La frequenza degli incontri tra una vedova e un cappellano militare può far sorgere dei dubbi, insospettire o, addirittura, provocare scandalo. È il caso di un comune nell’hinterland di Varese: vedendolo spesso a casa della donna, la gente del luogo inizia a pensare che i due vivano more uxorio. Nel 2017 un’avvocata, che da tempo ascoltava pettegolezzi e congetture, scrive alla Diocesi, al vescovo, al vicario episcopale e perfino al Vaticano. Vuole vederci chiaro, ma, per tutta risposta, il prete si sottopone al test del dna – c’è chi ha ravvisato qualche somiglianza con la figlia della donna – e querela la legale per diffamazione.

“La mia assistita è una donna credente che si è posta una domanda legittima perché un pastore, per chi ha fede, è una figura di riferimento che deve rappresentare dei valori e dei principi. Lo sostiene anche il diritto canonico“, ha spiegato il difensore dell’imputata, il quale non crede sia giusto parlare di diffamazione, in quanto le lettere non sono state rese pubbliche. Di fronte ai magistrati e sulle pagine della Prealpina – il giornale locale -, il sacerdote si è lamentato per una situazione, a suo dire, incomprensibile: “La mia vocazione è la mia vita ed è stata messa in discussione per qualcosa che non ho fatto. Tutto questo è infamante e mi ha ferito interiormente”.

“Nel 2018 il vescovo mi ha detto di evitare di incontrare quella famiglia – si sfoga – di cui ero amico da quando la bambina frequentava l’oratorio per il catechismo e a cui mi sono sentito in dovere di essere di supporto morale e spirituale dopo che è morto suicida il padre”. Una motivazione che non ha retto l’urto del chiacchiericcio: “Mi è stato chiesto di congedarmi: ho accettato per il bene dell’Ordinariato ma è stata una scelta fonte di profonda frustrazione”. Il giudizio è ancora in corso: le udienze hanno dovuto affrontare anche le difficoltà della pandemia. Alla diffamazione, si sono aggiunti nel frattempo i danni patrimoniali, perché oltre all’incarico il cappellano ha perso anche lo stipendio. Può contare però sul supporto della vedova e della figlia, che si sono costituite parte civile.

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