A tanto ammonta il numero dei cittadini con almeno una cartella esattoriale, ha spiegato Ernesto Maria Ruffini: "Hanno fatto i maramaldi per tanti anni, usiamo strumenti che li facciano rientrare in carreggiata. Li abbiamo individuati". E sul "sistema ideale" per combattere l'evasione: "Il mio è quello in cui i cittadini sanno che chi non paga viene intercettato e l'azione viene punita. La pena detentiva non mi convince"
Diciannove milioni di italiani con almeno una cartella esattoriale: 16 milioni di persone fisiche e 3 milioni di società, ditte, partite iva. Evasori, cittadini che devono dei soldi allo Stato per tasse, contributi e multe non pagate. Persone che dovrebbero lavorare “fino a ripagare la collettività”. Numeri (e soluzione) sono detti a chiare lettere dal direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini. “Li abbiamo individuati”, ha spiegato al Festival internazionale dell’Economia il numero uno dell’agenzia fiscale ragionando attorno agli strumenti per portarli a saldare il debito e al suo “sistema ideale” per la lotta all’evasione. “Il mio è quello in cui i cittadini sanno che chi non paga viene intercettato e l’azione viene punita. Chi è poi così autolesionista da evadere?”, si è chiesto.
“La pena detentiva per chi non paga le tasse non mi ha mai convinto – ha detto – Preferisco mettere in carcere l’evasore così poi fallisce l’attività o farlo lavorare finché non ripaga la collettività? Sono 19 milioni le persone che non pagano le tasse. Li abbiamo individuati, ma a chi conviene metterli tutti in cella?”. Nel conteggio di Ruffini rientrano tutti coloro che hanno una cartella esattoriale, quindi anche persone con multe non pagate. “Hanno fatto i maramaldi per tanti anni, usiamo strumenti che li facciano rientrare in carreggiata. Li abbiamo individuati”, ha spiegato Ruffini.
“Le tasse sono uno strumento per avere uno stato democratico. Pagare le tasse non fa piacere a nessuno e farle pagare fa ancora meno piacere, ma – ha aggiunto Ruffini in un’intervista a La Stampa – è la cartina di tornasole dell’inciviltà di un Paese perché si fanno pagare le tasse ad esempio per retribuire gli stipendi ai medici che ci salvano la vita”. Lo Stato, ha detto ancora, “ha ha dovuto tagliare la spesa sanitaria perché non ci sono abbastanza risorse”. In questa situazione, “dobbiamo essere consapevoli delle nostre scelte, invece si fa finta di nulla, negli anni con la complicità della politica”, avverte.
Già negli scorsi giorni, Ruffini aveva spiegato che nel cosiddetto “magazzino” ci sono circa 1.100 miliardi di euro fra tasse, imposte e contributi da riscuotere. Una cifra monstre solo in parte davvero recuperabile: “Qualche decina di miliardi, o comunque sotto i cento. La stragrande maggioranza dei crediti in magazzino non è riscuotibile”, aveva detto a SkyTg24 specificando che tra quei 19 milioni di soggetti iscritti a ruolo “solo 3 milioni hanno aderito alle diverse rottamazioni e al saldo e stralcio da cui si sono ricavati 20 milioni di euro”.
Una lotta che negli ultimi anni, complice il Covid e il rallentamento della riscossione, ha subito un rallentamento. Ma adesso, aggiunge il numero uno delle Entrate, “la macchina fiscale è tornata alla normalità” e “siamo pienamente operativi perché il legislatore così ci ha chiesto di essere”. Nel 2020 e 2021 “abbiamo sospeso la nostra attività”, quindi “ci è stato detto di ricominciare, abbiamo rimodulato l’attività dividendo nel 2022 il pregresso, abbiamo decine di milioni di atti e stiamo procedendo”. Ora in programma “c’è l’attuazione degli istituti della rateizzazione, c’è il completamento della rottamazione in corso”.
Ruffini è soddisfatto dell’andamento delle dichiarazioni dei redditi precompilate, per l’anno fiscale 2021 ‘attive’ dagli scorsi giorni: “Procedono bene, i cittadini acquisiscono familiarità con questo strumento”. Le prossime tappe? “Stiamo già precompilando i registri dei soggetti commerciali, l’anno prossimo partirà la precompilata Iva”. Quanto alla riforma fiscale “la cosa che mi aspetto – afferma – è la riorganizzazione delle norme. La confusione è enorme”. La priorità è “fare ordine, poi si può vedere quali regole si possono cambiare”, altrimenti “si fa altra confusione”. Sul punto Ruffini era stato chiaro in autunno, quando aveva spiegato che “con 800 leggi il sistema è giungla in cui l’evasore si nasconde” e aveva quindi chiesto al governo un intervento sulla privacy.