È arrivato il via libera dell’Opec+, con anche l’ok della Russia, all’aumento della produzione di petrolio nei due mesi di luglio e agosto per far fronte a un eventuale calo di Mosca, coinvolta nel conflitto ucraino e colpita dalle sanzioni europee ed americane che hanno interessato anche le importazioni del greggio dalla Federazione. Sono bastati 11 minuti di riunione ai delegati che hanno preso parte al vertice dell’Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio per decidere di incrementare la produzione di 648mila barili al giorno nei due mesi estivi.
La decisione era attesa, visti anche i prezzi che sono ormai schizzati intorno ai 120 dollari al barile, provocando il conseguente aumento del costo del carburante. Al termine dell’incontro l’alleanza dei 23 membri ha deciso di interrompere la sua cauta serie di aumenti e concordare di pompare più petrolio a partire da luglio, nel timore che gli alti prezzi dell’energia possano rallentare l’economia globale. L’aumento dei prezzi del petrolio e del gas ha contribuito all’inflazione che sta affliggendo gli Stati Uniti e l’Europa e che sta intaccando il potere d’acquisto dei consumatori. Il gruppo ha aggiunto costantemente 432mila barili al giorno ogni mese, nell’ambito di una tabella di marcia volta a ripristinare gradualmente i tagli alla produzione effettuati durante la recessione pandemica nel 2020.
La decisione è stata ulteriormente complicata dall’incapacità del gruppo di raggiungere gli obiettivi di produzione a causa di investimenti insufficienti e altri ostacoli in alcuni Paesi membri. Si riteneva infatti che solo l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti abbiano la capacità di produrre più petrolio, un aumento che potrebbe alterare l’equilibrio tra loro e gli altri Paesi che non possono produrre e guadagnare di più.
Soddisfazione è stata espressa dalla portavoce della Casa Bianca, Karine Jean-Pierre, che ha messo in evidenza il ruolo dell’Arabia Saudita come presidente dell’Opec+ nel raggiungere il consenso.