Il fondo Elliott se ne va da vincitore: ha risanato una società in macerie, l'ha fatta vincere, la rivende e realizza una plusvalenza di mezzo miliardo di euro. Il nuovo fondo statunitense punta a business diverso, ma non sarà mai il giocattolo di uno sceicco, bensì un modo per accumulare utili e aumentare il prezzo per un'eventuale vendita. Come? Creando una squadra molto competitiva, puntando su un sistema di gestione innovativo e risolvendo al meglio la questione stadio
Da un fondo americano a un altro. Dall’era di Elliott, che finisce nel migliore dei modi da tutti i punti di vista, con lo scudetto sul campo e un bilancio risanato, al momento giusto insomma, almeno dal suo punto di vista, a quella di RedBird, che inizia tra grandi speranze dei tifosi e obiettivi ancora più ambiziosi. Per la terza volta in cinque anni, il Milan ha un nuovo proprietario. Dopo il passaggio da Berlusconi al misterioso Yonghong Li, dopo il riscatto da parte di Elliott per le inadempienze dei cinesi, ecco RedBird, il private equity appassionato di sport diretto dal manager Gerry Cardinale, ex partner di Goldman Sachs. La cessione era chiacchierata da mesi e le parti erano uscite allo scoperto nelle ultime settimane, prima con la trattativa fallita con gli arabi di Investcorp, quindi con l’ingresso in scena a sorpresa di RedBird. Ora siamo all’annuncio delle firme: valutazione complessiva di oltre 1,3 miliardi (altissima per gli attuali parametri economici della società), Elliott dovrebbe rimanere almeno inizialmente con una quota di minoranza (si parla del 30%), per garantire la transizione. Le prossime settimane serviranno per limare i dettagli del closing ma ormai è fatta: il futuro rossonero sarà ancora a stelle e strisce, e ancora con un fondo d’investimento. Adesso non resta che capire cosa comporterà per i tifosi.
Decifrare l’operazione dal punto di vista di Elliott è molto semplice. Il fondo di Paul Singer se ne va da vincitore su tutti i fronti, dopo uno storico scudetto e con un bilancio risanato (anche se non ancora in attivo). Monetizza al massimo la sua esperienza dopo poco più di un triennio, con una ipervalutazione che nessuno credeva possibile (1,3 miliardi sono davvero tanti per un club con un fatturato di soli 300 milioni), resa ancor più vantaggiosa da quelle che erano state le modalità di acquisto nel 2018, per il riscatto del pegno non onorato da Yonghong Li. Elliott, che ha speso soprattutto per ripulire i conti dai debiti, tra cifra d’acquisto iniziale (circa 300 milioni) e ripianamenti di perdite varie, ha investito nei rossoneri circa 700-800 milioni: con questa valutazione realizzerà una plusvalenza potenziale di mezzo miliardo. Così l’addio diventa molto più comprensibile. E poi sportivamente lascia quando viene il bello, ma anche il difficile: ha vinto uno scudetto con un modello di calcio sostenibile, basato su giovani e contenimento dei costi, con il quarto monte ingaggi della Serie A, quasi la metà della Juventus, di gran lunga inferiore anche ai rivali dell’Inter e persino al Napoli. Ora che però tanti talenti si sono affermati, i contratti andranno adeguati, l’asticella si è alzata, si entrerà in una nuova fase, completamente diversa.
È una sfida che a questo punto però non riguarda più Elliott, visto che ad affrontarla sarà RedBird. Tutti si chiedono quale sarà il suo modello di business. E la verità è che, in attesa di dichiarazioni e della prova del campo, nessuno lo sa. Nemmeno Paolo Maldini, direttore rossonero, eroe dello scudetto, che ha recentemente dichiarato di non aver parlato con la possibile nuova proprietà facendo tremare i tifosi (ma la conferma dell’attuale dirigenza non dovrebbe essere in discussione). Dunque per il momento ci si può affidare solo a precedenti esperienze e considerazioni di tipo generale. RedBird è una società d’investimento americana fondata nel 2014, che ad oggi gestisce un portfolio di circa 6 miliardi di dollari di capitale. Molto meno di Elliott (che è oltre quota 30), ma non è questo l’unico parametro su cui valutare un fondo. Quello di Cardinale conosce bene lo sport: è già presente nel mondo del calcio dal 2020 con il Tolosa, che ha riportato nella Serie A francese in un paio di stagioni, senza spese folli. Primo indizio. Ha una quota di Fenway, gruppo proprietario del Liverpool e dei Boston Red Sox di baseball, ha una partnership anche con Lebron James. E poi è molto attiva nel settore del ticketing, ad esempio con la “On Location Experiences“, società di intrattenimento legata alla NFL di football americano, che sarà coinvolta anche nelle Olimpiadi di Milano-Cortina 2026, in qualità di partner del Cio.
Dunque sport, media, entertainment: un tipo di business che gli americani sanno fare bene e che potrebbe attecchire anche nel calcio italiano, che oggi non se la passa benissimo, costa relativamente poco (specie se comparato a Nba o Premier League) e ha ampi margini di crescita, motivo per cui si stanno moltiplicano le proprietà americane. Con una nota precauzionale, però: come ha fatto notare il patron della Fiorentina, Rocco Commisso, “Cardinale prende il Milan con soldi non suoi”. Non proprio il più caloroso dei benvenuti nei confronti del suo connazionale, ma in parte ha centrato il punto: RedBird non è un magnate che farà del Milan il suo giocattolo, o uno sceicco che lo utilizzerà come una vetrina occidentale. È un altro fondo d’investimento, proprio come Elliott. E i fondi fanno una cosa di mestiere: comprano asset, li valorizzano e li rivendono a una cifra superiore. Per guadagnarci. È nota la fede di RedBird nel cosiddetto “Moneyball”, un modello di business che consiste nel gestire una squadra sportiva attraverso un utilizzo quasi esasperato di dati e statistiche, senza spese folli ma facendo fruttare ogni dollaro investito. Non è detto che venga applicato pedissequamente anche al Milan, ma certo quello è l’orizzonte di riferimento della nuova proprietà, che poi non è troppo diversa da quello della vecchia. Se Elliott però ha semplicemente risanato una società ridotta in macerie, ora per un ulteriore salto di qualità serve trasformare il Milan in un top club moderno europeo, dal valore superiore al miliardo e mezzo di euro, cosa che oggi assolutamente non è. Per farlo, il primo passo sarà senz’altro dotarlo di un’infrastruttura all’avanguardia: è evidente che in questa nuova stagione rossonera la partita decisiva sarà quella del nuovo stadio di proprietà. Ma bisognerà anche costruire una squadra vincente, stabilmente nell’elite internazionale. Solo così RedBird riuscirà a far fruttare il suo investimento miliardario. E in fondo è proprio questa la garanzia migliore per i tifosi milanisti.