Il Sindacato generale dei lavoratori tunisini (Ugtt) ha indetto uno sciopero nazionale il 16 giugno per chiedere un aumento dei salari e opporsi ai tagli alla spesa e alla privatizzazione proposti dal presidente Kais Saied, che nell’ultimo anno ha concentrato su di sé maggiori poteri sciogliendo il Parlamento e il Consiglio superiore della magistratura governando per decreto. “Tutto il personale” di 159 istituzioni statali e società pubbliche interromperà il lavoro per chiedere “negoziati immediati per ripristinare il potere d’acquisto dei tunisini” e garantire che le aziende statali rimangano pubbliche, ha affermato martedì scorso il comitato centrale dell’Ugtt in una dichiarazione.
La convocazione dello sciopero generale arriva una settimana dopo la bocciatura da parte dello stesso sindacato del processo costituzionale portato avanti da Saied dichiarando che non parteciperà al “dialogo nazionale” nella forma concepita dal capo dello Stato, ovvero con le quattro componenti del “Quartetto del Dialogo” (Ugtt, Utica, lega tunisina dei diritti dell’uomo e Ordine nazionale avvocati). Durante una conferenza stampa il 23 maggio scorso la sigla sindacale aveva spiegato che la decisione è stata presa in seguito alla scelta di Saied di non includere anche i partiti e le associazioni politiche: “Respingiamo qualsiasi dialogo formale in cui i ruoli siano determinati unilateralmente e da cui siano escluse le forze civili e politiche“, ha detto il portavoce Sami Tahri. Un “dialogo nazionale” senza tutte le parti sociali viene definito “fittizio” dall’Ugtt, che sottolinea come solo il reale coinvolgimento di tutte le forze nazionali, senza condizioni prestabilite, su una visione condivisa, potrà far uscire il Paese dalla situazione attuale.
Intanto Kais Saied prosegue nel suo controverso progetto di “una nuova Repubblica”. Il 26 maggio, con un decreto presidenziale, ha deliberato che la bozza della nuova Costituzione tunisina sarà pubblicata entro la fine di giugno. Tutti gli elettori saranno chiamati a esprimersi sulla bozza con un referendum il 25 luglio 2022, esattamente un anno dopo l’interruzione forzata dei lavori del Parlamento. Il piano di Saied sta incontrando però una forte opposizione da parte dei partiti politici e affermano che non parteciperanno a riforme politiche unilaterali boicottando anche il referendum. Tutto questo sembra però non scalfire Saied che il 30 maggio ha addirittura espulso dal Paese i membri della Commissione europea per la Democrazia attraverso il Diritto (la cosiddetta Commissione Venezia) del Consiglio d’Europa a seguito di una nota in cui critica il quadro costituzionale e legislativo relativo al referendum del 25 luglio.
Mentre il presidente della Repubblica si concentra in modo autoritario sul cambiamento della politica tunisina, poca attenzione è stata concessa alla situazione economica altrettanto drammatica che sta vivendo il Paese nordafricano. Secondo quanto riporta il governatore della Banca Centrale tunisina, Marouan Abassi, il deficit di bilancio della Tunisia aumenterà al 9,7% del Pil durante il 2022, rispetto al 6,7% previsto in precedenza, a causa di un’inflazione dilagante e di un forte aumento dei prezzi del grano e dell’energia. Secondo la versione populista di Saied, invece, la Tunisia sarebbe ricca e la crisi economica è semplicemente colpa dell’élite politica che ha rubato i soldi della gente.
Intanto l’agenzia di rating internazionale Fitch ha declassato la Tunisia da “B-” a “CCC” nel marzo scorso, a causa dell’aumento dei rischi fiscali e di liquidità esterna dopo ulteriori ritardi nel raggiungimento di un nuovo accordo con il Fondo monetario internazionale a seguito dei cambiamenti politici del luglio 2021. Fitch spiega che le tensioni intorno alla futura struttura istituzionale impediscono la conclusione di un accordo tra l’esecutivo tunisino e il Fmi, contattato dal governo per sostenere la posizione finanziaria esterna del Paese. “Questo aumenta i rischi per il nostro scenario di base, che prevede l’ingresso della Tunisia in un programma del Fmi alla fine del terzo trimestre del 2022”, scrive l’agenzia di rating.