Combattente per la Liberazione, avvocato e professore universitario, poi parlamentare e componente del Csm: il giurista avrebbe compiuto 99 anni ad agosto. E' stata una colonna portante della difesa della Carta, nei tribunali (come quando difese gli studenti della "Zanzara" o rappresentò la famiglia dell'anarchico morto in questura dopo la strage di piazza Fontana) e in politica. L'ultima sua battaglia da presidente dell'associazione partigiani fu contro le riforme istituzionali del governo Renzi. Il cordoglio di Letta e Fratoianni. Liliana Segre: "Ammirazione e gratitudine, un maestro di libertà"
È morto a Milano Carlo Smuraglia, presidente onorario dell’Anpi, avvocato ed ex parlamentare. Nato ad Ancona nel 1923, avrebbe compiuto 99 anni ad agosto. Partigiano, poi avvocato e
Smuraglia era uno studente di giurisprudenza all’università di Pisa quando dopo l’8 settembre 1943 lascia gli studi, rifiuta l’arruolamento dei fascisti nella Repubblica di Salò e si unisce alla Resistenza. Nel 1944, a 21 anni, è volontario nel Gruppo di combattimento “Cremona” del nuovo esercito, il Corpo di liberazione, alle dipendenze operative dell’ottava armata britannica. Combatté lungo la fascia adriatica fino a Venezia finché le truppe fasciste e naziste non si arresero. Dopo la guerra si è laureato perfezionandosi alla Scuola Sant’Anna di Pisa. Nella città toscana diventa anche assessore alla giustizia, incarico che manterrà per 13 anni, fino al 1960. Oltre ad insegnare all’università (a Milano e Pavia) avvierà anche la carriera da avvocato.
Negli anni Cinquanta fu lui, per esempio, a difendere alcuni partigiani accusati di omicidio, riuscendo a farli assolvere. Insieme a lui c’era Lelio Basso. Ma le tracce del lavoro di Smuraglia hanno punteggiato molte tappe del cammino della Repubblica: difese gli studenti della Zanzara, il giornale del liceo Parini di Milano, che nel 1966 furono denunciati per stampa oscena e corruzione di minorenni per via di un’inchiesta dal titolo “Un dibattito sulla posizione della donna nella nostra società, cercando di esaminare i problemi del matrimonio, del lavoro femminile e del sesso”. I tre autori furono poi assolti.
Come parte civile Smuraglia rappresentò alcune vittime delle famiglie delle vittime dei cosiddetti “fatti di Reggio Emilia” del 1960 (quando le forze dell’ordine fecero fuoco e uccisero 5 operai inermi durante una manifestazione sindacale) e anche di Giuseppe Pinelli, morto nella notte tra il 15 e il 16 dicembre 1969 dopo essere precipitato da una finestra della questura di Milano durante un fermo di polizia in questura nel corso delle indagini sulla strage di piazza Fontana. “La vicenda Pinelli – ha raccontato Smuraglia alla rivista specializzata Giustizia Insieme – ha segnato profondamente la mia vita professionale, per essere stato testimone di una grave tragedia e di una ingiustizia, ma anche la mia vita personale, perché ho conosciuto e frequentato una persona di estrema dignità come Licia Pinelli e le sue figlie coraggiose, Silvia e Claudia, ed anche perché ho visto e seguito di persona il lavoro di un gruppo di giornalisti seri ed indipendenti, che, a partire dalla tragica notizia, fecero di tutto per raggiungere la verità e per informare i cittadini, trovandosi, non di rado, contro corrente. Sono cose che non si dimenticano ed incitano ad essere ancora più rigorosi nella vita, nella professione e nella politica. Insomma, ne sono uscito diverso“.
Nella foto in alto – Smuraglia, con la moglie Enrica, nel giorno della Liberazione del 2020, durante il lockdown