L’accordo sul sesto pacchetto di sanzioni europee alla Russia rischia di essere di nuovo rinviato. E tutto, dopo l’intesa sull’embargo al petrolio russo trasportato via nave, ruota intorno alla figura del patriarca Kirill, inserito nella blacklist delle personalità vicine al Cremlino e colpito dalle misure dell’Ue, secondo l’ultima bozza emersa dal vertice di Bruxelles. A mettersi in mezzo, di nuovo, l’Ungheria di Viktor Orban.
Budapest si era messa alla testa di quei Paesi che chiedevano l’esenzione dall’embargo al petrolio di Mosca, soprattutto a causa della sua forte dipendenza dal greggio del Cremlino. E la sua posizione aveva portato a dei risultati concreti: con i Paesi privi di coste esentati temporaneamente dallo stop, sembrava che l’intesa sul sesto di pacchetto di sanzioni europee a Mosca fosse solo da formalizzare. Invece la riunione degli ambasciatori dei 27 Paesi membri dell’Ue è terminata e si attende una nuova convocazione proprio perché l’Ungheria ha chiesto di escludere il patriarca russo dalla lista delle sanzioni. Serve quindi avviare una nuova trattativa, ma la convocazione della riunione, spiegano fonti diplomatiche, è al momento difficile da stabilire e toccherà alla presidenza francese dettare i tempi della nuova chiama.
Nello schema delle sanzioni finito sul tavolo della riunione, Kirill e altre personalità russe sono state inserite nella blacklist di persone e entità ritenute coinvolte nell’operazione militare russa in Ucraina. Il religioso ha fatto parlare di sé in più di un occasione per aver ‘benedetto’ l’invasione ordinata da Vladimir Putin e per aver anche tentato di fornire una giustificazione ai piani espansionistici di Mosca nel Paese di Volodymyr Zelensky. Tanto da essere considerato una delle voci del Cremlino, con particolare presa sui fedeli, che ha causato anche un ulteriore scollamento dalla Chiesa autocefala ucraina.
Non è ancora chiaro quali siano le motivazioni che hanno spinto Viktor Orban a intraprendere questa nuova battaglia in seno al Consiglio Ue. Se sulla questione delle forniture di petrolio dalla Russia Budapest ha chiesto legittimamente garanzie, vista la forte dipendenza dal greggio di Mosca e l’impossibilità di un accesso al mare, così come Repubblica Ceca, Slovacchia, Austria e Lussemburgo, la posizione assunta in merito alla figura di Kirill sembra avere più una valenza politica, legata ai buoni rapporti tra Ungheria e Russia, che economica. Non può essere considerata nemmeno una questione di tenuta interna, visto che la popolazione ungherese di religione ortodossa rappresenta meno dell’1% del totale.