di Roberta Ravello

La Commissione Europea, il 21 ottobre scorso, ha licenziato uno studio sugli Incels in Europa, riferendosi a uomini che credono di non essere in grado di accedere a relazioni sessuali consensuali perché non sarebbero attraenti per le donne. In sintesi, si tratta di celibi involontari.

Lo studio è stato commissionato perché la comunità incel virtuale propone contenuti misogini, con militanti radicali che celebrano la violenza contro le donne e idealizzano come eroi delinquenti che si macchiano di femminicidi. Il documento della CE intende dunque delineare le sfide per i professionisti della prevenzione e del contrasto all’estremismo violento di tipo maschilista.

In base a questo studio, l’Italia si trova al quarto posto per consistenza e attivismo degli incels in Europa. La mentalità prevalente tra gli incels nostrani sarebbe quella della paura dei rifugiati, percepiti come competitori potenziali per l’accesso alle donne nel “mercato degli appuntamenti”. Costoro sarebbero inoltre convinti che la cultura italiana del “trattare le donne come principesse” rafforzi l’ipergamia, ovvero la ricerca del maschio alfa più attraente fisicamente o economicamente. Un’attitudine che lascerebbe i maschi cosiddetti “normali” disaccompagnati, con tutta la rabbia e frustrazione che ne deriva. A contraddistinguere la comunità incel è la data di scadenza per una donna per essere appetibile. Il “muro” è l’età massima che una donna raggiunge prima che il suo valore sessuale “di mercato” inizi a diminuire. Secondo gli incels, questa età è di 25 anni.

Essi si focalizzano sull’accesso alle relazioni sessuali con le donne studiando metodi per farle capitolare che possono rappresentare, dice lo studio, un rischio per la salute e la sicurezza pubblica. Questi uomini possono diventare violenti, possono utilizzare pillole dello stupro, possono perseguitare digitalmente donne vulnerabili, cimentarsi in stalking, porn-revenge, femminicidi… ma possono fare del male anche a se stessi se convinti di subire un’ingiustizia sociale.

Un primo passo importante nell’affrontare il fenomeno incel, conclude lo studio, è aumentare la consapevolezza del problema tra gli operatori dei servizi competenti, in modo che si possa prevenire e curare il fenomeno con iniziative mirate.

Leggendo lo studio mi viene da dire questo. Un tempo c’erano le zitelle e venivano prese in giro. Essere single portava al biasimo sociale. Oggi le donne single sono una moltitudine di nubili volontarie, perché preferiscono stare da sole, piuttosto che male accompagnate. Paradossalmente, questo andrebbe a rafforzare la convinzione degli incel per la regola 80/20: una reinterpretazione del principio di Pareto che presuppone che l’80% delle donne sia disponibile solo per il 20% degli uomini con alto status sociale; il che significa che l’80% degli uomini ai livelli di base sarebbe lasciato a contendersi il restante 20% delle donne, considerate “le scartine”. Tutto questo mi fa pensare a scarsa educazione, analfabetismo emotivo e pochezza di modelli genitoriali validi per la contemporaneità.

Forse, se si investisse di più collettivamente per superare i ritardi culturali, ci sarebbero in giro meno celibi involontari che passano il tempo su internet a fare gli odiatori di donne emancipate o a tentare di far capitolare sessualmente delle prede, e più donne disposte a rinunciare alla beata singletudine per vivere stabilmente in coppia con un compagno “normale”. Intendo uno di sani principi, ancor più che di robusto portafoglio o conclamata avvenenza, che è poi il sogno di quasi ogni donna, perché non tutte possono aspirare a Brad Pitt.

Il normale che possa essere un “desiderata” delle tante single che conosco non è però un incel, un discronico disadattato temporale, è un uomo dei tempi nostri. Non so, magari la soluzione migliore è fornire agli incel, tanto appassionati di digitale, un upgrade culturale a questo millennio.

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