Ci voleva quasi quella faccia sorridente e totalmente sconosciuta dopo la cocente delusione della seconda esclusione consecutiva da un mondiale e dopo essere stati presi a pallate dall'Argentina. Ma come è possibile che il ragazzo sia stato costretto ad andare a giocare in Svizzera? Il prosieguo della sua carriera dirà tutto
Un’accelerazione e un cross insidioso gli valgono la palma di uomo del momento. E sì, l’Italia calcistica aveva un bisogno quasi disperato di trovare un volto nuovo, nuovissimo, da elevare a simbolo di una ripartenza vitale. Ed ecco dunque Degnand Wilfried Gnonto, classe 2003 e autore dell’assist per il gol del momentaneo vantaggio di Pellegrini contro la Germania. Ci voleva quasi quella faccia sorridente e totalmente sconosciuta dopo la cocente delusione della seconda esclusione consecutiva da un mondiale e dopo essere stati presi a pallate dall’Argentina. Ci ha pensato il ragazzo di Verbania, figlio di genitori originari della Costa d’Avorio, ad attirare l’attenzione su di sé con quell’assist e a proporsi come prologo della narrazione dell’Italia che verrà.
Sconosciuto fino a qualche giorno fa, quando il Mancio è andato a pescarlo nello Zurigo campione della Superliga Svizzera: Gnonto ha contribuito con 8 gol e 5 assist, un buono score per un 19 enne tenendo in debita considerazione il fatto che si tratta di un campionato certamente non di primo livello. Un campionato in cui il giovane Gnonto è arrivato dopo aver fatto tutta la trafila nel vivaio dell’Inter, che lo aveva pescato in una scuola calcio della provincia di Novara. Semmai qui c’è da porre l’interrogativo: perché in un momento di indiscutibile penuria di talenti e di discutibili scelte di non talenti stranieri, si lascia andare Gnonto in Svizzera in sordina?
Altezza non trascendentale (1 metro e 70 o poco meno) e tanti muscoli a preannunciare una esplosività come quella che nello stretto gli ha consentito di bersi Kehrer e servire l’assist a Pellegrini: un po’ di sfrontatezza unita all’umiltà che gli fa aspettare Messi per un’ora, e invano, fuori dallo spogliatoio dopo la debacle contro l’Argentina. Bravo Mancini dunque in un momento del genere a guardare oltre i canali tradizionali, la Serie A o i maggiori campionati europei, comunicando che la nazionale è aperta a chi se la merita, senza più paletti. Magari non diventerà un fuoriclasse Wilfried, che peraltro l’azzurro dell’Italia l’aveva già indossato, ben figurando e pure di più con l’Under 17 o con l’Under 19, ma in campo può starci e fare anche qualcosa di buono, con prova provata. E allora buona fortuna a Wilfried: ne avrà bisogno…e anche noi.