Il 25 maggio un immane rogo ha interessato l’isola di Stromboli. Non è la prima volta che l’isola viene coinvolta da incendi di grande entità. E’ capitato anche nel 2019, quando l’eruzione “maggiore” del 3 luglio e il deposito di ceneri vulcaniche incandescenti ha causato numerosi incendi sparsi con congrui danni alla vegetazione. È la prima volta che, palesemente, la causa è la stupidità umana: un fuoco acceso appositamente con vento di scirocco nell’ambito di una fiction Rai dal titolo “Protezione civile” (sigh!).

L’impatto del fuoco è stato enorme ed ha interessato l’intero versante orientale e settentrionale dell’isola, in un momento “delicato” sotto il profilo biologico: siamo nella fase della fioritura della maggior parte delle specie vegetali, ed alla conclusione della riproduzione delle specie di uccelli nidificanti. La perdita di biodiversità è difficile da calcolare in termini economici – anche se un gruppo di lavoro cercherà di farlo – ma è senz’altro drammatica in termini ambientali.

Al riguardo, mi sono confrontato con un mio caro amico, guida naturalistica, che vive a Lipari, il quale, sinteticamente, mi ha riferito quanto segue. Sull’isola vive, per esempio, il 99% della popolazione globale di una specie – il citiso delle Eolie – considerata sull’orlo dell’estinzione e inclusa tra quelle prioritarie in allegato alla direttiva comunitaria 43/92 “Habitat”. Al momento non è facile capire quanta parte di questa popolazione possa essere andata in fumo, ma sicuramente i dati saranno sconfortanti. L’incendio ha inoltre determinato una instabilità idrogeologica e minato la tenuta dei versanti sabbiosi, cosa che produrrà sensibili conseguenze in occasione delle prime piogge importanti; dai valloni e lungo i sentieri che attraversano il versante si riverserà molto materiale nel paese, peggiorando gli effetti già nefasti di un incendio che ha lambito le case e i coltivi, i vigneti e gli uliveti.

Il paesaggio dell’isola è drasticamente compromesso e la situazione resterà tale per parecchio tempo, ed occorre considerare inoltre che il fuoco crea un vantaggio per specie invasive che si espanderanno a danno di quelle native. Non è un problema da poco, perché sono queste “alternanze” che cambiano l’aspetto di un paesaggio e ne mutano, oltre al significato, anche il valore in termini di “naturalità percepita”. È una magra consolazione che a differenza degli enne incendi dolosi che caratterizzano il Meridione d’Italia – questa volta i rei dell’assurdo gesto verranno individuati facilmente.

Tutto, come dicevo, per una fiction sulla Protezione civile, una fiction ampiamente superata dalla realtà. Surreale è un termine leggero per definire quello che è successo. Ma il fatto criminale si presta anche ad un’altra considerazione. Nel 2016 un incendio di gravi proporzioni colpì un’altra nostra e preziosa isola, Pantelleria. La risposta della politica fu che venne immediatamente istituito un Parco Nazionale a Pantelleria, già peraltro previsto dall’art. 4 septies della legge 222 del 24 dicembre 2007. Ma la stessa norma prevedeva altresì l’istituzione del Parco delle Eolie (oltre che del Parco delle Egadi e del litorale trapanese, e del Parco degli Iblei). Sono trascorsi quindici anni e del parco nessuno ne parla, né in loco, né in Parlamento, come mi conferma sempre l’amico naturalista.

Il parco, anziché come volano per l’economia locale, è visto come limite alle attività (caccia, cemento, e similari). Vecchia storia di un paese latino che fatica ad evolvere. E questa volta non basterà l’incendio a smuovere le acque, come accadde invece a Pantelleria. Si continuerà come prima, tanto più che ora si è in clima di elezioni e non bisogna parlare di tutela dell’ambiente. Non porta voti.

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