di Massimo Caon
Sono passati diversi mesi da quando, sul finire di febbraio 2022, la Federazione Russa ha invaso l’Ucraina; nella moltitudine di questioni che possono essere e sono state sollevate attorno all’accaduto, credo che una sia stata relegata eccessivamente ai margini del dibattito culturale europeo, animando perlopiù rubriche specialistiche e confronti accademici ma non il confronto al centro della società civile: lo stato dell’integrazione europea.
Le recenti notizie dell’opposizione di Orbán alla stretta delle sanzioni alla Russia ipotizzate in sede UE infatti rappresentano solo l’ultimo di una serie di dati ormai da anni interpretabili secondo un denominatore comune, ossia l’esaurimento definitivo del tempo storico a disposizione della compagine europea per la costruzione di un’azione politica coerente e condivisa, in grado di proteggere i diritti e l’esistenza della cittadinanza europea (i cui tratti sono politicamente identificabili, filosoficamente determinati e storicamente stratificati) davanti a mutamenti geopolitici epocali iniziati col nuovo millennio.
In tale ottica non è l’esistenza di un dissenso politico interno all’Ue che dovrebbe indurci alla riflessione, fatto del tutto naturale e forse auspicabile nel momento in cui ci si interroga sulle condizioni di esistenza della cessazione delle ostilità, ma il fatto che l’Unione Europea è giunta sull’orlo della deflagrazione di un conflitto continentale senza alcuna progettualità circa il futuro delle sue relazioni diplomatiche con la Russia, del suo collocamento militare nei confronti del Patto Atlantico nonché – forse il fatto più sconcertante – della sua identità politica nel contesto di un ordine globale da tempo delineatosi come multipolare e continentale: lo scacchiere geopolitico contemporaneo è dominato da Cina, Russia, Usa ed altre alleanze sovranazionali.
Cionondimeno, i cittadini italiani ed i loro consociati europei hanno dovuto assistere negli ultimi mesi al dispiegamento di una follia che ha spaventosamente dell’ordinario; Paesi Membri che pongono veti come se una Nazione sovrana alle porte dell’Europa non sia stata invasa, altri che propugnano poderosi stop energetici senza avere contezza alcuna della possibilità che i propri vicini facciano altrettanto, altri ancora infine sostengono approcci bellicistici come se l’orso russo sia stato animato da semplice barbarie, anziché da tanto evidenti quanto spregiudicati calcoli politici per arginare la pluriennale e sconsiderata espansione territoriale atlantica verso Est.
Di riflessioni sulla tutela giuridica e politica della vita della cittadinanza europea non v’è traccia: verrebbe ingenuamente da chiedersi cosa i governi europei pensassero sarebbe accaduto, oggi invece i cittadini italiani e non solo dovrebbero seriamente interrogarsi sul futuro dell’Unione Europea e sui mezzi che la democrazia mette loro a disposizione per fare fronte ai cambiamenti del mondo. Finché possono.