Anche nel metaverso, la realtà virtuale creata da Mark Zuckerberg, le donne subiscono molestie sessuali e addirittura stupri. Una ricercatrice ha denunciato di essere stata “condotta in una stanza privata e violentata” sulla piattaforma virtuale Horizon Worlds di Meta, la multinazionale che possiede Facebook, Whatsapp e Instagram. Lo ha raccontato l’organizzazione internazionale per cui la vittima lavora, la SumOfUs – Fighting for people over profits, specializzata in corporate accountability, cioè della promozione tra le aziende del rispetto per l’ambiente, per i dipendenti e per i clienti. La ricostruzione del fatto è piuttosto dettagliata: sulla scena del presunto stupro, si apprende, era presente anche un terzo avatar intento a bere “vodka virtuale”, che non si è intromesso ed è rimasto a guardare la scena, insieme ad altri affacciati fuori dalla finestra. “È successo tutto così in fretta che mi sono sentita come dissociata. Una parte del mio cervello si chiedeva cosa diavolo stesse succedendo, un’altra diceva che quello non era il mio corpo reale”, ha raccontato la vittima.

Il fatto, secondo la denuncia, è avvenuto dopo una sola ora passata sulla piattaforma, che negli Stati Uniti e in Canada è aperta a tutti i maggiorenni. Sul proprio account Twitter, la no profit SumOfUs ha condiviso la notizia commentando: “La nostra indagine ha rivelato che il Metaverso è solo un altro pozzo nero di contenuti tossici, inondato di fatti nocivi. Perché non siamo sorpresi?”. La ricerca condotta dall’organizzazione ha portato alla luce, si legge nel repost, “approcci virtuali e stupri di gruppo, molestie sessuali verbali, commenti omofobi e razzisti, processi inadeguati per la segnalazione delle violazioni, mancata azione contro gli utenti che violano linee guida per le piattaforme, facilità per i bambini di utilizzare la piattaforma e incontrare pericoli”.

Altre persone hanno riferito a SumOfUs di essere state vittime di violenze e molestie su Horizon Worlds, un mondo del metaverso dove l’avatar degli utenti può andare in giro con altri simili, giocare con loro e intrattenersi in vari modi. Tra queste Nina Jane Patel, che a dicembre dello scorso anno ha raccontato su Medium di essere stata “praticamente violentata in gruppo” dopo poco di più di un minuto dall’accesso alla piattaforma. Patel ha inoltre aggiunto di essere diventata bersaglio di offese e frasi oscene a causa dell’aspetto femminile del suo avatar. “È stato surreale, un incubo” ha scritto. Vicky Wyatt, direttrice delle campagne di SumOfUs, ha sottolineato alla Bbc come, pur non trattandosi di un abuso sul corpo fisico, un comportamento di questa natura “ha comunque un impatto reale sugli utenti”.

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