xinjiang, mantiene dal 2013 una fabbrica ad Urumqi con la cinese SAIC. L’amministratore delegato di VW Herbert Diess ha indicato all’Handelsblatt che non intende rinunciare e si è detto convinto che la presenza dello stabilimento migliora la situazione delle persone e ha assicurato che VW controlla che i suoi valori e le differenze culturali e religiose sono rispettate.
Volkswagen ha già dovuto pagare il 25 maggio più di 226 milioni di euro per chiudere una class action per il dieselgate in Inghilterra e da febbraio ne pende una cui partecipano anche proprietari italiani a Braunschweig. Nella stessa città della Bassa Sassonia è in corso il processo penale contro quattro ex dirigenti, con lo stralcio della posizione dell’ex amministratore delegato Martin Winterkorn. La casa di Wolfsburg è stata citata per danni ambientali anche davanti al tribunale civile di Detmold (Nord-Reno Vestfalia) dall’agricoltore biologico Ulf Allhoff-Cramer. All’udienza di apertura il 20 maggio la Corte ha dato sei settimane per integrare la documentazione, fissando un termine analogo successivo al costruttore per le repliche. Fissata il 9 settembre un’udienza di promulgazione: se non disporranno l’acquisizione di prove i giudici potranno già pronunciare la sentenza.