Secondo l'amministratore delegato della banca più grande degli Stati Uniti, c'è una combinazione senza precedenti di fattori avversi, tra cui le strette monetarie delle banche centrali e l'invasione russa dell'Ucraina e la corsa dei prezzi delle materie prime
Jamie Dimon, numero uno del colosso bancario statunitense Jp Morgan, ha avvisato gli investitori di prepararsi alla tempesta che, a suo parere, sta per colpire l’economia. C’è una combinazione senza precedenti di fattori avversi, tra cui le strette monetarie delle banche centrali e l’invasione russa dell’Ucraina e la corsa dei prezzi delle materie prime. “L’uragano è proprio lì fuori e sta per investirci”. Ancora non sappiamo quali saranno i danni che potrebbe provocare ma è meglio prepararsi, suggerisce il banchiere.
La scorsa settimana Dimon aveva parlato di “nuvole temporalesche all’orizzonte” ma oggi a rincarato “Sono grandi nuvole temporalesche. È un vero e proprio uragano”. Dimon ha rimarcato che il conflitto in corso potrebbe spingere i prezzi del petrolio fino a 150 o addirittura 175 dollari al barile. Attualmente il brent viene scambiato a 117 dollari con un incremento del 66% rispetto ad un anno fa. “Non stiamo adottando le azioni adeguate per proteggere l’Europa da ciò che accadrà nel breve termine nel mercato del greggio. E non stiamo intraprendendo le azioni adeguate per proteggere tutti noi da ciò che accadrà nei prossimi cinque anni”, ha detto Dimon. Le banche centrali, ha spiegato il banchiere, non hanno scelta, “devono drenare parte della liquidità per fermare la speculazione, per ridurre i prezzi delle case e cose del genere”. Tra gli elementi “luminosi” per gli Stati Uniti di questo scenario fosco Dimon indica l’aumento dei salari e l’abbondanza di posti di lavoro. JP Morgan, ha concluso l’amministratore delegato, si sta preparando e lo sta facendo adottato un approccio “molto conservativo sul suo bilancio”.
Il mese scorso gli economisti della banca hanno abbassato le loro stime di crescita per la seconda metà del 2022 portandole dal 3 al 2,4% e ridotto quelle per la prima metà del 2023 dal 2,1% all’1,5%. Tra le cause del ridimensionamento delle previsioni il calo degli indici azionari, i costi dei mutui più alti e la forza del dollaro che penalizza le esportazioni statunitensi.