La giuria popolare del Tribunale provinciale di Girona ha condannato il cittadino ceceno che partecipò al pestaggio del 22enne morto nell’agosto del 2017 a Lloret de mar. Sarà ora il giudice a stabilire l’entità della pena. L’accusa ha chiesto 24 anni. Assolto l’amico di Bissoultanov, Movsar Magomadov
Rassoul Bissoultanov voleva uccidere Niccolò Ciatti. E’ quanto ha stabilito la giuria popolare del Tribunale provinciale di Girona, in Spagna, che al termine della camera di consiglio ha condannato per omicidio volontario il cittadino ceceno che partecipò al pestaggio del 22enne toscano morto nell’agosto del 2017 a Lloret de mar. Sarà ora il giudice, in un secondo momento, a stabilire l’entità della pena. L’accusa ha chiesto 24 anni di condanna e 9 di libertà vigilata avanzata. Assolto, invece, l’amico di Bissoultanov, Movsar Magomadov.
Ieri è terminata l’esposizione delle conclusioni delle parti coinvolte nel processo ed è stato consegnato alla giuria il questionario su cui deliberare. “Dobbiamo giustizia alla famiglia Ciatti – ha detto il rappresentate dell’accusa Victor Pillado – dobbiamo una condanna giusta e responsabile”. Per la famiglia Ciatti, ha spiegato l’avvocato Agnese Usai, si tratta di momenti “durissimi”.
Secondo quanto ricostruito dalla Procura ad uccidere il giovane fu un calcio dal potenziale “letale” assestato da una persona “conoscitrice di tecniche di lotta e non in modo casuale”. Una azione omicidaria messa in atto da Bissoultanov che in aula si è difeso affermando di essere “andato nel panico” e di “non aver voluto” colpire il ragazzo fiorentino a morte. “Non volevo ucciderlo”, ha detto in aula nelle dichiarazioni durante la terza udienza del processo. La sua difesa ha infatti sostenuto che si sia trattato di omicidio preterintenzionale, reato punibile con un massimo di quattro anni di carcere.
Quanto affermato dai poliziotti coinvolti nelle indagini è in linea con la posizione sostenuta, oltre che dal pm, anche dalla famiglia della vittima: quel calcio che colpì al capo Niccolò, ha sostenuto uno dei tecnici comparsi ieri di fronte alla corte, non fu dato “come farebbe una persona senza esperienza in arti marziali, ovvero più come se desse a un pallone da calcio, bensì spostando il peso e conferendole la massima forza”. Insomma un calcio sferrato con perizia e per sortire un effetto devastante. “Avendo l’accusato conoscenze di tecniche di combattimento, in quanto conoscitore della disciplina della lotta libera, assestò una forte pedata diretta in modo intenzionale alla zona della testa” della vittima, un colpo “che comportò in modo inesorabile la sua morte”, è scritto nelle carte della procura. La causa della morte, “emorragia cerebrale” come conseguenza del colpo subito, è stata anche confermata dai medici legali che hanno condotto l’autopsia sul corpo. Il processo di Girona si è aperto dopo le polemiche per l’arresto e il rilascio di Bissoultanov. Rilasciato in Spagna alla scadenza dei termini della misura cautelare, l’uomo fu poi fermato in Germania ed estradato in Italia e in seguito scarcerato su decisione della Corte d’Assise di Roma (poi revocata dalla Cassazione). A inizio 2022 è tornato a Girona, dove si è costituito.